Siamo sempre all’Auditorium Parco della Musica di Roma ed in Sala Petrassi c’è un folto gruppo di giornalisti per la conferenza di Staliningrad 3D.
I tempi sono serratissimi oggi e un po’ di ritardo fa sì che le domande possano essere rivolte solo al produttore e al regista Fedor Bondarchuk malgrado la presenza anche della protagonista femminile Marina Smolnikova con Petr Fedorov.
Che sfida rappresenta portare nelle sale un film del genere?
Va detto che i grandi successi della filmografia russa raramente viaggiano. Questo significa che la Russia è, pur essendo il quarto mercato al mondo, pronto a offrire molti prodotti che raramente escono dal territorio. “Staliningrad 3D” è una pellicola ad altissimo budget ed il rischio per noi è stato davvero enorme. È una grande sfida cercare di renderla attraente per il grande pubblico. In questo il mercato cinese è già stato un indicatore molto importante. Abbiamo voluto fondere il cinema tradizionale con il 3 d in modo che pubblico di massa fosse completamente coinvolto.
Cosa significa andare a riaprire il libro di una ferita così drammatica come quella che rappresenta la battaglia di Stalingrado? Come è stata la ricerca di una chiave adatta per raccontare la storia anche a persone nate dopo la caduta del muro di Berlino?
In Russia il tema della seconda guerra mondiale è tuttora una territorio pericoloso. Questo è un film che riteniamo possa essere apripista. Sapevamo che saremmo anche stati criticati per le nostre scelte perché tocchiamo un territorio ancora quasi inesplorato. In casa nostra ora tutti scrivono di Stalingrado, dai blogger agli specialisti del settore con commenti che si contraddicono completamente. Più che un film è diventato evento pubblico. In Cina si è scritto che il film è stato apprezzato soprattutto dagli adulti mentre in Russia è accaduto l’esatto contrario. Hanno sostenuto che dal punto vista dell’ intrattenimento fosse interessante ma che avesse delle lacune dal lato della drammaturgia. Abbiamo mirato a raggiungere una platea di spettatori quanto più ampia possibile, dal numero spettatori in Russia e Cina per ora possiamo dire di aver avuto ragione. Ci siamo avventurati in una grande impresa, ci aspettavamo grandi critiche soprattutto quanto riguarda la realtà storica.
Ci sono diversi generi mescolati come quello legato ai film d’azione orientali o al western anni 70, che cosa può dirci in proposito?
Il nostro punto di vista sicuramente non è quello del documentario. Volevamo far percepire un momento storico come concentrazione di forza ed energia in un determinato momento spazio/temporale. Anche le sequenze iniziali ci rimandano ad una scelta che sfiora persino il surreale. Non c’è un genere per questo film ,magari lo definirei epico, una saga. Quanto all’ultima scena, li il genere era in effetti chiaramente il western!
Lei ha girato in Imax, per quale ragione? È stato difficoltoso? Non tutti cinema in Italia dispongono di questa tecnologia, come mai questa scelta?
Vale lo stesso discorso delle domande precedenti .Se non avessimo avuto a disposizione questo tipo di tecnologia non avrei neppure iniziato a girare il film.
Il produttore in proposito ha affermato: “Noi siamo convinti che tutta la storia del cinema è una storia di sviluppo tecnologico per coinvolgere maggiormente lo spettatore. Il pubblico non si sente lontano dalle inquadrature e il 3d lo immerge nella storia. I film sulla seconda guerra mondiale appartengono al cinema d’autore che pero’ non influiscono sulle masse. I film americani influiscono nella “mitologia” della seconda guerra mondiale e ora vorremmo riuscirci anche noi avvicinando alle masse dei giovani. Molte persone che hanno esplorato per la prima volta l’Imax o il 3d col nostro film non volevano fantasy o cartoni animati e noi intendevamo farli avvicinare a questo mezzo con una storia che è parte del patrimonio storico russo.