Una vicenda storica narrata senza pesantezza alcuna. Una performance energica e piena di ritmo anni ’80, tra socio politica polacca e sfondo musicale tipico del periodo considerato. Rapporti che individuano personalità, cambiamenti caratteriali e la verità risuona forte.
Metti una passeggiata in centro in una sera di primavera inoltrata. Metti che si entra all’interno del Teatro Spazio Uno di Roma, accogliente e diverso dagli altri. Metti che, poi, ciò che propone il cartellone ti faccia attendere in un minuto giardino. Luogo in cui inizia uno spettacolo misterioso e ingannevole. Gli strani affari del Signor Molark – Polacchi – scritto da Ernesto De Stefano è in scena dal 14 al 24 maggio.
Testo adattato e diretto da Francesca Frascà vanta un cast ben affiatato. Raffaele Risoli, Manuela Di Salvia, Alessandro Di Somma, Daniel Plat e Emanuele Pierozzi, energici e furiosi, gli interpreti. Lo sfondo della storia è la realtà polacca degli anni ’80. Dal governo di Solidarnosc agli scioperi delle fabbriche che fecero scaturire movimenti rivoluzionari.
Un racconto dalle voci di tre operai che, per un mistero, dovettero andare a Londra per ristrutturare un appartamento e partite con documenti falsi. Zbigniew, Pavel e Vitek entrano in contatto con loro stessi e le difficoltà della vita facendo emergere pulsioni di rabbia, disperazione, segreti e mistero dovuti alla convivenza in un luogo londinese, buio e da ripulire. Un compito arduo, richiede cautela e rimanere nascosti per non far scoprire le loro clandestine identità.
Vitek è l’unico dei tre che parla inglese e si può occupare delle commissioni per acquistare materiale utile per una ristrutturazione e fare la spesa. La curiosità dei due compagni di viaggio è voler conoscere e girare la metropoli.
Il sogno. Solo nelle ultime sere possono permettersi di viverlo ubriacandosi e rimanendo delusi da ciò che la città offre loro. Suddivisione in frame, stacchi musicali anni ’80 e un calarsi, quasi, in immagini simili ai film degli anni ‘70/’80. Una performance psichedelica dove l’energia si dipana in modo battente e curioso.
I movimenti risultano interessanti grazie al girare del divano rosso, rivestito e rattoppato. Dà le spalle al pubblico e sul finale si scopre, come a svelare il mistero della vicenda. I dialoghi tra Vitek e la sua Ielena dapprima lettere e poi ravvicinati. Anche distanti si è vicini.
Fiato, preoccupazioni, si scoprono i caratteri di ognuno, ciò che cambia e la verità risuona forte. I disegni sulle lavagne giganti descrivono la situazione, desideri e sfoghi. Una scelta molto eclettica, liberatoria e tratti sentiti e personali secondo il circostante momento.
Un’ironia essenziale accompagna la performance come anche la messa in scena degli oggetti, in esposizione su dei ganci appesi al soffitto che man mano vengo presi e utilizzati. Un’altra originalità che dà respiro all’insieme rendendolo unico e particolare come anche la descrizione del contesto storico che si è volutamente narrare, proposizione al pubblico, sguardo coerente e pulito, senza pesantezza alcuna.