Cinque dollari per un’illusione. Dignità autonome di Prostituzione.

Prostitute, gigolò, maitresse, e un amministratore pappone compiacente e compiaciuto. Cinque “dollarini” in dotazione.

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Va in scena il lavoro più vecchio del mondo, la Prostituzione ma qui non si vende banalmente il proprio corpo per soddisfare gli istinti più bassi e beceri dell’essere umano, qui si vende altro. Cosa? A te o caro pubblico il piacere della scoperta.

Dignità Autonome di Prostituzione, di e con Luciano Melchionna, in scena al teatro Brancaccio in Roma fino all’8 ottobre sorprende per potenza, innovazione, ironia e soprattutto per grande e raffinata qualità presente nell’eterogenea complessità della pièce.

Tutto parte dell’uso, sapiente, innovativo, assoluto e Pieno dello spazio. Spazio spesso totalmente dimenticato dalla drammaturgia contemporanea. Il pubblico stavolta non è passivamente e sbracatamente seduto ad “attendere” che qualcosa accada o gli venga inculcato. Viene avvolto e coinvolto sin dall’inizio. Ed è uno spettacolo nello spettacolo vedere i visi degli ignari spettatori, divertiti, goffamente sconvolti, insospettiti, diffidenti e quasi ipnotizzanti nel “vivere” e partecipare in qualcosa di nuovo che non sanno ne controllare ne gestire. Tre momenti di passaggio, l’accoglienza al di fuori del teatro con i prostituti e prostitute in vetrina, un secondo momento musicale e coreografico nel foyer del teatro (dove vieni marchiato in maniera pornograficamente ironica come un pezzo di carne da macello) e il terzo momento l’entrata nel vero e proprio teatro.

Tutto viene sapiente mentente gestito dal “papy” Melchionna e da tutta la variegata e colorata truppa di prostitut-attori. Siamo in un luogo non luogo dove la luce rossa che evoca atmosfere da bordello hardcore viene riscaldata da flebili candele probabilmente simbolo di un’innocenza perduta o forse dimenticata.  Tra pile di poltrone scardinate ti siedi a terra ed inizia lo show. Momenti di puro spettacolo fatti di forti contrasti, dove all’ironia si alternano momenti di profonda rabbia, riflessione, accusa. Musica, luci, parole tutto è finalizzato alla presentazione dei numerosi “march ettari” dell’arte. Ora si può scegliere finalmente con chi spendere i tuoi cinque dollarini.

E di nuovo ritorna l’uso potente e prepotente dello spazio, ogni angolo del teatro esterno e interno viene vissuto, calpestato, respirato. Contrattazioni in ogni angolo, ammiccamenti, sorrisi, provocazioni,carovane più o meno disorientate di persone. Divertimento, adrenalina e paura. Sensazioni che convergono velocemente in suggestioni. Ad ogni passo l’ansia aumenta come se stessi facendo davvero qualcosa di veramente sporco, perverso, amorale. Scegli tu con chi andare, qui tutto è metaforicamente in vendita.

La vera rivoluzione arriva adesso. il Pubblico consapevolmente cliente si trova tu per tu con il prostituto/prostitua di turno. Un faccia a faccia al quale è impossibile sottrarsi. Difendersi è del tutto inutile. Allora è meglio stare al gioco. E qui si arriva all’essenza, al vero centro dello spettacolo e del teatro. Le parole nate dalla penna e dal vissuto di Melchionna ora fredde come bisturi ora avvolgenti come languide carezze si cuciono addosso ad ogni attore fondendosi peferttamente con la maschera. Le miserie e le disperazioni dell’animo umano diventano sublimi, mostrano una ricchezza di fondo spesso dimenticata,lacerata,negata. Nessun registro viene risparmiato, il comico, il drammatico,il grottesco,l’aulico, il satirico, l’accusa.

Melchionna riesce a creare un meccanismo avvolgente e potente, orchestrando magistralmente la complessa varietà dei propri attori, bravi, energici, Dignitosi e mai eccessivi, sempre calati nel ruolo senza mai mostrare cenni di stanchezza o cedimento. Pezzi di un puzzle complesso che si incastrano alla perfezione. La coralità lascia voce al singolo per poi ritornare di nuovo coro. Un cerchio che si chiude sempre nell’energia e nella poesia.

Ed un unico vero messaggio. La pornografia, la mediocrità,la vera prostituzione ci sono. Ma sono fuori da quelle mura di teatro, qui sul palco è solo un gioco che diverte, fa riflettere ma spaventa.

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