L’atto unico è una storia al femminile toccante, intimistica e alquanto fotografica, in cui i gesti sono importanti proprio quanto l’amore. Il pubblico viene accompagnato verso una catarsi intensa che le interpreti rimarcano attraverso dialoghi e monologhi
Il Teatro Furio Camillo di Roma non offre al pubblico solo performance di acrobatica aerea, bensì queste si accostano anche alla programmazione teatrale di spettacoli di prosa.
Due donne di provincia ne è un esempio. Andato in scena lo scorso ottobre (dal 20 al 22 ottobre), per la regia di Anastasia Astolfi, il testo teatrale di Dacia Maraini scritto nel 1973 (che avevamo incontrato per Una donna non si libera da sola), fa parte di una piccola raccolta: “Dialogo di una prostituta con un suo cliente: Due donne di provincia – Il sogno di Clitennestra“. Dallo sfondo sociale e psicologico, ne evidenzia la dignità femminile e gli affetti sbagliati.
Molto attuale, presenta due amiche, due donne, due anime, due caratteri differenti, che si sono adattati alle circostanze della vita. Valeria e Magda si incontrano in città dopo anni, nel monolocale del nipote di quest’ultima, dalla cucina rossa, dal bagno verde e dal letto ricoperto da lenzuola nere, rimandando così al significato di ogni colore che viene nominato.
La scrittura della Maraini, puntuale e poetica, ma anche ironica, intreccia sentimenti, confidenze, ricordi – anche pericolosi – rabbia ed emozioni, e al contempo frena il sentire, le vibrazioni del corpo, assecondando le mancanze e l’assenza di desiderio nel ‘sentirsi senza corpo’, supplendo alla carenza di contatto con gli altri, con il proprio fisico, per conoscere, conoscersi e vivere.
Anastasia Astolfi studia una regia semplice, dalle azioni essenziali, e recita accanto a Monica Guizzi rappresentando le protagoniste: l’una femminile, l’altra più mascolina. Si differenziano, infatti, già dagli abiti che indossano, ma soprattutto dalle paure che non si vogliono o non si è in grado di affrontare, dalla razionalità e dalla vivacità con la quale si parla di sesso.
L’autrice getta un seme in terra, facendo si che un albero cresca con tutti i suoi rami uno dopo l’altro: dettagli, minuzie, descrizioni, retaggi, vocaboli ed interrogativi disegnano così atmosfere casalinghe, mansioni domestiche, pranzi, relazioni con i rispettivi familiari, con la propria prole, con se stesse e tra di loro. Ma c’è tanto altro.
Un’osservazione profonda dell’altra, intesa come un indagare l’animo umano e guardarlo per quello che è: senza maschere, confessandosi intimamente.
Dialoghi e monologhi si intervallano con equilibrio; il timbro vocale delle attrici non subìsce alcun calo durante la toccante vicenda, infine alla libertà auspicata si preferisce mantenere tutto così com’è. Si rinuncia all’unico sentimento vero e viscerale, non lasciandosi andare e privandosene, appunto.
Gli stereotipi ingannevoli risultano ancora una volta figure retoriche, mentre la sensualità pervade l’ambiente essenziale. Due donne di provincia è una storia al femminile toccante, intimistica e alquanto fotografica, in cui i gesti sono importanti proprio quanto l’amore, poiché il corpo di ognuno non è di marmo e per sentire, dunque, deve essere libero e sincero.
Si esce dal teatro con un gran senso di silenzio interno e di riflessione, in quanto ascoltare diventa imperativo e la parola parte dell’insieme.
Lo spettacolo è andato in scena al Teatro Furio Camillo dal 20 al 22 Ottobre.