Il silenzio delle benzodiazepine di Valeria Maria Lucchetti
Il dolore è quel tipo di sofferenza che si prova ogni qual volta, a seconda dei casi, vengono coinvolte le emozioni e i sentimenti. Quando si determina la sofferenza, non si è mai felici. La tristezza pervade l’essere umano, e spesso non lascia scampo ad una via d’uscita: non resta che aspettare, malgrado il pensare a qualcosa di positivo sovente non sia sufficiente (anzi!). Partendo da questo concetto l’autrice Valeria Maria Lucchetti fonda la “drammaturgia” sull’etimologia del sostantivo femminile “parola” di estrazione latina “sub” (sotto) e “ferre” (portare) a sottolineare il “portare su di sé”, il “sopportare” quel percorso segnato dalla sorte: nel suo caso è un “resistere a qualcosa di lacrimevole”. Per addentrarsi meglio, pagina dopo pagina, in tale sentimento che spesso genera paura, smarrimento, angoscia dobbiamo parlare del male oscuro (tanto temibile quanto dileggiante), di un essere solo, che vive alternando pause di rifugio o di attesa per ricordare, ma anche per vincere le rimozioni così da far risplendere la letizia. L’emozione di molteplici esistenze che portano ad una sola: quella del sogno. Una battaglia nel delicato equilibrio saturo di cali e spinte. Il silenzio della sedazione, presente nel titolo, è una tela bianca, priva di colore, prima che prenda forma in un sorriso.
Il libro (CSA Editrice, 180 pagine) racconta al lettore (anche con quella sagace ironia del dopo) l’esperienza vissuta dalla Lucchetti nello scardinare la depressione. Una donna prima di tutto, una danzatrice che dal cielo azzurro dell’arte, tra l’armonia dell’universo dopo un profondo plié scopre il dolore del sostenersi. La narrazione tra luci ed ombre romanzate giunge in porto trasformando il palcoscenico dolente in un proscenio in cui l’occhio di bue risplende la rappresentazione dell’essere, quasi a non pentirsi dei momenti afflitti, trasformando gli squarci in decorazioni.
“La depressione iniziò a ruggirmi dentro con ferocia, io percepii all’istante penetrare i suoi aculei. Vermi di tossici pensieri presero a strisciare fra i tubi intrecciati del cervello, infilzando i neuroni di ossessioni e truculento spavento, azzannando la felicità caduca che li rendeva lievemente frivoli, percuotendo le corde usurate dell’anima. Svezzandomi con calici di benzodiazepine, intrapresi un torbido sentiero, conscia di dover scartavetrare le squame della corteccia entro cui si stava trattenendo la mia linfa, di doverla sbucciare per poter sbocciare finalmente dinanzi al sole della mia vita”.
L’autrice
Valeria Maria Lucchetti è una giovane danzatrice e coreografa che ha conseguito con lode il Diploma Accademico di I Livello a Indirizzo Tecnico-Compositivo, Scuola di Coreografia, presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma, Istituto di Alta Formazione Coreutica del comparto AFAM del Ministero per l’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR). Ha preso parte a spettacoli e concorsi nazionali e internazionali anche in rappresentanza dell’Istituto stesso: si esibisce ad Atene al “Festival delle due culture Grecia-Italia”.
Considerata fra i migliori studenti e avendo dato lustro alla Scuola di Coreografia, riceve il “Premio Jean Coste” in Campidoglio. A questo segue la vittoria della I edizione del prestigioso “Premio Lindsay Kemp”, grazie a cui esordirà con il suo progetto coreografico a Roma nella stagione teatrale 2020.
Oltre alla danza, sin da piccina coltiva l’amore per la scrittura.