La natura quindi si ribella e con essa i cittadini del quartiere Prenestino-Pigneto che hanno dato vita ad una vera e propria mobilitazione autogestita, divulgando la notizia e lottando affinché quest’area fosse riqualificata e rimanesse in parte spazio pubblico per diventare un nuovo spazio collettivo. Grazie alla mobilitazione del Comitato di quartiere Pigneto-Prenestino, agli inizi degli anni 90, l’area, per lo meno in parte, è stata salvata dalla speculazione edilizia, riuscendo, insieme all’amministrazione comunale, a realizzarvi un parco. Una piccola porzione dell’Ex Snia diventa il parco delle Energie. Negli anni successivi Il comitato di quartiere continua a battersi, sempre più tenacemente, perché nel frattempo la vicenda è tutt’altro che conclusa, nel 2005 riesce fuori l’ipotesi di rendere l’ex fabbrica la sede del nuovo Ateneo della Scienza e della Tecnologia targato la Sapienza, ma anche in questo caso, la gestione poco limpida del progetto ne ha causato l’archiviazione; nel 2010 il proprietario dell’area, torna all’attacco e nasce l’idea di costruire all’interno dell’area quattro torri per abitazioni, all’epoca l’amministrazione comunale era alla guida di Alemanno, il Comune pubblica il bando “relitti urbani”, destinato ai proprietari di aree occupate dai cosiddetti “manufatti dismessi”, i privati potevano demolire gli edifici dismessi e di ricostruirli, ampliandone la volumetria fino al 50%, ma la delibera 107 del 2010 non verrà mai approvata definitivamente.
Negli ultimi anni la mobilitazione diventa sempre più forte e più incalzante, molte sono le iniziative per divulgare e coinvolgere la cittadinanza; il mio racconto iniziale è relativo proprio all’evento del 25 maggio 2014, quando con una scala fatta di pallet si è riusciti a creare un varco su via di Portonaccio per rendere finalmente accessibile l’area a centinaia di persone. Il giorno dopo quella scala e il varco vengono demoliti dalle ruspe, presumibilmente dal proprietario del terreno che, fino a quel giorno, non aspettava altro che arrivasse il 14 agosto 2014 , data ultima per i termini dell’esproprio. Infatti se entro il 14 agosto non si fosse effettuato alcun intervento pubblico per destinare la zona a parco, sarebbero scaduti i termini dell’ esproprio territoriale e tutta l’area sarebbe tornata nella mani dei privati.
Finalmente il 4 agosto 2014 avviene il sorprendente e definitivo cambio di rotta. Sulle pagine del sito del comune si legge ciò che affermano in una nota gli assessori allo Sviluppo delle Periferie, Infrastrutture e Manutenzione Urbana Paolo Masini e alla Trasformazione Urbana Giovanni Caudo. ” La sospensione del bando di Alemanno sui cosiddetti Relitti urbani che abbiamo operato nei mesi scorsi ha liberato l’area del lago dell’ex Snia dalla minaccia di vedere realizzati quattro torri per oltre 176 mila mc. Insieme al Municipio, alle tante associazioni e ai cittadini e con l’impegno assunto nel bilancio di Roma Capitale è ora possibile pensare a un progetto condiviso e partecipato che mette al centro la salvaguardia degli edifici vincolati, la difesa dello spazio pubblico del parco e dello straordinario specchio d’acqua. Un progetto importante per una delle aree urbane più costruite e dense, possibile grazie all’impegno di tutti”.
Il 6 agosto dopo venti anni di mobilitazione cittadina il Comune ha aperto l’ingresso del parco in via di Portonaccio, espropriando di fatto il terreno. Sono stati stanziati dagli stessi assessori, Masini e Caudo, € 500.000,00 per avviare i lavori di riqualificazione dell’area.
Questo risultato è arrivato grazie alla mobilitazione di tutti gli abitanti riuniti del quartiere Prenestino-Pigneto, oltre ovviamente al Forum del Parco delle Energie, che sono riusciti a bloccare la speculazione.
A luglio è partita una “call” internazionale “Costruiamo insieme gli arredi del parco” rivolta agli architetti e agli studi di progettazione per l’allestimento dell’area del lago.
Quella dell’EX SNIA Viscosa è una storia lunga e complessa, fatta essenzialmente di poca chiarezza, di omertà e poca informazione dei fatti. Un enorme mistero che ha contribuito a mantenere per più di 18 anni l’intera area immobile all’interno di un micromondo che, come nelle favole che ci raccontavano da bambini, racchiude dietro un muro di rovi, non un castello incantato, ma circa 14 ettari di territorio urbano con tanto di lago e fabbriche fantasma che trasudano vicende infinite. Questa è anche e soprattutto una storia pervasa di un ritrovato sentimento, quello di nuova forma di autorganizzazione urbana, un sentimento che sta alimentando fortemente lo spirito di molte persone e sta penetrando anche nella gestione degli spazi connettivi come quelli culturali. Ma questa è un’altra storia, della quale potrei parlarvi la prossima volta.
Tutto ciò non vuol dire essere contrari all’edificazione privata, soprattutto quando questo significa fare Architettura più che edilizia, ma bensì contrari allo sfruttamento sfrenato del territorio senza rispetto per la natura e per l’organizzazione dello spazio, e inoltre senza criterio estetico, al puro fine della speculazione.
Venire a conoscenza di tali vicende significa conoscere i luoghi in cui viviamo, andarli a visitare e confrontarsi, significa anche vivere il proprio territorio e partecipare alla trasformazione, affinché sia adoperato correttamente, cercando di trovare un equilibrio con i dettami della natura e della legalità, nonché degli interessi pubblici e privati.
La EX SNIA Viscosa, dovrebbe essere riqualificata valorizzando per quanto possibile il patrimonio edilizio delle fabbriche, così da divenire una grande opportunità di rigenerazione urbana. Lo sviluppo della città oggi dipende sia dalla capacità di reinventare l’uso del territorio sia da una nuova riorganizzare degli interessi, pubblici e privati.
In un’epoca di trasformazione sono necessari nuovi spazi connettivi che possono essere creati attraverso una nuova progettualità in materia di riqualificazione delle città e sostenibilità ambientale.
Senza dubbio la Ex Snia Viscosa si presenta come una opportunità per ripensare le funzioni del territorio e sviluppare nuove sinergie tra pubblico, privato e sociale.