Ho visto cose che…
Togliamoci subito il pensiero e diciamo fin dal primo rigo che Pirandello è di quegli autori che se “eseguito” come se fosse una marcia, è capace di sdraiare il pubblico come pochi. A questo c’è da aggiungere come, a volte, ci sia un certo sadismo da parte di alcuni allestimenti nei quali ci si trova a “subire” lo spettacolo, anzichè prendervi parte.
A completare il quadro insopportabili attori da birignao tanto spinto da far rimpiangere quando a teatro potevi portar gli ortaggi.
E’ oscura ai più la ragione per cui Luigi Pirandello debba essere raccontato come confusionario, barocco, triste e incomprensibile.
E venne il giorno del riscatto
E poi c’è Filippo Dini che, mettendo in scena Così è (se vi pare), restituisce l’anima (e l’onore) ad un autore troppo bistrattato e che, in questo allestimento, riesce ad arrivare al pubblico nella sua grandezza.
Divertente, intrigante, capace di tenere lo spettatore sulla corda ribaltando continuamente punti di vista e opinioni.
L’allestimento del Teatro Stabile di Torino, in scena al Rossetti di Trieste fino al 13 Gennaio, è un’azione coraggiosa nel suo essere fedele allo spirito pirandelliano.
Mai didascalico, non trascura quei momenti di ilarità presenti già nel testo ai quali, Dini, anzi ne aggiunge di ulteriori.
Le risate della sala sono il riscatto di anni e anni di “pirandellate” di noia mortale e attori dallo sguardo vitreo. Perchè se ancora qualcuno avesse qualche dubbio con Pirandello si ride.
Molti sono gli elementi inseriti ad hoc che hanno contribuito a raccontare una storia giocata su diversi piani narrativi, ottenendo una resa scenica di notevole impatto. Cose che a tratti spaventano. Perchè Pirandello è anche questo, quando lo hai capito non puoi non aver paura.
Dini è regista sul palco, letteralmente. Nella sua trasposizione la centralità della scena si sposta continuamente dalla vicenda misteriosa ai pettegoli smaniosi di voler scoprire la verità, ammesso che questa esista.
Il cast
La penna dell’autore ambienta la storia in un non meglio precisato centro cittadino. Abbastanza grande da poter avere discrete distanze, ma sufficientemente piccolo affinché i suoi abitanti si conoscano tutti e siano in grado quindi di notare i forestieri.
Andando nello specifico, sono proprio questi abitanti a diventare i “protagonisti” della vicenda. Una classe altolocata che per noia si diverte a “sparlare” sperando sempre che ci sia del torbido dietro ogni tendina.
Scriverei dettagliatamente dei rimandi psicanalitici, del gioco delle speculazioni dialettiche, del simbolismo dei tre giorni come i tre giorni di veglia tipico di certe parti del sud Italia; ma tutto questo sottrarrebbe spazio agli attori e soprattutto vorrei che arrivassimo tutti vivi all’ultimo rigo.
Maria Paiato veste i panni della Signora Frola, bravissima ad alternare gli stati d’animo; dapprima umile remissiva e docile; fiera e capace di ribaltare la prospettiva poco dopo. Impossibile non empatizzare con lei.
Nei panni del Signor Ponza abbiamo visto un energico Andrea Di Casa. Anche lui ottimo nell’altalena di umori, arrivando ad essere persino spaventoso verso la scena finale durante il confronto con la Signora Frola, per la quale chi scrive ha davvero temuto!
Il Consigliere Agazzi, nonchè padrone di casa, è Nicola Pannelli, il quale propone (finalmente!) un personaggio meno abbottonato, da rispettare ma, nonostante il marasma, incline alla battuta. Umano, insomma.
Mariangela Granelli è Amalia, consorte del Consigliere e sorella di Lamberto, divertentissima nella sua evoluzione che diventa via via sempre più comica, in un paio di occasioni ricordando la Marchesini.
Francesca Agostini interpreta Dina che è la giovane figlia di Amalia e del Consigliere. Con la Agostini si ride di gusto. Fa ridere. Anche quando non è al centro della scena. Anche adesso che ne sto scrivendo…
Ma perchè i Coniugi Sirelli? Due personaggi che su carta passano quasi inosservati, in scena sono Ilaria Falini e Dario Iubatti i quali, come in un vero matrimonio, usano ogni espediente per punzecchiarsi senza mandarsele a dire. Perfetti.
La Signora Cini sembra un personaggio che Pirandello mette in scena, praticamente, solo per farle ripetere il proprio nome. In realtà è quella figura usata come se fosse il pubblico a cui spiegare i passaggi di ciò che accade. Quasi un personaggio-pretesto. Bene, con Orietta Notari diventa molto di più. Le battute sono quelle quattro in croce, ma con tempi comici espressioni e presenza scenica davvero notevoli. Preziosissima spalla di Laudisi nel secondo tempo (sì, secondo tempo! Dini divide in due tempi i tre atti originari).
Giampiero Rappa lo abbiamo visto prima aggirarsi con fare inquietante nei panni del cameriere in casa Agazzi; poi nei panni di un “gerarchico” Il Signor Prefetto.
In questo allestimento è inserito un secondo cameriere, a cui si affida il ruolo di far in modo che il pubblico faccia i conti fin da subito con la follia. Ruolo vestito da Mauro Bernardi, il quale sarà, in un secondo momento, il commissario Centuri.
A lasciare il pubblico sospeso nel loop del “io sono colei che mi si crede” è Benedetta Parisi che, oltre ad essere la Signora Ponza, troviamo anche in veste di infermiera di Laudisi e di fantasma.
Pirandello, Dini e Laudisi
Filippo Dini veste i panni di Lamberto Laudisi, personaggio che Pirandello volle tenere per sè. Come Velazquez che dipinge sè stesso, anche Luigi Pirandello infatti vuole essere personaggio in parte. La parte di colui che non da’ nulla per assoluto e oggettivo, ma piuttosto parla di verità al plurale perché soggettive. Uno dei punti più alti dello spettacolo, a tal proposito, è la scena del monologo dello specchio. Dini è geniale nel piazzare il personaggio davanti ad uno specchio deformato, come deformate sono le nostre percezioni.
A questo punto dello spettacolo siamo tutti nello stesso incubo, riflessi in quello specchio. A un microfono da vero crooner, Laudisi ci canticchia
chi è il pazzo di noi due? Eh lo so: io dico TU! e tu col dito indichi me. Va là che, a tu per tu, ci conosciamo bene noi due. Il guaio è che, come ti vedo io, gli altri non ti vedono… Tu per gli altri diventi un fantasma! Eppure, vedi questi pazzi? senza badare al fantasma che portano con sé, in se stessi, vanno correndo, pieni di curiosità, dietro il fantasma altrui! e credono che sia una cosa diversa.
Le scene di Laura Benzi sono assolutamente funzionali nel loro giocare in equilibrio tra interno di abitazione e ospedale psichiatrico. I costumi dal gusto raffinato sono di Andrea Viotti. Le luci (ma anche il buio!) di Pasquale Mari. Le musiche sono di Arturo Annecchino .
Così è (se vi pare), la messa in scena della vita altro non è che una roba di equilibrismi, follia, (lunghe recensioni), specchi e microfoni da crooner.