Il giuoco delle parti

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In scena al Teatro Eliseo di Roma fino al 9 marzo uno dei testi pirandelliani per antonomasia: Il giuoco dell parti che vede protagonista un superlativo Umberto Orsini che ne ha anche firmato l’adattamento insieme al regista Roberto Valerio.

Di particolare questa versione  ha un prologo e un epilogo che il drammaturgo siciliano non aveva previsto e di cui il personaggio principale è in qualche modo anche autore, in perfetto stile pirandelliano.

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 Tra Leone Gala (Umberto Orsini), che si atteggia a filosofo cinico e Silia (Alvia Reale), sua moglie, dal carattere superficiale e capriccioso, si trova nel mezzo, come un vaso di coccio tra vasi di ferro, l’amante di lei, Guido Venanzi (Michele di Mauro) completamente dominato dai due. Quest’ultimo non è altro che il passatempo di Silia alla quale il marito ha concesso di averlo per amante, salvando però le esigenze della moralità borghese, riservandosi il diritto di andare a visitare la consorte ufficiale puntualmente per mezz’ora al giorno.

Silia chiede all’amante di uccidere il marito ma egli si rifiuta di farlo. Tuttavia il destino gioca a suo favore, almeno così crede, e tenta di tendere un tranello mortale a Leone facendolo accettare di sfidare a duello, in quanto marito, il più abile spadaccino della città che ubriaco aveva scambiato la donna per una prostituta; ma qui il ribaltamento, Leone  al duello manda l’amante al quale, appunto nel ‘giuoco delle parti’ evocato dal titolo, spetta il compito di restituire l’onore alla donna con cui ha in effetti la sua relazione amorosa, ‘costretto’ dunque ad andare incontro a quella morte che era stata confezionata per il marito, allo scopo di liberarsene per sempre.

Spiega lo stesso Orsini: “Ci siamo posti la domanda: questo Leone Gala che dice di aver capito il ‘gioco della vita’ lo aveva poi veramente capito? Ma davvero tutto finisce così?”. E allora ci si immagina il personaggio a molti anni di distanza, chiuso in una struttura “dove la ragione convive con la pazzia”, che ripercorre ogni giorno quella storia “da un punto di vista che non è solo quello dell’autore ma dal punto di vista del personaggio, diventato vero autore di se stesso, che cerca sul palcoscenico una sua nuova identità“.

«Quando riprendo un libro in mano, sento che molti pericoli sono in agguato, primo fra tutti quello di non trovare le stesse emozioni di quella prima volta». Così Orsini spiega la difficoltà della rilettura.

Il risultato, soprattutto grazie alle qualità interpretative degli attori, è di pregevole fattura il che ha consentito di superare anche qualche problema tecnico relativo all’acustica, che ha fatto storcere il naso a qualche spettatore inducendolo a  lasciare la sala anzi tempo.

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