Una chiacchierata a cuore aperto, quello del fotografo David LaChapelle, e orecchie aperte, quelle delle tante studentesse e dei tanti studenti presenti ieri mattina, 20 Aprile, al Savoia Excelsior Palace di Trieste.
Il fotografo, presente a Trieste per l’inaugurazione, oggi 21 Aprile alle 18 presso il Salone degli Incanti, della sua mostra Fulmini, ha regalato un paio di ore al pubblico, per lo più giovane, che lo ha accolto con moltissimo calore.
Con Gianni Mercurio, curatore e amico dell’artista, ha avuto luogo quella che può essere definita non solo una chiacchierata, non solo un incontro introduttivo o solo una masterclass. Tutti i termini sarebbero riduttivi per raccontare la vita e l’arte di LaChapelle e la chiacchierata che si è sviluppata ieri.
L’arte della ribellione
David La Chapelle. Non solo un fotografo ma un innovatore profondo e radicale della storia della fotografia.
Tenendo un cellulare in mano, per illuminare con la torcia il quaderno della sua interprete durante l’incontro, LaChapelle ha cominciato, con generosità, a raccontarsi.
A partire dall’infanzia. Dalla mamma, immigrata negli USA di origine lituana e lavoratrice in fabbrica che, nel giorno libero, prendeva i figli e metteva in scena in fotografia il sogno americano.
Per poi trattare altri elementi.
La fotografia, l’arte come ribellione. Con i colori sgargianti in contrasto al bianco e nero degli scatti di periodi precedenti; del mondo fantastico, teatrale e cinematografico insieme.
La ribellione, a carriera già avviata, nel cercare di più nella propria vita, dopo la visita alla Cappella Sistina, in risposta a un’epoca di nichilismo successiva all’ottimismo degli anni Sessanta e Settanta.
Lasciando la fotografia pubblicitaria e i ritratti, che tuttora ama e che continua a fare, trasferendosi alle Hawaii per una vita d’arte a misura d’uomo.
É emerso quanto il fotografao senta la responsabilità di essere artista: un dono da non sprecare, anche per chi, al contrario, non può esprimerlo. Una benedizione da condividere col mondo non portando in esso solo ulteriore materiale creativo, ma creando qualcosa che abbia un valore. Che crei connessioni e che tocchi il cuore delle persone
The dark age of my life
Tra incontro e masterclass appunto, si è poi a lungo analizzato l’aspetto creativo. L’ispirazione: che va e che viene e bisogna cogliere, prestando attenzione al matrimonio perfetto tra tecnica e il concetto, la storia, da raccontare. Una tecnica che parte dai 15, 20, anni di lavoro in analogico e soprattutto in camera oscura. Il periodo che, racconta, lo ha fatto crescere di più.
Un invito, non solo alla mostra
Non resta che visitare la mostra, aperta a partire dal 22 Aprile, sperando che le studentesse e gli studenti, anche potenziali artiste ed artisti, facciano tesoro del consiglio conclusivo di LaChapelle.
Trovare momenti in cui allontanarsi da quella che ormai è una dipendenza, paragonabile all’alcol o al gioco d’azzardo ad esempio, il telefono.
Allontanarsi dal telefono e dare spazio alla noia, che solo dalla noia e da una disposizione alla creazione e non alla ricezione, nasce la già citata ispirazione. Perché, dice LaChapelle, la vera sfida per le giovani e i giovani, sono le distrazioni.