160 pagine uno, 304 l’altro: neanche 500 pagine in due. Due piccoli manuali di educazione sentimentale, li ha definiti Valentina Gasparet. Tra le curatrici di Pordenonelegge, Gasparet ha accompagnato l’amichevole dialogo tra l’autore di Un buon posto in cui fermarsi, Matteo Bussola, e l’autore di Geografia di un dolore perfetto, Enrico Galiano.
Un muro, solo quando crolla, puoi vedere di cosa è fatto…a volte è così anche con le persone.
Matteo Bussola
I sentimenti indicibili
Pochi autori riescono, ognuno col proprio stile e delicatezza, a raccontare la complessità umana come Bussola e Galiano.
Anche i cosiddetti sentimenti indicibili, titolo dell’affollatissimo incontro che li ha visti protagonisti in una assolata domenica pomeriggio di Settembre.
Un incontro che, secondo la Gasparet, si sarebbe potuto svolgere senza un terzo ‘intermediario’. Terza intermediaria, la quale, per chi scrive, ha invece svolto un ruolo imprescindibile.
A partire dalla modalità scelta per iniziare la conversazione con i due autori: la lettura dei rispettivi saluti all’uscita del libro dell’altro, che racconta di una stima umana e professionale, raramente riscontrabile tra colleghi.
Noi siamo i primi, gli uomini, i maschi della mia generazione, siamo i primi della storia forse a essere nati in un mondo in cui i sentimenti, le emozioni, le fragilità, queste cose che una volta erano ‘da femminucce’ oggi sono anche roba da maschi
Enrico Galiano, a proposito di “Un buon posto in cui fermarsi”
Un viaggio nelle fragilità
“I sentimenti, ppfff, roba di cui non si deve parlare”, legge Galiano nel saluto da lui scritto quando uscì il libro dell’amico, Un buon posto in cui fermarsi.
Entrambi ci narrano una parte, quella emotiva, che spesso non ha le parole per essere nominata.
Ci raccontano un maschile che ancora oggi viene educato a non avere alcuna confidenza con la propria sfera emotiva, con la cosa più difficile da maneggiare: la propria fragilità.
La fragilità come la più grande forma di forza: il nostro essere rotti, crepati, che ci permette di metterci in relazione con l’altro. Un’attitudine e un sentimento che ancora non trova piena cittadinanza per quanto riguarda il maschile, spiega Bussola.
Che si rivela, per i 15 personaggi, una forma di inattesa felicità. Perchè nessuno ti dice che vinci quando perdi.
Fragilità che in Galiano, con la capacità delle parole di creare mondi fino a quel momento non esistenti, si traduce nella spezzanza.
La spezzanza esiste ed è quando, tra due persone, va tutto benissimo e poi a un certo punto si spezza qualcosa e non riesce ad essere più come prima.
Ma è anche quando tu ti senti spezzato mentre fai la vita di tutti i giorni e speri, dentro di te, che qualcuno ti ricomponga, ti aggiusti.
Ma è anche qualcosa che ti fa desiderare quello che c’è ‘oltre la siepe’ leopardesca.
“Geografia di un dolore perfetto” è un romanzo che arriva dritto lì, proprio dove deve.
Matteo Bussola, a proposito di Geografia di un dolore perfetto
Geografie dell’anima
Anche la geografia, ironia della sorte prima supplenza di Galiano nella sua carriera di insegnante, è al centro di entrambi i romanzi.
Qualcosa di molto terreno in effetti, ma che diventa molto legata alla nostra sfera più intima, personale, emotiva.
Geografia, fatta fin da uno dei due titoli, di mappe luoghi e posti.
Di fiumi che raramente seguono un percorso lineare dalla sorgente alla foce, come il Nilo, che devia e torna sui suoi passi per poi proseguire il proprio flusso.
Mappe che portano a luoghi da trovare ma anche a perdersi nella ricerca, che portano a luoghi immaginari.
Qual è però il destino più desiderabile?
Geografia di un dolore perfetto è pieno di incrocio, di strade che si perdono e si trovano, ma anche di una riflessione sul paesaggio.
Quando studi i paesaggi, studi anche le persone: siamo posti e le facce sono mappe, afferma dal canto suo Galiano.
Ed in fondo è vero.
E la geografia, ma è un assunto applicabile in tutti i campi, non è sapere cose ma istigare il desiderio di cercarle e la voglia di scoprire.