L’epidemia di ebola, il conflitto israelo-palestinese nella striscia di Gaza, gli attacchi di Boko Aram, la crisi ucraina. Il World Press Photo, giunto alla 58esima edizione, restituisce in pillole i fatti mediatici più significativi del 2014. La mostra, che raccoglie le foto premiate nel 2015, si potrà visitare dal 30 aprile fino al 22 maggio nel Museo di Roma in Trastevere, in piazza S. Egidio 1B.
Ogni anno una giuria indipendente formata da esperti internazionali seleziona, fra migliaia di foto inviate da fotogiornalisti, agenzie, quotidiani e riviste di tutto il mondo, gli scatti che meglio hanno rappresentato gli eventi cruciali dell’anno appena trascorso. Sono in tutto più di 97mila le immagini in concorso per l’edizione 2015 di uno dei riconoscimenti più prestigiosi nell’ambito del fotogiornalismo.
“Spot news”, “Notizie Generali”, “Storie d’attualità”, “Vita quotidiana”, “Ritratti”, “Natura”, “Sport”, “Progetti a lungo termine” le otto categorie in cui sono suddivisi gli scatti. Ben nove gli italiani premiati quest’anno. Si tratta di Fulvio Bugani, Turi Calafato, Giulio Di Sturco, Paolo Marchetti, Michele Palazzi, Andy Rocchelli, Massimo Sestini, Gianfranco Tripodo e Paolo Verzone. Del danese Mads Nissen, invece, è la foto dell’anno. Uno scatto posato che ritrae Jon e Alex in un momento di intimità. L’immagine fa parte di “Homophobia in Russia”, un progetto più ampio che documenta le discriminazioni subìte dalle minoranze sessuali nel Paese di Putin. «È un momento storico per l’immagine» – ricorda, a proposito della foto di Nissen, Michele McNally, presidente della giuria e direttore della fotografia del The New York Times. «La foto vincitrice deve essere estetica per avere l’impatto e la potenzialità per diventare iconica».
Le notizie-simbolo del 2014, dunque, ma non solo. Ci sono angoli di mondo dimenticati in alcune delle foto in esposizione. La Mongolia negli anni dell’industrializzazione, l’allevamento di caimani per il commercio del pellame, la produzione di decorazioni natalizie nella Cina orientale sono solo alcuni dei temi esplorati e che grazie alle foto dei professionisti balzano agli onori della cronaca.
Fa parte del progetto “Frontera sur”, lo scatto di Gianfranco Tripodo che testimonia l’altro avamposto della frontiera europea in un momento in cui siamo troppo impegnati a guardare a quello che succede sulle nostre coste. L’immagine si è aggiudicata il terzo premio nella sezione “Notizie generali”. Un migrante si nasconde dalla Guardia Civil a Melilla. La foto, che è stata estrapolata da una serie di dieci scatti, immortala la situazione dei migranti a Ceuta e Melilla, le due città autonome spagnole in Marocco. «Guardando i tre principali flussi migratori dall’Africa all’Europa – quello occidentale che passa per Ceuta e Melilla, quello centrale che passa dalla Libia per arrivare in Italia e quello greco, ho deciso di occuparmi del passaggio che interessa la Spagna perché è quello di cui si parla meno mediaticamente. Fra la Penisola Iberica e il Marocco c’è una frontiera fatta di tre reti, alte sei metri e protette dal filo spinato. I migranti, per entrare in Europa, devono scavalcare queste barriere. Una volta arrivati a Ceuta e Melilla, pur essendo in territorio europeo non possono spostarsi né in Italia, né in Francia né in Spagna, né possono ritornare indietro. Si trovano in una sorta di limbo. Solo dopo le procedure di identificazione in pochissimi riusciranno a raggiungere l’Europa mentre il resto sarà rimpatriato».
L’esposizione, i cui scatti sono raccolti come ogni anno nel volume edito da Contrasto, resterà aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 20 con ingresso 8,50€. La mostra è promossa dall’Assessorato alla Cultura e al turismo di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con Contrasto e la World Press Photo Foundation di Amsterdam.