“Un intervento”, il testo teatrale del pluripremiato drammaturgo inglese Mike Bartlett (classe 1980), nella prima messa in scena italiana (la traduzione si deve a Jacopo Gassman) diretta dal regista Fabrizio Arcuri con interpreti gli attori Rita Maffei e Gabriele Benedetti, in un ambiente scenico creato da Luigina Tusini sarà in scena al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia (alla Sala Bartoli) a partire da martedì 18 febbraio alle 19.30, per la stagione Altri Percorsi.
La produzione – targata CSS Teatro stabile di innovazione del FVG – allude ad un confronto: amichevole? Spietato? Violento? Per saperlo, sarà necessario seguire lo spettacolo… anzi, meglio, parteciparvi.
Lo spettacolo non risponderà infatti appieno alle modalità a cui il pubblico è abituato. E ciò è chiaro – sottolinea il regista – fin dalla scarna didascalia che l’autore dedica all’ambientazione: “due attori davanti a un sipario che non si aprirà mai”.
Ecco allora che gli attori, più che recitare, si trovano a proporre un episodio di vita quotidiana, il meno artificiale possibile, ed allo spettatore non è chiesto d’immedesimarsi, ma di prendere coscienza e posizione rispetto al dibattito che si scatena fra i due, nell’evolversi dei cinque atti brevi inventati dal celebre drammaturgo inglese.
«Gli stessi attori parlano tra loro, ma confidandosi con il pubblico» spiega Fabrizio Arcuri. «Da quale parte stare? Siamo favorevoli a un intervento? Ma a quale? Sono talmente tanti gli interventi che sarebbe necessario fare, tra vita privata e riflessioni politiche, da costringerci a considerarne ogni risvolto. E anche quello che sembra più coerente ha sempre il suo lato negativo.
Cinque atti brevi per riflettere sui nostri comportamenti, sul nostro disagio nelle relazioni, sul nostro disagio nello stare al mondo, nel vivere in questa società, sull’origine stessa di questo disagio».
Nel suo stile incalzante e spezzato, ironico ed incisivo, che gli è valso diversi Laurence Olivier Award (uno dei quali ottenuto per “Bull”, ospite dello Stabile regionale recentemente), Mike Bartlett apre una finestra sullo spaesamento esistenziale che connota l’individuo contemporaneo, sempre sfasato fra il modo in cui percepisce sé stesso e quello in cui viene visto dagli altri, la sua (reale?) immagine sociale.
I due protagonisti non possiedono alcuna connotazione, non hanno nemmeno un vero nome: sono semplicemente A e B e si sono conosciuti ad una festa. Hanno stretto amicizia e pur avendo visioni diversissime del mondo e della società, sono diventati inseparabili e sanno mettere a confronto i loro punti di vista. Un rapporto alquanto surreale, che però funziona e anzi evidenzia distanze, resistenze, contrasti reciproci.
A, ad esempio, per gli altri è troppo dedita al bere, anche se lei non pensa questo di sé ed in scena non mostra mai segni di ubriachezza.
B invece ha una fidanzata di cui è innamoratissimo: gli altri però – compresa A – ritengono che non sia affatto la donna adatta a lui.
E confrontandosi si prosegue, fino ad una situazione più critica: quando A prende parte a una manifestazione contro l’intervento degli inglesi in Medio Oriente e B invece si dichiara del tutto a favore dell’azione bellica. Lo scontro fra i due, mentre il pubblico viene quasi chiamato in causa, prosegue intervallato da musiche di un passato recente (da Neil Young a Bruce Springsteen): ponte fra il paradosso di quel rapporto e la fotografia di un mondo che ci appartiene.