In scena fino al 12 dicembre Giorgio Cardinali al Teatro Stanze Segrete di Roma. Sul palco Gli arrovesciati una storia intensa, realmente accaduta portata in scena con emozione e verità dall’attore già famoso per Uomini Terra Terra. Lo abbiamo intervistato

- Advertisement -

Gli arrovesciati. Chi sono gli arrovesciati di cui parla nel suo spettacolo?

Gli Arrovesciati dello spettacolo sono contadini e braccianti che hanno dovuto rovesciare lo stato delle cose per metterle al dritto, che di Diritto in quei posti non sono mai!

Sono pezzenti che vivono di terra, ma muoiono di fame perché tutti i fondi sono di proprietà dei baroni locali. L’unico sogno e speranza è quello di una strada diretta in montagna che consentirebbe nuovi sbocchi di commercio, opportunità di lavoro, ecc. Il progetto però, nonostante sia approvato da anni dalle istituzioni, prevede l’attraversamento delle terre del barone, che impone il suo potere impedendone la realizzazione. Così i contadini imbracciano pala e piccone e si costruiscono la strada con le loro mani, sfidando il potere del barone e delle istituzioni locali.

Oggi sono vecchi che si aggirano tra i vicoli del paese come fantasmi; quando questa storia di rivoluzione e rinascita non la saprà più nessuno, allora spariranno per sempre anche loro.

Una storia a metà tra realtà e fantasia. Quanto è durata la ricerca delle testimonianze dello Sciopero a Rovescio del 1950 e come si è svolto tutto il lavoro di ricerca?

La parte di ricerca è sempre lunga e approfondita, anche perché nella realizzazione di uno spettacolo è la fase che più mi interessa. Raccogliere le storie che non si conoscono per renderle disponibili, è un modo per mettere insieme i pezzi di ciò che siamo oggi.

La ricerca è partita da una chiacchierata spensierata con un vecchio locale, che mi ha raccontato della sua giovinezza e delle sue vicende di vita. Imprese epiche, eroiche uscite da un libro di avventure per ragazzi.

Quella storia si è sedimentata e poi è tornata a galla anni dopo; mi sono messo a cercare i pochissimi sopravvissuti di quell’avventura per farmi raccontare il loro vissuto. I figli di quei padri contadini, che a loro volta hanno elaborato la storia secondo i propri filtri. Ho conosciuto dei ricercatori universitari che ne fecero una tesi e mi hanno fornito i loro nastri con le registrazioni di ulteriori protagonisti di allora, oggi defunti. E ancora qualche pubblicazione di Riviste e Case Editrici locali, gli scatti eseguiti dall’unico fotografo del tempo, ecc. hanno portato a ricostruire più o meno quel che successe al tempo.

Tuttavia, quel che accumuna tutte le testimonianze raccolte, non è tanto il fatto, ossia l’accaduto, quanto piuttosto il sentimento. Ciò che emerge con distinzione da quei pezzenti di allora è la dignità e l’orgoglio di un intero paese che si è fatto comunità per realizzare un bene comune!

Qual è la parte in cui ha dato sfogo alla fantasia invece?

È vera la storia, ma certo non i fatti! L’episodio è realmente accaduto, ma i personaggi e l’azione degli stessi sono frutto della mia fantasia e rispondono all’istanze autoriali.

Che messaggio vuole che lanci questo spettacolo?

Gli Arrovesciati sono gente semplice, ma saggia, pensante e soprattutto capace di immaginare un mondo migliore e di volerlo realizzare al costo di mille sacrifici, perché è giusto!

Quei contadini agivano valori come la solidarietà, l’uguaglianza, la fratellanza che oggi sono del tutto sostituiti da concetti come sicurezza (anziché libertà), felicità (anziché fratellanza) o egocentrismo (anziché comunità) che hanno portato ha nuove forme di sudditanza ben più potenti e subdole di quelle di allora.

Alla nostra società serve come il pane riguadagnare il senso della logica e dell’immaginazione che è propria dei contadini

C’è anche un progetto pittorico. Ce ne parla?

l progetto pittorico/scenografico, a cura di Roberto Giglio, nasce con l’idea di creare immagini e simboli evocativi e recitanti. La pittura di Giglio è narrazione immaginativa. Passando dalla figura all’informale, utilizza il bianco della luce per decostruire volti e architetture. Il suo lavoro esprime un senso di mistero e sospensione. Prediligendo visioni incantate di paesi resi surreali dall’abbandono, la sua tecnica elabora un lento passaggio filtrato nella memoria, anti descrittivo e poetico. Pittura espressa come un viaggio nella poesia dei luoghi, percorsi e vissuti camminando lentamente, osservando ed ascoltando sempre ciò che appare ombra e luce.

Il tema dell’abbandono è stato, negli anni, al centro della ricerca pittorica di Giglio. Alla facoltà di Architettura, con una Tesi di laurea sul Teatro dei luoghi, realizza un progetto di teatro itinerante, che nel 2008, con il titolo “ULTIMO SUD”, la sceneggiatura di Giuseppe Sommario e la regia di Caterina Mannello, va in scena nel borgo di Badolato.

La ricerca di Giglio continua con il progetto pittorico “I FANTASMI DI BADOLATO”. La mostra si è ispirata ad un racconto dello scrittore Mimmo Gangemi. Giglio quelle donne, come Rina Trovato protagonista della storia de Gli Arrovesciati, le ha cercate, inseguite e fotografate. Le ha raccontate con la sua pittura fatta solo di luce e ombra, alla ricerca dell’essenziale delle cose. Ha provato a cogliere nelle mani e nei volti la bellezza, la fragilità e la forza di un luogo e delle sue ultime abitanti.

- Advertisement -

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.