Louisa May Alcott, Simone de Beauvoir, Pippi Calzelunghe, Angela Carter, e le triestine Bianca di Beaco e Tiziana Weiss e l’udinese Riccarda de Eccher sono tra le protagoniste della mostra fotografica “Io non scendo. Donne che salgono sugli alberi e guardano lontano”, visitabile dal 18 maggio al 25 agosto 2024.

La mostra riunisce duecento foto anonime, dal 1870 al 1970, che ritraggono donne in cima agli alberi. Insieme alle immagini, quindici storie che intrecciano fotografia, letteratura e cinema per raccontare la forza liberatoria dell’ascesa.

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L’esposizione

Nella sua autobiografia “Io non sono un’alpinista” la scalatrice triestina Bianca di Beaco racconta di come sua madre, contadina, l’avesse spinta “non tanto verso conquiste materiali, ma verso una conquista di me stessa”. E in cima alle montagne, così come da bambina in cima agli alberi, Bianca aveva scoperto “la dimensione in cui i sogni si realizzano”. La sportiva triestina è soltanto una delle tante novelle Eva che, per affermare la necessità di essere se stesse, allontanandosi dallo stereotipo che le vuole radici per il nutrimento altrui, hanno scelto di arrampicarsi sugli alberi, di farsi loro stesse frutto, di essere sovversive come ogni creatura che sale verso il cielo per negare la gravità terrestre e osservare il mondo da una nuova prospettiva. E, una volta in cima, dichiarare: “Io non scendo”.

Curata da Laura Leonelli, giornalista e scrittrice, collaboratrice del supplemento culturale de Il Sole 24 Ore (e di Arte e AD) e appassionata collezionista di fotografie anonime, l’esposizione nasce dal suo omonimo libro, pubblicato da Postcart edizioni, e raccoglie, in un allestimento che richiama l’idea di bosco,  oltre duecento fotografie anonime, corredate da quindici storie, di donne che, dal 1870 al 1970, hanno scelto di farsi ritrarre in cima agli alberi.

Le donne che si arrampicano sugli alberi sono sempre esistite, puntualizza Leonelli, ma la matrice letteraria che diede un impulso alla pratica del farsi fotografare arrampicate su un albero fu il romanzo “Piccole donne”, pubblicato nel 1868. Jo March infatti, la più iconica tra le quattro protagoniste del capolavoro di Louisa May Alcott, adorata da tutte le lettrici del romanzo per il suo carattere ribelle e coraggioso (quindi, all’epoca, maschile), ama leggere, e non a caso ama leggere sul melo di fronte casa. Jo è l’alter ego dell’autrice, in cui si identifica, tra le altre, anche Simone de Beauvoir, e viene portata sullo schermo da un’altra appassionata arrampicatrice, Katharine Hepburn, che come Jo ama salire sugli alberi. 

E poi ancora Pippi Calzelunghe, nata dalla penna della scrittrice svedese Astrid Lindgren, libertaria e indipendente che ama arrampicarsi sugli alberi, Julia Butterfly Hill, che ha trascorso 738 giorni su un albero, una sequoia millenaria, diventando il simbolo di una delle più straordinarie lotte del movimento ecologista americano.

La mostra rende omaggio a tre donne triestine e friulane, tre grandi scalatrici: Bianca di Beaco, Riccarda de Eccher e Tiziana Weiss. D’altra parte chi meglio di una scalatrice prosegue l’ascesa iniziata sugli alberi?Tre scalatrici, due generazioni e una città dove le donne sono state più libere che altrove. A Trieste hanno iniziato presto ad arrampicare, e nessuno l’ha trovato strano. Come tutte le bambine irrequiete la prima arrampicata l’hanno affrontata sugli alberi, per poi farsi strada in un mondo che, fino ad allora, era stato rigorosamente precluso a metà del genere umano.

Maggiori informazioni sulla mostra si possono trovare sul sito dell’Erpac.

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