I rintocchi delle campane scandiscono il tempo e gli eventi, dall’alto della torre di Notre Dame. Quasimodo suona una magia che dura da quasi un ventennio. Il Rossetti con il soffitto di stelle, con le poltroncine piene di gente, aspettative, emozioni ospita fino al 10 aprile il nuovo tour di Notre Dame de Paris con il cast originale.
Tra il pubblico di Trieste ho avuto la fortuna di tornare anche io dopo tanti anni, assieme ad un fotografo che ha deciso di coltivare questa passione proprio grazie alle pennellate visive che Notre Dame regala dal primo momento. Notre Dame de Paris entra nelle persone in maniera indelebile, la musica ti pervade, le immagini ti colpiscono, le parole ti scavano dentro: nel momento in cui lo spettacolo inizia si accende il fuoco che brucia, scalda, consuma, un fuoco vivo. In Notre Dame de Paris c’è tanta vita: amore, passione, poesia, tragedia, bellezza, delicatezza, perversione, distruzione, speranza. Il corpo morto di Esmeralda che al canto di Quasimodo “Balla mia Esmeralda” si alza nell’aria, leggero, che torna a ballare idealmente sulle note di un cuore ricolmo di dolore ma soprattutto di amore e speranza.
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La vera “corte dei miracoli” è un cuore che riesce ancora ad amare, in cui spesso ci si sente stranieri e clandestini, in un tempo in cui sembra non esserci spazio per l’arte e per i sentimenti. Come canta Gringoire però questo è “Il tempo delle cattedrali”, «la pietra si fa statua, musica e poesia». Notre Dame scolpisce la pietra più dura e lo fa a suon di arte. I rintocchi di Notre Dame legano idealmente gli interpreti al pubblico, un paese all’altro, questo kolossal il vero record non lo fa solo con i numeri ma con le persone. È difficile accendere un fuoco ma mantenerlo vivo e renderlo sempre più intenso è quasi un miracolo. Notre Dame, come ci racconta Vittorio Matteucci, è un miracolo che accade ogni 100 anni nel teatro, un’alchimia impareggiabile.
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Il primo rintocco delle campane di Notre Dame de Paris risuonò a Parigi nel 1998, seguito da tanti altri sparsi in varie parti del mondo. In Italia, terra di adozione di Cocciante il cui genio e la cui sensibilità sgorgano da ogni nota, era il 2002: sono trascorsi 14 anni e il nuovo tour, che in questi giorni passa per Trieste, è ripartito da Milano con il ritorno di Lola Ponce (Esmeralda), Giò di Tonno (Quasimodo), Vittorio Matteucci (Frollo), Matteo Setti (Gringoire), Graziano Galatone (Febo), i primi interpreti ad aver dato vita e anima a questi personaggi; a completare il cast Leonardo Di Minno (Clopin) e Tania Tuccinardi (Fiordaliso). Ma a tornare non sono solo questi impareggiabili e indimenticati cantanti ma anche il pubblico, con 14 anni di vita sulle spalle, con una consapevolezza diversa e forse con ancora più desiderio di farsi trascinare nell’incanto che le musiche di Riccardo Cocciante, le parole di Pasquale Panella, le coreografie di Martino Müller, le scenografie di Christian Rätz, i costumi di Fred Sathal, le luci di Alain Lortie, il suono di Manu Guiot e la regia di Gilles Maheu, creano.
“Vivere per amare” canta Esmeralda: Notre Dame de Paris vive per amore di chi ha creduto in questa opera moderna, di chi lavora e crede ancora in questo sogno e per amore di un pubblico che continuerà a seguirlo per altri 14, 50, 100 anni. Le campane di Quasimodo risuonano dentro ogni spettatore, rintocchi che sono tocchi all’anima la prima volta che si assiste a questo spettacolo e che nel tempo rimangono segni indelebili.
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