Scusate il ritardo ci sarebbe da dire.
Si perché con un po’ di ritardo parliamo del musical Sister Act che ha debuttato la scorsa stagione a Roma ed ora è in scena fino al 27 Novembre al Teatro degli Arcimboldi di Milano per poi affrontare una lunga tourneé che si concluderà il 17 marzo al Teatro Augusteo di Napoli (per le date rimandiamo al sito ufficiale).
Un titolo che era già stato presentato in Italia dalla Stage Entertainment (al cui debutto partecipò anche Whoopi Goldberg protagonista della pellicola da cui è tratto lo show e produttrice dello stesso show), che diede fama a Loretta Grace che interpretava Deloris/Suor Maria Claretta imitando in tutto e per tutto la Goldberg (del resto Loretta è nata come cantante non come attrice…).
Ed è proprio da questo punto che iniziamo i pensieri su questa versione, diretta da Saverio Marconi, una versione sostanzialmente uguale alla precedente ma con interpreti diversi che ne danno nuova freschezza e lustro.
A iniziare proprio dalla nuova Deloris/Suor Maria Claretta, la spagnola di origine cubane Belia Martin che ha già indossato la tonaca nella versione ispanica.
La strepitosa voce di Belia Martin
Belia intanto ha una voce strepitosa, potente, piena. Ma, soprattutto, si limita molto ad imitare Whoopi Goldberg, dando al personaggio una identità propria, tipica delle donne di colore molto spiritose, dalla battuta pronta e dal grande cuore.
Nello spettacolo visto a Milano spiccano due interpreti dal glorioso passato nel mondo del musical italiano quali l’intensa Jaqueline Ferry nel ruolo della severa e timorosa Madre Superiora, dedita a proteggere le ingenue (e simpatiche) consorelle e ad arginare l’esuberanza di Deloris e il bravissimo Felice Casciano (visto un paio di stagioni fa in Frankenstein Jr) nel ruolo di Curtis Jackson il malavitoso amante di Deloris che la inseguirà fino al convento per metterla a tacere per sempre (Deloris deve testimoniare contro di lui in merito ad un omicidio in cui lei è stata testimone e per la cui protezione è stata mandata nello scalcinato convento).
Ma la rivelazione, almeno per noi è Suor Cristina Scuccia che interpreta la novizia Suor Roberta.
Suor Cristina si è fatta conoscere per aver vinto The Voice qualche anno fa. E la sua voce già si sentiva li che era eccezionale anche se discograficamente lasciava un po’ perplessi.
Qui Suor Cristina invece è totalmente a suo agio e non solo perché veste i panni di una suora (quindi di se stessa).
La sua voce stupenda, limpida, ricorda quella di Julie Andrews (tanto che la si immagina in un “Tutti insieme appassionatamente” o “Mary Poppins”), tiene il palco benissimo recita e canta con dedizione e passione.
Ci siamo chiesti se la sua scelta di vita sia davvero quello che vuole perché il suo talento artistico è innegabile.
Meno convincente Pino Strabioli nelle vesti di Monsignor O’Hara e il giovanissimo Marco Triespoli nella parte del Sergente Eddie Souther (detto “umidino” per la sua emotiva sudorazione), troppo inesperto e troppo giovane al fianco di Belia Martin.
Se il primo tempo risulta un po’ lento, la seconda parte è decisamente più coinvolgente, frizzante. Merito dei numeri di canto corale delle suore, delle luci, dei costumi e della forza del gruppo sul palco.
L’ovazione della numerosissima platea è garantita.
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ho avuto modo di vedere entrambe le versioni e sono in parte d’accordo con la recensione e in parte. Qesta recensione mi trovo d’acccordo per quanto riguarda il talento di suor Cristina, la potenza e l’energia di Belia (anche se ahimè siamo ben lontani dal risultato della Grace, complice il fatto anche di un accento spagnolo forse troppo accentuato e che la rende a tratti incomprensibile) e la felice riconferma di Casciano. La Ferry invece è stata una delusione (n paragone alla precedente interprete Dora Romano) in quanto le aspettative di vedere in scena la Taverni purtroppo non sono state soddisfatte. La sua voce non convince (troppo stridula) e l’utilizzo del falsetto a causa di un registro vocale forse non adatto alla parte che interpreta la penalizza notevolmente rispetto a chi l’ha preceduta. Sembra quasi, estraniata dal contesto, non riuscire a dare alla madre superiora quel carattere severo ma dolce che ci si aspetta. Per quanto Triespoli invece l’ho trovato adatto nella parte recitata ma completamente inadatto a quella cantata (la sua versione di I could be that guy è al limite dello stonato). confrontandola con la versione della stage però ciò che veramente non convince è l’allestimento in sè. Appare tutto un po’ piatto. Non tanto per le scenografie meno imponenti e suggestive ( credo a causa di un budget minore) ma quanto per le musiche registrate e non eseguite da un’orchestra dal vivo. Il punto forte dello spettacolo che dovrebbero essere i cori delle sister risultano incomprensibili e poco carichi di energia. nemmeno le nuove coreografie convincono appieno in quanto meno complesse e articolate delle precedenti. Insomma nel complesso è uno spettacolo gradevole ma all’uscita dal teatro la sensazione che si ha è quela di un “vorrei ma non posso” (fatta ovviamente eccezione per qualche punta nel cast).