Era il 14 Gennaio 2016 quando Creed – Nato per combattere arrivò nei cinema italiani, incentrando le proprie vicende narrative su Adonis Creed (Michael B. Jordan), figlio di quell’Apollo Creed che era stato l’avversario ma buon amico di Rocky (Sylvester Stallone). La pellicola, diretta da Ryan Coogler ottenne un incredibile successo, sia di pubblico che di critica, portando anche alla nomination agli Oscar Sylvester Stallone per il ruolo di un Rocky più vecchio e appesantito che accetta di aiutare l’erede del suo amico. A distanza di tre anni, con un cambiamento alla regia, passata a Steven Caple Jr. per via degli impegni di Coogler con Black Panther, Adonis e Rocky tornano al cinema per un’avventura che prende avvio tre anni dopo la conclusione del primo capitolo.
Adonis Creed è ormai un pugile affermato e, con orgoglio, sfoggia il titolo di campione dei pesi massimi. Ha una vita piena di successo e di amore con la compagna Bianca (Tessa Thompson), con la quale pensa di trasferirsi a Los Angeles e lasciare Philadelphia. Tuttavia il suo mondo viene messo in discussione quando riceve la sfida di Viktor Drago (il pugile Florian Munteanu), figlio di quell’Ivan Drago (Dolph Lundgren) che in Rocky IV aveva ucciso Apollo sul ring, sotto lo sguardo incredulo di Rocky. Ed è proprio quest’ultimo a tirarsi indietro, quando Adonis gli chiede aiuto per affrontare la sfida nel migliore dei modi. Rocky, però, dovrà scendere a patti con gli errori commessi all’angolo di Apollo trent’anni prima e con il bisogno di aiutare Adonis.
Creed II è un film che si pone a metà strada: non è solo il secondo capitolo di questa nuova saga pugilistica iniziata nel 2015, ma sembra più che altro offrirsi al grande pubblico come una sorta di sequel di Rocky IV. I maggiori momenti di empatia ed emozione, infatti, non arrivano tanto dal percorso che Adonis è costretto a fare per cercare di capire che uomo è e che pugile mira a diventare. Il vero colpo al cuore arriva dai dialoghi tra Rocky e Ivan Drago, tra questi due nemici diventati ormai vecchi che devono affrontare sfide diverse, ma complementari. Rocky, che non è stato un buon padre per il figlio (Milo Ventimiglia) sta cercando di prendersi la propria rivincita aiutando Adonis; Ivan, invece, che ha perso tutto dopo lo scontro con Rocky ed è stato costretto a lasciare la grande madre Russia rivede nel figlio Viktor una possibilità per rialzarsi, per scrollarsi di dosso la polvere della sconfitta.
Paradossalmente è proprio Ivan il personaggio più sfaccettato dell’intera operazione cinematografica: a lui è affidato il ruolo più commovente, quello che deve scendere maggiormente a patti con gli scherzi del destino. La sceneggiatura della pellicola, dopotutto, gioca moltissimo su questo senso serpeggiante di malinconia: Creed II è, inoltre, l’ultimo film in cui vedremo Stallone interpretare il ruolo che lo ha lanciato al grande pubblico. Un addio che passa tantissimo attraverso la messa in scena del rapporto tra Rocky e Adonis, che passa attraverso lo sguardo sfuggente di Stallone quando parla con Ivan e che si sofferma, soprattutto, sul dettaglio di Rocky che si sistema il cappello un’ultima volta, come se si stesse preparando fisicamente ad andarsene.
Gli unici aspetti più negativi di Creed II sono legati ai due eredi: da una parte Adonis Creed che a volte cade nella trappola del vittimismo costante. Dall’altra Viktor, ridotto dalla sceneggiatura a un ammasso di muscoli che dirà sì o no quattro parole in tutto il film. Tuttavia il film, che non nasconde minimamente il suo voler essere una pellicola popolare, è di quelli che riescono comunque a galvanizzare il pubblico, che lo intrattengono senza meri artifici. E quando il theme musicale di Rocky riempie lo schermo, illuminando lo scontro finale, l’emozione è senz’altro assicurata.