Michael Dobbs sbarca a Roma per presentare il secondo volume della trilogia House of Cards, pubblicato in Italia da Fazi Editore con il titolo di ‘House of Cards 2 – Scacco al re’.
L’incontro avviene nella deliziosa cornice della libreria Fandango in Via dei Prefetti.
Una sala gremita attende con ansia l’arrivo di questo distinto signore che si presenta scusandosi del ritardo con un inconfondibile aplomb inglese. Del resto, il piglio sicuro e determinato Dobbs deve averlo ereditato dal periodo in cui era a capo dello staff del Partito Conservatore sotto la Lady di ferro Margaret Thatcher.
Lo scrittore inglese, durante questo incontro romano, si racconta con grande cordialità facendo un salto nel passato e parlando del suo approdo casuale alla letteratura: “Lavoravo per la Thatcher allora e a seguito di una litigata furibonda con lei, presi una vacanza, convinto che ormai la mia carriera fosse finita. Per distrarmi leggevo il best seller del momento, che trovavo orrendo. Mia moglie, con aria di sfida, mi disse che se avevo voglia di leggere qualcosa di meglio, avrei fatto bene a scriverlo io stesso. Raccolsi la provocazione e presi un blocco di appunti, una penna e una bottiglia di vino. Quando la bottiglia finì, mi resi conto che l’unica cosa che ero riuscito a scrivere erano state due lettere: F. e U. Per questa ragione poi ho dato al protagonista il nome di Francis Uhrquhart, conservando le stesse iniziali”.
L’avventura di House of Cards nasce prima come qualcosa di terapeutico e personale per Dobbs, una sfida con sé stesso che lo scrittore inglese non si aspettava nemmeno di vincere. Eppure, non molto tempo dopo l’uscita del romanzo (era il 1989), la BBC lo contattò per realizzare una miniserie di quattro puntate. F.U. nella versione inglese è un personaggio spregevole, ma con quella capacità tipicamente anglosassone di essere irriverente e di sapersi prendere in giro.
A seguito del grande successo, lo scrittore ricevette diverse chiamate di congratulazioni, eccetto quella di una vecchia zia che piuttosto risentita disse dall’altro capo del telefono:
Michael? Ho visto in tv la tua serie. Ma come, hai lasciato che quel bastardo la facesse franca?!
Mister Dobbs capì che la storia di F.U. non poteva finire così.
L’ex consigliere della Thatcher dichiara in tono scherzoso di assumersi completamente la responsabilità della politica cinica e spietata che descrive. Non manca di lodare la nuova e fortunata serie televisiva americana prodotta da Netflix e interpretata da uno straordinario Kevin Spacey.
“Quando si vendono i diritti a Hollywood – dice Dobbs – è come vendersi casa e ci si aspetta che tu te ne vada”. In questo caso, però, Reed Hastings non si è limitato a comprare i diritti, ma ha voluto che lo scrittore fosse anche presente sul set durante le riprese. La terza stagione è già pronta e la messa in onda è prevista per febbraio 2015. Dobbs dice di ispirarsi al lato oscuro della politica e al fascino che il potere ha sull’uomo. Lo sceneggiatore Beau Willimon e Kevin Spacey, seguendo probabilmente la sua linea, hanno reso più moderno Frank Underwood mettendo in risalto il lato più dark ed efferato del personaggio. Lo spietato politico inglese è disposto ad uccidere pur di diventare primo ministro e il suo motto è “Mai staccare un braccio solo al tuo avversario, quando ne ha due”.
Mister Dobbs, attingendo alle sue qualità di grande comunicatore conclude il suo pensiero sulla politica: “Sarebbe bene che la vita privata dei politici non finisse in prima pagina, per evitare che si parli di gossip anziché di lavoro. La politica non è fiction, ma ormai la si prende, si annacqua e si mette in scena per renderla credibile. Tuttavia, i miei libri hanno il solo obiettivo di fare intrattenimento e non di essere la guida per la conquista subdola e meschina del potere”.
A coloro che hanno chiesto un commento che accomunasse lo spietato Underwood a Renzi, Michael Dobbs ha risposto così:
Non ho mai incontrato Renzi ma gli ho scritto una lettera quando ho visto la sua foto mentre comprava il mio libro, ricordandogli che si tratta di intrattenimento, non di un manuale di istruzioni.
Il consiglio che lo scrittore inglese dà al Primo Ministro italiano è quello di indossasse un paio di stivali chiodati, come quelli della Thatcher, e di mettersi in marcia. La politica ha bisogno di giovani determinati e pieni di energie. Sta di fatto che, secondo l’ex collaboratore della Thatcher, per ottenere grandi risultati l’ambizione spietata rimane l’unica via.