Dopo “Ternosecco”, a ben 26 anni di distanza, torna alla regia Giancarlo Giannini con “Ti ho cercata in tutti i necrologi”, in uscita nelle sale il prossimo 30 maggio distribuito dalla Bolero Film.
La pellicola, girata tra il Canada e l’Arizona, nasceva inizialmente come una coproduzione italo/canadese.
Alla conferenza stampa che si è tenuta presso il Cinema Barberini a Roma il regista ha spiegato, non senza un po’ di risentimento, come purtroppo sia stato lui stesso a dover coprire parte delle spese di produzione, in quanto il 30% del budget che era stato promesso dal Canada non è mai arrivato.
Un istrionico Giannini, nella triplice veste di attore, regista e produttore, ha raccontato di aver ascoltato diversi anni fa storie di cacce che avvenivano in Africa in cui uomini disperati venivano assoldati come animali per cacciatori che s’erano ormai annoiati a sparare a tigri e leoni, e di averne tratto spunto per la trama.
Giannini è Nikita, lavora nelle pompe funebri dopo esser emigrato negli Stati Uniti e ad uno dei tanti funerali conosce fortuitamente Braque, interpretato dal premio Oscar Murray Abraham, che interpreta un ricco e raffinato amante del gioco d’azzardo.
L’uomo si ferma a giocare a carte con alcuni colleghi di lavoro di Nikita che, sopraggiungendo poco dopo, si fermerà al tavolo per un poker che lo vedrà mattatore incontrastato.
Riaccompagnando Braque all’hotel dove alloggia, Nikita gli lascia il proprio recapito telefonico. Una circostanza questa, che imprevedibilmente cambierà il corso della sua vita.
Qualche giorno dopo è infatti invitato dall’uomo a una serata di gioco. La fortuna a questo giro gli volta le spalle ed arriverà a perdere la bellezza di 35000 dollari.
Non avendo la disponibilità economica per ottemperare al proprio debito gli viene proposta una alternativa “inusuale”.
Un bosco si apre fuori dalla villa ed li che dovrà scappare dai suoi creditori che, armi in pugno, avranno 20 minuti per cercare di ucciderlo e se non ci riusciranno il debito sarà estinto.
Nikita ce la fa, ma quella notte da brivido farà nascere in lui sensazioni irripetibili e quasi inconfessabili.
Sarà infatti lui stesso a ricontattare Braque per nuove, sempre più cruente e remunerate cacce all’uomo…
Il protagonista convive con Ines(Mary Asiride), ma a sconvolgere ancora di più la sua vita sarà l’incontro con Helena, interpretata dalla romana Silvia De Santis. Una dark lady in piena regola incrociata, scopriremo in seguito non per caso, sulla via di ritorno verso casa.
Un rapporto torbido il loro, come quello tra preda e predatore, carico di ambiguità.
L’attrice ha ammesso di esser rimasta affascinata sin dall’inizio dal ruolo di Helena, una parte difficile ma per questo molto stimolante.
Ha raccontato di esser stata scelta come protagonista, oltre che per le qualità recitative, per la capacità di recitare in inglese e per saper suonare il piano alla perfezione, cosa che il copione prevedeva specificatamente.
Una relazione vorticosa che condurrà Helena dal ruolo di demone a quello a quello di angelo e Nikita a fare il percorso inverso finchè sarà Braque, “arbitro delle cacce”, a dare il fischio finale.
“Questa caccia non funzione se la persona si vuole uccidere”.
E’ un film noir non nell’accezione più comune mescolando elementi visionari e grotteschi e proprio per queste sue caratteristiche molto poco italiano.
Un racconto particolare che potrà incuriosire lo spettatore pieno com’è di sottotesti e citazioni più o meno volontarie.
Tra queste l’omaggio ad M il mostro di Dusseldorf di Fritz Lang, cineasta tedesco tanto amato da Giannini.
Alcuni ci vedranno “La pericolosa partita” di Irving Pichel e Ernest B. Schoedsack, io ho ripensato nella scena del coniglio/Giannini al mio adorato Donnie Darko.
Tutti spunti che sono patrimonio naturale di un uomo che ama visceralmente la settima arte, ne è protagonista, fruitore attento e divulgatore.
Un uomo a cui piace giocare col cinema pur sapendo quanto sia un mestiere tremendamente serio, a cui piacciono le sfide e i progetti non banali.
La tanta passione non riesce tuttavia a mitigare diverse lacune del film che alla fine risulta un po’ lungo, troppo caricaturale e vago.
Vago come il ruolo della De Santis, certo non aiutato dall’auto doppiaggio che la rende artefatta in quasi tutti i dialoghi.
Ventisei anni erano forse troppi perché il meccanismo risultasse perfettamente oliato.
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