Gennaro Cannavacciulo è Yves Montand, un italiano a Parigi

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Al Teatro della Cometa di Roma dal 22 febbraio al 19 marzo lo spettacolo elegante e sobrio, di e con Gennaro Cannavacciulo, ci propone, tra narrativa e musica, la vita dell’artista italo-francese.

Versatile e appassionato di cinema, incanterà il pubblico con il suo fascino e la sua voce

Registrato all’anagrafe come Ivo Livi, la vita di questo personaggio è stata ricca e pregnante di successi.

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Emigrato a Marsiglia, all’età di soli due anni, da un paesino in provincia di Pistoia (Monsummano Terme) Ivo Livi, si farà conoscere con il nome di Yves Montand. Quest’ultimo (derivato da un aneddoto, è la francesizzazione del suo nome italiano, e  dall’esclamazione della madre che lo richiamava in casa dal cortile: “Ivo, monta!“) si presterà a lavori umili e assai diversi, prima di giungere all’apice del successo dalla sua prima esibizione: il 21 giugno 1939.

Dai racconti del padre assimilerà l’importanza dei valori e della politica quanto rimanere fedeli alle proprie idee, abbracciando così la parte politica del comunismo.

Un excursus, dunque, della vita dell’artista, che tra musica e cinema ha lasciato importanti testimonianze.

Gennaro Cannavacciulo ci dona così un racconto sobrio ed elegante all’interno della cornice del Teatro della Cometa di Roma: Yves Montand, un italiano a Parigi – recital in due tempi con quartetto, pianoforte, contrabasso, batteria e sax/ contralto, è un’occasione per ammirare il cabarettista di scuola napoletana, che con estrema accuratezza ci riporta una vita lunga 70 anni (1921- 1991).

Due anni trascorsi a scrivere lo spettacolo e otto mesi impiegati per selezionare 24 canzoni dello sterminato repertorio di Montand (inserite nella rappresentazione), fan si che essa si sviluppi tra narrazione, canto e deliziose performance danzanti.

Il genere musicale francese si avvale di sonorità jazz e del music-hall, va quindi dalla tradizione all’esotismo orientale.

Dai ritmi melodici cadenzati, il jazz manouches o gipsy jazz, gipsy swing o hot club jazz, è uno degli stili jazz, tipico delle band tzigane.

Django Reinhardt, ne è l’ideatore e uno dei massimi esponenti: ha unito così l’antica tradizione musicale zingara (del ceppo dei Manouches, i Sinti) al jazz americano.

Lo stile swing degli anni trenta, insieme al filone musicale del “valse musette” francese e il virtuosismo eclettico tzigano, fanno della musica francese un fiore all’occhiello di dolci suoni.

La band musicale che accompagna l’artista ben interpreta dunque le melodie francesi, portate in auge da Montand: dagli anni venti ai Novanta.

Dario Pierini (pianoforte), Andrea Tardioli (clarino-sax), Flavia Ostini (contrabasso-controcanto), e Antonio Donatone (batteria), sono bravissimi e versatili. P

untuali, donano al climax della performance immagini della vita dell’epoca.

Yves Montand, nel 1944 sostituì un debuttante, che doveva fare da spalla a Édith Piaf in uno spettacolo in programma al Moulin Rouge di Parigi: da qui cominciò a scalare la vetta del successo.

Il racconto ci conduce dalle canzoni ai suoi amori.

Édith per prima: la loro relazione durò tre anni, per terminare subito dopo aver incontrato Simone Signoret, che sposò a Nizza nel 1951.

Mentre i racconti della guerra (Appello di Stoccolma; Budapest, occupata dalle truppe russe; la presa di Praga), le delusioni politiche da parte del partito comunista, gli incontri con grandi personalità, come Picasso, Prévert, Marcel Carné, Ella Fitzgerald, e Marilyn Monroe (con la quale visse un amore tormentato e controverso, sebbene coniugato) sono il sottofondo ricco e corposo dello spettacolo.

Le vicende arricchirono la vita dello stesso Montand tra cinema e Recital.

I luoghi, anch’essi, sono tappe fondamentali della vita del cantante-attore: Parigi, Mosca, New York.

Dal sapore sentimentale, la performance riserva, oltre che un attento approfondimento sulla vita di Montand, anche eleganza, raffinatezza, e sobrietà.

Elementi scenografici semplici, cambi d’abito immediati, fanno vivere allo spettatore le atmosfere dei Recital di Broadway, dell’Etoile, dell’Olympia, e la trepidazione nell’essere parte del cast dei film dell’epoca.

Tipicamente numeri da rivista è quello che Cannavacciulo ci riporta, sfondando anche la quarta parete: scene che Montand usualmente portava in scena.

Il “tip-tap” dà voce a “Il ragazzo che amava danzare”, mentre la recitazione a “Il Telegramma”.

Il disegno luci (Michele Lavanga), è vario e cangiante.

Un pannello e dei video creano invece, alle spalle dell’artista, particolari giochi di luce-ombra, e la grafica 3D ben si inserisce nell’insieme.

Davvero consigliato, si esce dal teatro persi tra i suoni dolci di Titina; Les feuilles mortes; C’est si bon; A bicyclette; La Chansonnette; Non, Je ne regrette rien; Les Momes; Luna di Bilbao; C’est pas une chanson d’amour; Bye bye baby, quel po’ di repertorio che abbiamo tutt’ora in eredità.

Yves Montand, un italiano a Parigi

recital in due tempi con quartetto, pianoforte, contrabasso, batteria e sax/ contralto

di e con Gennaro Cannavacciuolo

  • Pianoforte: Dario Pierini
  • Clarino-sax: Andrea Tardioli
  • Contrabasso: Flavia Ostini
  • Batteria: Antonio Donatone
  • Regia: Gennaro Cannavacciuolo
  • Aiuto regia: Valeria D’Orazio
  • Coreografie : Roberto Croce
  • Scene: Eva Sgrò
  • Luci: Michele Lavanga
  • Foto: Marco Salvadori
  • Fonica: Alfonso D’Emilio
  • Voci registrate: Patrizia Loreti e Marco Mete
  • Arrangiamenti: Dario Pierini e Andrea Tardioli
  • Produzione: Elsinor, Milano
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