Il mio nome è Milly, un emozionante omaggio a Carla Mignone

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Gli spettacoli dedicati e incentrati su dive e divi dei tempi passati rischiano quasi sempre di essere nostalgici racconti, pieni di aneddoti, lacrime e, a seconda dei casi, qualche bella canzone. La vita di Milly, al secolo Carla Mignone, si presterebbe a un racconto di questo tipo, con la complicità dei suoi successi e delle lunghe assenze dalle scene, delle sue presunte storie d’amore e della sua dedizione al lavoro: luci e ombre di una vita d’artista, come oggi non se ne sentono più.

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Tuttavia non è questo il caso.

Gennaro Cannavacciuolo, infatti, concepisce Il mio nome è Milly non come un semplice omaggio, ma come un percorso personale attraverso le tappe e i successi di questa artista, personalizzandoli e reinterpretandoli.

Il mio nome è Milly - Foto di scena
Il mio nome è Milly – Foto di scena

Per riproporre felicemente il repertorio di Milly in questo spettacolo in programma al Teatro della Cometa di Roma, l’estro di Cannavacciulo si è servito di arrangiamenti perfettamente in stile con le differenti fasi della carriera dell’artista piemontese, ora più ironici e scanzonati, ora drammaticamente essenziali, collaborando con giovani ma ottimi musicisti quali Dario Pierini al pianoforte, Andrea Tardioli al sax-contralto e Francesco Marquez al violoncello.

Una fusione ben riuscita e mai scontata di abilità diverse che, sommata alla maestria musicale e scenica del protagonista, ha dato i suoi migliori frutti nonostante gli ostacoli stessi del genere “recital” presenti anche in Il mio nome è Milly.

Non ci si limita a interpretare, ma si animano in scena i differenti climi teatrali che Milly ha attraversato. Così ci fanno sorridere le simpatiche canzoni di varietà piene di doppi sensi e di allusioni sessuali che Cannavacciuolo sottolinea assai bene, essendo in fondo egli stesso artisticamente affine a quel genere, ma sappiamo anche apprezzare i momenti più intensi come La guerra di Piero o il monologo dell’Istruttoria di Peter Weiss, mentre il pezzo che più di tutti colpisce e lascia a bocca aperta è “Surabaya Johnny”.

Cannavacciulo lo canta con una forza e una partecipazione tale da far vibrare le poltrone della sala, mentre una calda luce di taglio incide una durezza fiera sulle espressioni del suo viso, in tacchi alti ma in abiti maschili, con un lungo mantello bordato di piume, incarna assai bene lo spirito androgino, provocatorio ed erotico degli anni precedenti il regime nazista. La stessa forza interpretativa di Milly ma giocata sui campi più vicini a quelli dell’artista napoletano: questa è la chiave dello spettacolo.

Non una copia, ma una nuova interpretazione nel solco di quanto Milly ci ha insegnato in termini di fraseggio e profondità espressiva.

Il mio nome è Milly - Foto di scena
Il mio nome è Milly – Foto di scena

Fra le note della musica restano gli aneddoti, più o meno noti, della vita di un’artista forse un po’ dimenticata, certamente inusuale nel panorama italiano, che ha segnato momenti di svolta importanti nella storia dello spettacolo italiano del Novecento e ricordata sul palco anche da quattro grandi foto che la ritraggono in più momenti della sua lunga, lunghissima carriera interamente dedicata al suo pubblico.

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