Il Lago dei Cigni al Brancaccio: una favola romantica senza fine
Metti le musiche di Tchaikovsky, l’iconografia del cigno bianco immortalata dal coreografo Marius Petipa e la magia prenatalizia: tutto sembra già visto, già raccontato, un’oleografia cristallizzata nella cultura europea e internazionale moderna e, nonostante ciò, assistere alla rappresentazione del Lago dei Cigni è un’emozione lirica che si rinnova. La compagnia bulgara Sofia City Ballet porta al Teatro Brancaccio di Roma, il 3 e il 4 dicembre, quella che è stata definita l’opera più incantevole e immortale di Tchaikovsky: nonostante i limiti del Brancaccio che, di certo, non si presta ad ospitare scenografie imponenti (non è certo il Bolshoi) i quattro atti dell’opera sono un ensemble di talento, virtuosismi e momenti di grande performance di danza. Dalle performance più corali dove i ballerini danno spettacolo di sé agli assoli dove il primo ballerino Ovidiu Iancu compone in una variazione di avvitamenti, pliè, piroette il suo struggimento di amore per Odette e, per converso, la variazione del “cigno bianco”, (Tatiana Goljacova) con i suoi bellissimi arabesque e cambré, cattura immagini di alta potenza stilistica.
La compagnia bulgara interpreta in modo impeccabile le scene iconiche che hanno reso celebre il Lago dei cigni, la sua ipnotica danza lagunare, la coreografia “stregata” dei cosiddetti atti bianchi che vuole comunicare il senso della grazia delle fanciulle, dimezzata e intrappolata nel corpo di un cigno, per sortilegio del malvagio Rothbard. L’amore romantico e ostacolato dal destino avverso trionfa in uno pas a deux in cui i due innamorati, il principe Siegfried e Odette, celebrano il loro idillio, che, insieme al pas de quatre addensano tutta la forza espressiva dell’inimitabile balletto ottocentesco.
Lo spettacolo è lirico ed emozionante pur con qualche discontinuità coreografica che cela alcuni passaggi narrativi più cupi per sublimare la morte del cigno bianco e di Siegfried in una rinascita celestiale che immortala per sempre il loro amore.
Ad affascinare, dopotutto, nel Lago dei Cigni, sarà sempre il bipolarismo vita/morte, donna carnale/donna angelica, male/bene, cigno nero/cigno bianco ricomposto, solo in apparenza, in una coreografia che preserva il dualismo e lo celebra in quanto tale senza dissolvere i due opposti, l’uno nell’altro.