E’ arrivata la tanto attesa sesta e ultima stagione di House of Cards. E, come si sa, il tremendo ma affascinante Frank Underwood non c’è più. Kevin Spacey che per cinque stagioni ne ha dato il volto e la voce, non che lo spirito (e il grande successo televisivo), come si sa è stato allontanato dalla serie (che era già in produzione), dopo le note accuse di molestie (omo)sessuali, non provate.
Per i pochi che non sanno cosa sia “House of Cards” ricordo che è una delle prime serie Netflix, iniziata il primo febbraio 2013, versione americana di una poco conosciuta omonima miniserie prodotta dalla BBC basata anch’essa sull’omonimo romanzo di Micheal Dobbs, politico, ex capo staff del partito Conservatore epoca Margareth Thatcher (quindi qualcosa di veritiero ha riportato nel libro).
La serie narra le gesta (in gran parte illecite, omicidi compresi), dell’ascesa al potere del Democratico Underwood che arriverà alla Casa Bianca, sostenuto e, infine osteggiato, dalla bellissima moglie Claire (Robin Wright).
Osteggiato perché sarà la stessa moglie, eletta vicepresidente, a cacciarlo dalla Casa Bianca. E qui finisce la quinta serie.
Dopo i fatti sopra citati, con l’ultima serie in produzione, gli autori avevano lo scomodo problema di giustificare nella serie la scomparsa del protagonista, portare avanti la narrazione senza intaccare lo spirito della serie stessa.
L’attesa per i fan (me compresa) era tanta, così come la curiosità.
Dall’inizio di novembre House of Cards è in onda su Sky Atlantic in contemporanea con gli Stati Uniti. Claire Underwood (di cui invidio la naturalezza con cui indossa a qualsiasi ora del giorno e della notte tacchi altissimi), è tornata come presidente degli Stati Uniti, mentre il marito defenestrato si scopre essere morto proprio all’interno della sua camera da letto degli appartamenti privati della WhiteHall.
Beh, non hanno brillato molto per fantasia gli autori. Del resto la morte per gli sceneggiatori è sempre la soluzione migliore, la più rapida. Ma, ovviamente, il suo “fantasma” resta. Resta nelle gesta della vedova (che ripetutamente dice che vuole seppellirlo), resta nel ricordo dei suoi detrattori, politici e spietati magnati del petrolio con cui Claire sta (dico sta perché la serie è in onda), facendo i conti.
Per quanto sia affascinante il personaggio di Claire e per quanto sia brava Robin Wright (protagonista femminile dell’indimenticabile Forrest Gump, giusto per ricordare), la mancanza di Spacey si sente. Manca l’ironia di Underwood, il modo di “aggiustare” le cose, il suo famoso tic (colpire con le nocche della mano destra una superficie per due rapidissime volte).
Claire si, la fanno apparire come la sua versione femminile, ma l’impatto non è lo stesso, appare forzato. Si certo, la serie resta sempre avvincente, ma il fantasma dovrebbe ritornare.
Parlando ancora sul tema “intrighi al potere”, ho finito di vedere su Netflix la miniserie britannica “Bodyguard”, protagonista Richard Madden, visto molto di recente ne “I Medici” e nelle prime tre stagioni de “Il Trono di Spade” e, al cinema, principe azzurro nell’ultimo “Cenerentola” (in pratica un gran bel..ragazzo)
E’ la storia (immaginaria) di David Budd, veterano dell’esercito britannico ora sergente di polizia, che soffre di disturbo da stress post traumatico. Tutto inizia con una sventata strage di matrice Jihadista su un treno diretto a Londra, dove Budd si trova in compagnia dei suoi due figli piccoli che sta riportando a casa dalla moglie da cui è separato.
Per questo gesto eroico in cui David si trova faccia a faccia con la donna che sta per farsi esplodere e la convince ad arrendersi offrendole solidarietà e protezione, David riceve il prestigioso incarico di bodyguard del segretario di stato inglese Julia Montague che rappresenta per lui tutto ciò che disprezza.
L’incontro con la donna non sarà semplice (e ricorda un po’- in realtà è identico – il primo incontro di un altro famoso bodyguard, Kevin Costner con Whitney Houston). E sempre come il suo noto predecessore sarà attirato dalla sua protetta con cui avrà una relazione.
Ma il tema centrale della miniserie, (sei puntate purtroppo), non è la loro relazione, quanto cosa gira di misterioso intorno al segretario di stato. Segreti che coinvolgono l’MI5 e lo stesso primo ministro britannico.
Visto che è da poco in onda su Netflix..no spoiler ovviamente. Ma posso dire la serie è ricca di suspence, tensione narrativa, colpi di scena (l’ultima puntata è quasi un mini film a se stante) in ogni trama narrativa, dall’intrigo allo sviluppo del personaggio di David.
Per cui si avete poco tempo ma amate le serie tv, questa fa il caso vostro.
E ora…quale sarà la prossima?