Una delle vicende di sopravvivenza più incredibili della storia moderna è quella della squadra di rugby uruguayana Old Christians in volo verso il Cile che nel 1972 precipitò in un punto remoto sulla cordigliera delle Ande.
Su 45 si salvarono in 16, nutrendosi dei corpi dei loro amici morti. L’aspetto del cannibalismo è sempre stato centrale in questa storia, già ampiamente raccontata attraverso documentari, libri, film. Carlo Delfino Editore pubblica “Dovevo sopravvivere – come l’incidente nelle Ande ha ispirato la mia vocazione a salvare vite” un libro recente scritto dallo scrittore e giornalista Pablo Vierci in collaborazione con Roberto Canessa.
Dopo due mesi di permanenza tra le nevi delle Ande, Roberto Canessa assieme a Nando Parrado decisero di lasciare il gruppo per andare a cercare aiuto e fecero una traversata di 65 chilometri in dieci giorni, senza equipaggiamento né abiti pesanti, ai piedi scarpette da rugby, toccando quota 4600 metri di altitudine, portati avanti da una speranza insensata che li fece giungere in Cile e consentire il recupero dei compagni rimasti tra i rottami dell’aereo.
Canessa, allora studente di medicina, continuò gli studi e divenne cardiochirurgo pediatrico, professione che esercita tuttora. Il racconto di quegli eventi, rievocati a più di quarant’anni di distanza, assume un valore sostanziale: quell’esperienza gli cambiò il corso della vita, portandolo ad essere, nella sua professione e nella vita quotidiana, un difensore della speranza, anche quando questa non può esserci più.
La società della neve che si venne a creare dopo lo schianto sulle Ande, quella posta a limiti tanto estremi da diventare antropofaga, era, in realtà, fondata sulla donazione totale di sé, ognuno lavorava pensando solo al benessere degli altri.
Una cronaca appassionante, in cui gli ideali di amicizia, famiglia e unione emergono in modo assoluto e si fondono con le paure e gli aspetti primordiali e terribili che l’uomo porta dentro di sé.