Cinquant’anni di Opera al Teatro Municipale di Piacenza” di Francesco Bussi.

Il libro pubblicato da Azzali Editori (con un ricco inserto fotografico, 630 pagine, foto di copertina di Roberto Ricci), realizzato grazie al sostegno della “Fondazione di Piacenza e Vigevano” ripercorre – grazie al musicologo piacentino Francesco Bussi – mezzo secolo di storia operistica mediante le recensioni sui titoli in scena al Teatro Municipale di Piacenza, apparse sul quotidiano “Libertà” dal 1963 al 2013, a firma dello stesso Bussi.

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Tra grandi nomi della direzione d’orchestra e del bel canto, aneddoti e curiosità, il corposo e ben documentato volume offre un fondamentale contributo alla storia recente del Teatro Municipale di Piacenza e all’evoluzione del gusto del pubblico.

L’autore

L’autore, Francesco Bussi, musicologo nato a Piacenza il 14 settembre del 1926, è laureato in lettere classiche, diplomato in pianoforte, in paleografia musicale e in composizione corale; vive e lavora a Piacenza.

L’esame critico, in forma di articoli parte dalla Stagione lirica 1963/1964 e giunge fino a quella 2012/2013, prendendo in analisi celebri opere liriche (tra cui Lohengrin, Bohème, Traviata, Rigoletto, Un ballo in maschera, Il barbiere di Siviglia, Macbeth, Turandot, Falstaff, Manon Lescaut, Aida, Il trovatore, Madama Butterfly, Nabucco, La forza del destino e molte altre) firmate dai più grandi compositori dell’epoca ma anche melodrammi meno noti, come ad esempio, Il mondo  della luna, Lo speziale, Jenufa, Il franco cacciatore, L’amico Fritz, Mignon, I pescatori di perle, Il gallo d’oro e numerosi altri.

Splendide pagine di un genere teatrale e musicale dove l’azione scenica è abbinata al canto, alla musica e talvolta al balletto. Una categoria, definita in vari modi: “melodramma”, “opera in musica” o “teatro musicale”, nata e sviluppata in Italia, Paese che per questo possiede il maggior numero di teatri d’opera a livello mondiale (autentici gioielli come ben appunto il Municipale di Piacenza), e ha tra i suoi motivi di gloria l’essere considerata la patria dell’opera.

L’autore nella sua prefazione volge un pensiero, tra tutti i direttori d’orchestra, in particolar modo a Carlo Maria Giulini, Gianandrea Gavazzeni e ad Alberto Zedda.

Il progetto del Teatro Municipale di Piacenza si deve all’architetto piacentino Lotario Tomba su richiesta di una “società di nobili piacentini”. La facciata rielaborata nel 1830 da Alessandro Sanquirico, lo scenografo scaligero autore anche delle decorazioni interne, si ispira a quella del Piermarini per il Teatro alla Scala di Milano.

Il Teatro venne inaugurato con l’esecuzione del dramma “Zamori, ossia l’Eroe delle Indie”, composto per l’occasione dal bavarese Giovanni Simone Mayr (maestro di Gaetano Donizetti). Stendhal di passaggio a Piacenza ebbe parole di ammirazione per il teatro definendolo “tra i più belli, anzi il più bello d’Italia”.

Molti pittori, scultori ed artigiani, tra i quali Andrea Guidotti, Paolo Bozzini, Antonio Borea, Luigi Labò, Giuseppe Scaglia, Francesco Puttinati, Gerolamo Magnani, parteciparono alla creazione degli addobbi e degli arredi realizzando dipinti, intagli, bassorilievi, vetrate e artistiche decorazioni lignee dorate. Celebre anche per essere il primo teatro italiano ad essere interamente illuminato da lampade ad energia elettrica, intervento che risale al 1895. Nel tempo il teatro piacentino ha cambiato più volte nome: da Teatro Nuovo a Teatro Comunicativo a Teatro Comunale fino all’attuale Teatro Municipale.

Sul suo palcoscenico si sono esibiti i più grandi artisti di ogni epoca e il suo pubblico è da sempre considerato tra i più competenti ed appassionati, tanto che Ernest Hemingway, in “Addio alle armi” lo definisce “un teatro severo, un traguardo arduo ma molto importante e prestigioso”.

Dal 2004 il Teatro Municipale è sede dell’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” diretta da Riccardo Muti.

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