Lo spazio polifunzionale Semin Teatro nel cuore del quartiere Garbatella di Roma, ha ospitato dal 17 gennaio al 3 febbraio, Isla Neruda, un emozionante viaggio nel mondo del poeta cileno che ha abbracciato in un unico respiro il Pablo Neruda uomo, poeta e attivista politico. Lo spettacolo trae ispirazione da Isla Negra, celebre raccolta di memorie che ripercorre il bilancio dell’intera vita dell’artista sudamericano.
Attraverso l’intensa interpretazione di Antonio Sanna e Laura Amadei, la poesia si fonde con il corpo. A tratti gli attori sono Neruda e i suoi primi amori che rappresentano ‘il fiore affamato e puro del desiderio’, poi il maschile e il femminile diventano una voce unica, quella del poeta stesso, che scava nel profondo dell’esperienza umana. I ricordi dell’infanzia e della giovinezza sono costantemente presenti così come le esperienze decisive della vita, le lotte, il morso del tempo e dell’odio, le confortanti esperienze dell’amicizia.
L’amore si trasforma in una geografia di emozioni che va oltre la passione degli amanti e diventa anche amore per la patria lontana. La scenografia è essenziale ma ricca di simboli che danno forza al significato di quello che Neruda definiva un canto personal. Il pavimento è coperto di foglie secche, quasi a voler rievocare l’odore del bosco cileno. Delle valigie di legno diventano prima le scalinate tipiche della città di Valparaiso, poi disposte in cerchio, rappresentano l’esilio che il poeta sperimenta ben presto.
‘ Nell’esilio la distanza si fa densa’, il ricordo delle dolorose vicende personali si lega a una nostalgia lacerante.
Arriva poi il ricordo della Spagna, della guerra civile, l’amicizia con García Lorca e Rafael Alberti.
Forse i doveri del poeta sono rimasti immutati nel corso della storia: scendere in piazza, insorgere e combattere in prima linea per il proprio popolo.
Il senso doloroso della tragedia spagnola, il ricordo e la memoria sono accompagnati dal violino di Gianpaolo Saracino e dalla chitarra e voce di Antonio Sanna, che ci regalano un’atmosfera da sogno tra milonghe e canzoni popolari cilene che scandiscono il ritmo di un incessante fluire di emozioni.
Il ricordo di Madrid e degli amici riapre le ferite anche se il sangue, nonostante la sofferenza, ha portato qualcosa di positivo: la presa di coscienza riguardo la grandezza della gente cilena e il profondo senso di speranza con cui questo viaggio si conclude.
Il poeta, invece di lasciarsi trasportare dalla malinconia, acquisisce una forza nuova e dà maggior vigore alla sua sostanza spirituale. Il raggiungimento della felicità diventa possibile trovando il coraggio di accogliere dentro di sé e di vivere profondamente i dolori e le gioie altrui senza la paura di perdersi e di perdere la propria identità, senza rinunciare mai al diritto di esprimere i propri dubbi, angosce o speranze.
Complimenti per questa recensione a Fabiana Errico,
che condivido a pieno avendo anche io visto lo spettacolo. L’autrice ha saputo cogliere e descrivere tutti gli intenti della rappresentazione, con la stessa passione degli interpreti e dell’autore, trasmettendoci
e permettendoci di rivivere, con la sua prosa fluida e toccante in alcuni punti, l’intensità emotiva che lo spettacolo raggiunge.