Sono contento di uscire come i Led Zeppelin!! Me sento come Jimmy Page!
Questo s’è lasciato sfuggire nella mattinata di martedì 28 maggio Carlo Verdone alla conferenza stampa di presentazione del documentario a lui dedicato.
“Carlo!”, è un evento The Space Extra, una sezione che ha aperto le porte ad iniziative e successi importanti che hanno visto eccezionalmente sul grande schermo “Coldplay live 2012”, “Vasco live Kom 011”, “Pearl Jam 20” o proprio i Led Zeppelin come ricordato dall’attore romano.
L’idea viene a Gianfranco Giagni, già autore di alcuni meravigliosi documentari(su tutti quello dedicato a Dante Ferretti del 2010 o quello del 2006 sulla celebre Sartoria Tirelli), per omaggiare la lunga carriera del comico che quest’anno tocca i 34 anni d’attività, ritenendo ci fosse molto da raccontare su di lui, soprattutto il lato privato e tradizionalmente più in ombra.
Così The Space Cinema presenta il 3,4 e 5 giugno in tutte le sale italiane il documentario diretto da Gianfranco Giagni e Fabio Ferzetti, prodotto da Marco Belardi per Lotus Production con Rai Cinema.
E’ una piccola gemma che non può mancare d’esser gustata dagli amanti del cinema di Carlo Verdone e non solo.
Per offrire un affresco che fosse il più sincero possibile senza scadere in celebrazioni i due registi hanno avuto completa libertà d’azione grazie ad un Verdone che s’è concesso completamente, a loro e al pubblico.
Un documentario davvero piacevole che ripercorre tutta la sua storia artistica e privata anche grazie agli aneddoti dei molti attori con cui ha lavorato nel corso di tanti anni.
Preziose sono state le note di alcuni critici cinematografici come Marco Giusti e Filippo La Porta che non fa sconti nelle sue analisi.
Infine la gente comune, quella da cui Carlo sempre attinge per i suoi personaggi e le sue storie, dotato com’è di un occhio estremamente attento.
Si parte da una ipotetica hit parade dei sui lavori da parte dei suoi compagni di scena. Tra questi appare più volte Margherita Buy che ci fa scoprire come l’attrice che nel film“Ma che colpa abbiamo noi” interpreta l’analista, nella scena in cui muore, ha un malore sul serio mentre tutto il cast crede stia recitando.
Si susseguono Laura Morante, Marco Giallini e Pierfrancesco Favino per finire con Toni Servillo con cui l’attore ha recentemente collaborato nel film di Paolo Sorrentino “La grande bellezza”, proposto ed apprezzato al Festival di Cannes.
Si alternano filmati Rai ormai celebri come quelli tratti da “Non Stop” di Enzo Trapani che l’hanno lanciato e fatto conoscere al grande pubblico a video casalinghi del regista.
Divertente la testimonianza del celebre Ernesto Fioretti, autista ed assistente personale( l’unico autista che si fa trasportare).
Ovvio che parte importantissima della pellicola l’abbia Roma e soprattutto il quartiere in cui è cresciuto e da cui ha tratto spunto per la gran parte dei suoi soggetti.
Il documentario sa far sorridere, al tempo stesso riflettere e persino commuovere. Davvero toccante, per noi e soprattutto per lui, è stato il frangente in cui Verdone ci fa da cicerone nella casa paterna.
L’appartamento è ormai dimesso, alle pareti ora spoglie son rimasti i segni dei quadri che vi erano appesi e lui ricolloca gli autori in ogni spazio ridando vita agli ambienti.
Il padre Mario è stato critico cinematografico, docente in storia del cinema nonché autore di diversi libri sul Futurismo.
Era una casa frequentata da scrittori, musicisti e attori ed è li che Carlo sin da piccolo, spiando lo studio in cui si riunivano gli amici del padre, ha avuto un “teatro” tutto per sé.
La possibilità data dai registi di parlare in assoluta libertà ha fatto emergere la figura di una persona molto semplice, sempre pronta alla battuta ma una con forte malinconia attraverso il flusso continuo di ricordi che hanno plasmato un ritratto onesto, che racconta con coraggio anche debolezze e fragilità.
Il regista in conferenza stampa ha dichiarato d’esser quasi incredulo per la sua longevità artistica, cosa che ha attribuito al fatto d’esser figlio di un vecchio cinema(ricordiamo che il suo primo produttore è stato Sergio Leone).
La chiacchierata con i giornalisti è stata l’occasione per ribadire che l’incursione in un cinema non di commedia, drammatico o “d’autore”come l’episodio con Sorrentino, lo stuzzica perchè si sente pronto per l’età e maturità artistica anche se ha rimarcato che il suo mondo è un altro .
“Sono nato commediante e morirò commediante”.
Ha pure ammesso di avere un soggetto in stato avanzato a cui sta lavorando, di come ci siano stati già dei contatti con Paola Cortellesi e di essere in attesa incontrare De Laurentiis di ritorno da Los Angeles per vedere di definire presto qualcosa.
Aspettando di rivederlo nelle sale con un suo lavoro, vi consigliamo di non mancare l’occasione di “riscoprirlo” in questo bel documentario.