La prima cosa che mi viene in mente è “Accidenti! Il vecchietto regge bene, di fisico e di voce!” Il “vecchietto” (detto in modo bonario) in questione è Ted Neeley, classe 1943, il “Jesus Christ” per eccellenza, interpretato per la prima volta nel 1973 quando aveva davvero l’età di Gesù.
Confesso che la prima volta che lo vidi in scena, credo due o tre anni fa quando il regista Massimo Romeo Piparo realizzò “Jesus Christ Superstar” con una storica reunion che vedeva in scena Neeley, Yvonne Elliman (Maria Maddalena) e Barry Dennen (Ponzio Pilato. Dennen morì qualche mese dopo), rimasi molto ma molto perplessa. E anche molto intenerita da questo attore che, nonostante abbia partecipato ad altri film è stato rinchiuso in questo ruolo per tutta la vita.
Non concepivo l’idea di un Jesus “anziano”.
Ma ieri, rivedendolo in scena al Teatro degli Arcimboldi, dove resterà in scena fino a domenica prossima per poi andare a Roma al Teatro Sistina, ho cambiato idea. Neeley è Neeley. Certo la voce non è fresca, ma tiene benissimo grida e acuti “prog”. Il volto è segnato, ma l’espressione di sofferenza nella crocifissione finale, visibile nei particolari grazie al video che ripropone ogni singola contrazione del viso, è ancora struggente.
Il pubblico degli Arcimboldi ieri gli ha dedicato una standing ovation a scena aperta, a metà di “Gethsemane”, la disperata preghiera al Padre, la richiesta di un uomo che vede arrivare la sua fine, ma che la accetta per volere del Padre suo.
Una standing ovation lunghissima che non ha fatto però perdere la concentrazione a Neeley che ha ripreso la drammatica canzone con la stessa intensità.
E poi c’è il cast. Lo so che detto così pare l’inizio di una critica allo stesso. Beh allora parto con i personaggi che mi sono piaciuti.
Prima di tutti Giorgio Adamo che interpreta Simone, il fedele discepolo preoccupato del tradimento annunciato da Gesù. Giorgio, che avrei molto volentieri visto nei panni di Giuda per presenza scenica, vocalità e carisma, strappa l’applauso più caloroso dopo l’esecuzione del brano “Simone Zealotes” (e anche un accorato “figo” sentito alle mie spalle). Giorgio è un talento unico, troppo poco ancora valutato dalle produzioni.
A seguire, Andrea di Persio, Pilato. Bravo e convincente in un ruolo per nulla facile, diviso tra accusatore e salvatore.
E ancora, Salvador Axel Torrisi, eccentrico Erode circondato da una più eccentrica corte (no, Priscilla la regina del deserto è venuta molto molto tempo dopo…).
Meno convincenti Simona di Stefano nella parte di Maddalena e, purtroppo (purtroppo perché è il personaggio chiave), Nick Maia nelle vesti di Giuda, impacciato nella scena solista d’apertura (quella che dovrebbe tirare dentro il pubblico), a volte tentennante nel canto.
In ogni caso un ottimo lavoro che ancora oggi, a distanza di 45 anni, merita di essere visto e di essere applaudito (finchè Neeley resiste)