In un susseguirsi tra realtà e finzione, la pioggia cade sull’asfalto antistante il teatro Regio di Parma, introducendo l’anticamera degli effetti sonori a sipario aperto, dello scroscio d’acqua, nella creazione Carmina Burana di Mauro Astolfi.
La Spellbound Company, così si presenta, frutto anche dei trascorsi del coreografo, a lungo soggiornato artisticamente negli Stati Uniti, e più recentemente coadiuvato dalla presenza progettuale di Valentina Marini.
Un’ambientazione minimal accoglie lo spettatore, in un clima prettamente gotico e buio, in cui si affaccia in proscenio, un grande tavolo rettangolare, sul quale i corpi dei ballerini, adagiati stanno, in attesa di reagire.
Sulla diagonale del piano prospettico del fondale, una porta, rivelazione di un armadio, contenitore di emozioni ed accoglienza del disordine interiore.
Una scrittura del movimento muscolare, quella di Astolfi, da cui, anche dagli scaffali, rimbalzano come indumenti impazziti, gli atletici ballerini, in chiusura di spettacolo.
Una lettura stilistica ben lontana dal ricordo della creazione Don Giovanni, vista alla Biennale di Venezia, e più vicina alle assonanze metriche delle Quattro Stagioni, due coreografie precedenti, molto differenti tra loro.
Carmina Burana, incendia con la sua veemenza corporea, cavalcando l’onda della fisicità dinamica, ma con attento pudore.
Nessuna pruderìe nel raccontare le orge medievali, oi baccanali nelle taverne, in cui il rituale quasi sacrilego del cibo , si fondeva nelle carni degli intrecci amorosi.
Un tavolo apparentemente pesante quello in continua trasformazione, rotolato ed innalzato sui lati dello stesso dai danzatori, spesso in equilibri impossibili, anche per potervi ballare sopra.
I costumi femminili, ideati da Sandro Ferrone, con una grande croce rossa sul petto, simboleggiano una cristianità soffocata e soffocante, sviluppata all’ombra del Medio Evo.
Così come, gli elementi ed oggetti scenici di Stefano Mazzola, insieme al disegno luci di Marco Policastro, collaboratore di lunga data di Astolfi, creano un’avvolgente penombra crepuscolare, cappotto ideale per l’ambientazione medievale.
Talmente frenetico e fagocitante, il linguaggio fisico del rincorrere i corpi da un lato all’altro dello spazio scenico, da non riuscire ad assaporare bene un quadro, dall’altro, piacevolmente riequilibrato dal dialogo fra due coppie sedute sopra e attorno ad una panca, lasciando evidenziare amplessi, carezze e corteggiamenti, un po’ come, se pur negli opposti, il rituale della margherita “m’ama non m’ama”,in Giselle.
I Carmina Burana, sono testi, canti poetici, prevalentemente in latino medievale, suddivisi in sezioni che riguardano argomenti satirici, morali, amorosi, bacchici, conviviali e lussuriosi, ed è sul contenuto erotico, anche blasfemo, liturgico, e sul tema della condanna verso la curia romana, che Mauro Astolfi, tesse la sua partitura coreografica, in tre quadri principali, sulle musiche di Carl Orff, Antonio Vivaldi, Aleksandar Sasha Karlic.
Menzione agli interpreti : Maria Cossu, Mario Laterza, Giuliana Mele, Claudia Mezzolla, Giovanni La Rocca, Cosmo Sancilio, Erika Zilli, Violeta Wulff Mena, Fabio Cavallo.