Triestina di adozione, negli ultimi anni Daniela Pobega ha calcato i palcoscenici dei più prestigiosi teatri europei, raggiungendo importanti traguardi professionali.

Uno su tutti, il ruolo di Nala nella versione spagnola del musical Disney El Rey Leon a Madrid, un’avventura durata quasi quattro anni.

Ora, è tornata in Italia è sta per debuttare – dal 10 al 19 maggio – sul palcoscenico del Teatro Nuovo di Milano, nella versione italiana di A Bronx Tale, musical originariamente prodotto a New York da Robert De Niro e diretto in Italia da Claudio Insegno.

Daniela, torni su un palcoscenico italiano dopo aver vissuto un periodo ricco di soddisfazioni all’estero. Ce lo vuoi raccontare?

Io sono stata quasi 4 anni in Spagna per El Rey Leon, che è sempre stato il sogno della mia vita e rimane, forse, l’esperienza più importante della carriera, anche perché quattro stagioni sono tante; e poi sono stata un anno in Inghilterra con Dirty Dancing, come Elizabeth, la leading singer, lo stesso ruolo che avevo già interpretato in Italia.

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E come in Dirty Dancing, anche in A Bronx Tale ti ritroverai a fare coppia sul palcoscenico con Marco Stabile…

(Ride). Esatto, infatti sono molto felice, perché ci eravamo trovati benissimo nel Dirty Dancing italiano ed è nata questa amicizia tra me e Marco, che è durata nel tempo. Ora Billy ed Elizabeth sono di nuovo insieme!

Nel musical interpreto Jane e a teatro ho la possibilità di sviluppare ulteriormente questo personaggio, che vive un rapporto molto schietto e paritario con Calogero, il protagonista: entrambi sono coraggiosi nel decidere di vivere la loro storia d’amore, consapevoli che allora non esistevano le coppie miste e i quartieri erano suddivisi per etnie in maniera molto netta.

Quindi si tratta di un romanzo di formazione o della classica storia d’amore?

Sicuramente il musical si avvicina di più a un romanzo di formazione, la storia d’amore è una parte di quello che il protagonista vive.

Dopo aver lavorato tre anni e mezzo in Spagna in una produzione del calibro di El Rey Leon, cosa ti ha convinto di uno spettacolo come A Bronx Tale?

Il pregio del Teatro Nuovo di Milano è il coraggio di puntare su titoli che la gente non conosce e che quindi non sono scontati: purtroppo il pubblico italiano non è ancora educato come quello estero, molto più abituato alla presenza di musical nuovi. Noi siamo legati agli stessi, vecchi titoli. 

Quando mi hanno contattato per coinvolgermi nel progetto, ho subito visto il film e un video del musical originale, andato in scena a Broadway, e mi sono innamorata delle musiche. Poi, nella vita ogni persona ha un ruolo giusto per sé e secondo me questo era proprio il ruolo giusto per me, quindi non potevo proprio dire di no, perché me lo vedo cucito addosso.

E poi perché ci tenevo un sacco a lavorare, per la prima volta, con Claudio Insegno.

Nella tua Trieste, qual è l’elemento che fa funzionare il genere musical?

A Trieste abbiamo avuto il boom con Grease nei primi anni Duemila, poi c’è stato il grandissimo successo – sull’onda del film – della versione tour di Mamma Mia! in lingua originale.

Quando il Rossetti ha osato proporre titoli un po’ meno conosciuti, come Spamalot o Chess, c’è stata una flessione e, secondo me, adesso si cerca una mediazione tra titoli importanti e altri meno noti al pubblico.

Qual è il ruolo che ancora manca nella tua carriera?

Bisogna sempre tenere conto del physyque-du-role: nel mio caso, i musical “black”, che attualmente stanno conoscendo un boom, soprattutto a Londra – se pensiamo a titoli come Motown, Dreamgirls e il recente bio-musical su Tina Turner – non sono così tanti in Italia.

Auspico che, in futuro, si possa compiere un numero maggiore di scelte internazionali.

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