Elena Arvigo è Marta Abba nello spettacolo “Non domandarmi di me, Marta mia…” Scritto da Katia Ippaso, il 22 agosto a I Solisti del Teatro.
Elena Arvigo è Marta Abba nello spettacolo “Non domandarmi di me, Marta mia…”, scritto da Katia Ippaso, in scena all’interno della XXVI edizione del festival I SOLISTI DEL TEATRO, giovedì 22 agosto alle ore 21,30 presso i Giardini della Filarmonica Romana (Via Flaminia 118). Regia di Arturo Armone Caruso.
“Non domandarmi di me, Marta mia…” si situa in un preciso punto del tempo, il 10 dicembre del 1936, data della morte di Luigi Pirandello, e in un preciso punto dello spazio, New York, dove Marta Abba stava recitando al Plymouth Theatre di Broadway. Quella sera, dopo aver fatto al pubblico l’annuncio dell’improvvisa scomparsa di Pirandello alla fine dello spettacolo, Marta Abba si trova da sola nella sua camera di Manhattan, non molto distante dalla Fifth Avenue, di fronte alla cattedrale di St.Patrick.
Legge l’ultima lettera che Pirandello le aveva scritto, solo sei giorni prima della sua morte, nella quale non accennava minimamente alla sua malattia. Le sparge sul letto e sul pavimento, vi si immerge, e rievoca così la loro storia, la storia di un rapporto elettivo, agli altri segreto e in una qualche forma incomprensibile; “un fatto d’esistenza”, annotava Pirandello in una lettera del ‘29.
Rispetto al personaggio forte e risoluto del carteggio, emerge in Marta Abba, col favore delle tenebre, una nota di vulnerabilità, una maggiore solitudine di donna. L’irruzione improvvisa della morte non può non influenzare l’interpretazione del passato, facendo vacillare le certezze eportando la protagonista a farsi delle domande che non si era mai fatta prima. E’ una notte di veglia, in cui si fa vivo non solo il fantasma di Pirandello ma vengono chiamate a raccolta anche le immagini fantasmate di tutte le eroine pirandelliane (dalla Tuda di “Diana e la Tuda” alla Donata Genzi di “Trovarsi”, fino alla contessa Ilse de “I Giganti della montagna”) che il grande scrittore aveva inventato per lei, per la sua Marta.
“[…] La camera dell’albergo newyorkese di Marta Abba è un caleidoscopico comporsi e scomporsi di forme: inquadrature che inseguono il fluire del testo e della tessitura musicale. Dall’ombra, emerge come in un lampo, fascinosa, l’attrice: Marta Abba. […] In un viaggio notturno attraverso i passaggi di una corrispondenza dalla quale affiora pulsante l’emozione, l’attrice, dando una precisa tonalità orfica al testo, fa emergere il lungo, intenso e per tanti versi doloroso rapporto tra Luigi Pirandello e la sua attrice musa, Marta Abba. I temi dell’impossibile fusione amorosa, del senso dell’arte, di cosa si vale realmente, della vecchiaia inesorabile, della morte e della forma, anche quella dell’arte, che soffoca la vita irrompono sulla scena lasciandoci al termine dello spettacolo con il sentimento di una irrimediabile perdita, di una minaccia incombente. Luigi Pirandello e Marta Abba si allontanano all’infinito nella glaciale notte newyorkese, all’alba dell’immane catastrofe, di un’epoca buia che lo stesso Pirandello sentiva avvicinarsi” (Arturo Armone Caruso)
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