Antonio Canova, il più grande interprete del Neoclassicismo, amava il teatro e la musica. Per questo in molte sue sculture e in molti suoi dipinti egli traduce il dinamismo, la grazia e la leggerezza della danza e della musica.
Il volume (Terra Ferma Edizioni, collana “Cataloghi di mostre”, 220 pagine con 170 illustrazioni a colori e in b/n) è il catalogo ufficiale della mostra “Canova e la danza” il quale raccoglie i capolavori dell’artista – gessi, tempere, incisioni e disegni – dedicati al tema della danza: danzatrici eleganti e bellissime, vitali e seducenti, che trasmettevano, e trasmettono anche oggi, positività, forza e giovinezza.
Protagonista assoluto è il restaurato gesso raffigurante la “Danzatrice con i cembali” conservato nel museo di Possagno, affiancato, come in una grande festa da ballo a corte, da un nugolo di cinquanta meravigliose fanciulle danzanti tradotte in gesso, incisioni e dipinti.
Il libro/catalogo raccoglie gli interventi dei maggiori studiosi canoviani: “La danza nella scultura” di Doina Lemny; “Canova e la danza” di Mario Guderzo; “Canova e la musica” di Giuliano Simionato; “La danzatrice con i cembali” di Ursula Schlegel; “La danzatrice nei miei ricordi” di Alvar Gonzales Palacios e numerosi altri saggi di celebri studiosi canoviani: Giuseppe Pavanello, Lucia Capitani, Giancarlo Cunial, Antonello Cesareo, Doïna Lemny, Volker Krahn, Roberto Pancheri, Gabriella Delfini, Giordano Passarella, Ivano Ambrosini.
Il libro/catalogo è uscito in occasione della mostra “Canova e la Danza” presso “La Gipsoteca Museo Canova” a Possagno (Treviso) allestita dal 3 marzo al 30 settembre del 2012. Il Museo comprende una pinacoteca collocata all’interno della Casa Natale dello Scultore, la totale produzione dei bozzetti e dei modelli esposti nella Gipsoteca (collezione di gessi), una biblioteca specializzata su Canova e la scultura, un archivio documentale relativo all’attività dello Scultore.
Dal comunicato stampa del 2012 a cura dello “Studio Esseci” (www.studioesseci.net) in occasione dell’inaugurazione della mostra:
“La Gipsoteca Museo Canova di Possagno dedica una fantastica mostra alle danzatrici. A quelle creature, bellissime, che Canova creava, diremmo oggi, come antidepressivo o come antidoto al male di vivere. Nel senso che si affidava alla loro vitalità, alla “forza della gioventù più vigorosa” che da esse prorompeva, quando sentiva avvicinarsi quello stato di prostrazione fisica e morale che lui stesso attribuiva al “male di qualche amico o alle vicende del mondo”.
La loro bellezza, lievità, forza scacciava ogni melanconia e ridava al maestro la joie de vivre di cui aveva bisogno.
Tre le traspose in marmo che sembrano lottare con la legge di gravità, molte altre si limitò ad abbozzarle, a disegnarle o a dipingerle nelle sue coloratissime tempere. L’idea per questa affascinante mostra, destinata a bissare il successo davvero clamoroso di quella recentemente dedicata alla bellezza imberbe del Principe Lubomisky, è legata ad un risarcimento artistico e storico.
Tra i capolavori del Museo e Gipsoteca Antonio Canova di Possagno, si conserva il gesso originale (quello su cui effettivamente lavorò Canova, affidandone poi la trasposizione in marmo ad abili collaboratori e su cui interveniva alla fine nell’intento di rappresentare “la vera carne”) della “Danzatrice con i cembali”, eseguita per l’ambasciatore russo a Vienna Andrei Razumovskij, ora patrimonio inamovibile del Bode Museo di Berlino.
Le sensuali braccia tornite ed i cembali della Danzatrice vennero polverizzate da una granata austroungarica durante i cannoneggiamenti che colpirono Possagno, a ridosso del Monte Grappa, nel corso della Grande Guerra. Da allora l’opera protende al cielo i suoi candidi moncherini.
In questi mesi, ottenuti tutti i permessi del caso, con le cautele necessarie, la Danzatrice sta tornando a suonare i suoi cembali. Il Bode Museum ha, infatti, concesso di realizzare una scansione in 3D dell’opera in marmo. E, con un procedimento inverso a quello tradizionale, sarà ricorrendo al marmo finale che si completerà il gesso originale (REVERSE ENGINEERING).
L’opera berlinese, coinvolta da un incendio già nel Palazzo di Vienna, mostra delle pericolose fessurazioni e non potrà ovviamente muoversi dalla sua attuale sede. Va annotato come l’incendio del marmo e il danneggiamento del gesso originale non siano le uniche avversità che hanno colpito o contornato queste magiche creature canoviane.
Intorno a queste meraviglie vi sono storie di grandi innamoramenti, come quello dell’Imperatrice Josephine de Behaurnais che volle per se la “Danzatrice con le mani sui fianchi”, la stessa che al Salone parigino del 1813 “fa impazzir tutti” o l’altra delle tre la “Danzatrice con dito al mento” commissionata dal Conte Manzoni che non riuscì mai a godersela perché nel frattempo venne assassinato.
Le Danzatrici trasmettevano, evidentemente, positività, forza, giovinezza e ammaliavano non solo Canova.
Tant’è che l’artista fu costretto a farne diverse repliche e molte altre vennero realizzate negli anni successivi, issate a trasmettere bellezza e grazia in luoghi, i più diversi, dalla Stazione Centrale dei Telefoni di San Pietroburgo sino al Messico o a Cuba o al Canada. Nessuno degli originali delle tre Danzatrice sarà a Possagno.
Di quella con i cembali si è detto: è a Berlino ma non può essere spostata dalla sua sede perché fessurata; La Danzatrice voluta da Giuseppina Bonaparte venne acquistata da Alessandro I di Russia e giunse a San Pietroburgo proprio nei più tragici momenti del 1818, trovando poi collocazione definitiva e inamovibile nel nuovo Ermitage. Della terza si è perduta ogni traccia, anche se talvolta copie vengono riproposte come l’originale, purtroppo senza seguito scientifico alcuno. Va chiarito che il tema della danza in scultura non venne limitato da Canova alle tre Danzatrici oggetto di questa mostra.
Egli rappresentò infatti altre figure che danzano, ma si trattava di dee o muse, quindi figure mitologiche, concettualmente ben diverse da queste, ragazze reali, impegnate in danze contemporanee, lontanissime dalle pur superbe rappresentazione di Ebe o di Tersicore.
Queste omaggi alla classicità, quelle iniezioni di ottimismo forza per momenti bui. Regina della mostra sarà la danzatrice restaurata, affiancata, come in una grande festa da ballo a corte, da un nugolo di 50 meravigliose fanciulle danzanti”.
Antonio Canova nacque a Possagno (Treviso), a circa ottanta chilometri da Venezia, il 1° novembre del 1757: a soli quattro anni rimase orfano del padre, Pietro; la madre, Angela Zardo, si risposò poco dopo con Francesco Sartori e si trasferì nel vicino paese di Crespano, ma Antonio rimase a Possagno, con il nonno Pasino Canova, tagliapietre e scultore locale di discreta fama.
Questi eventi segnarono la sensibilità di Antonio Canova per tutta la vita. Fin da giovanissimo, egli dimostrò una naturale inclinazione alla scultura: eseguiva piccole opere con l’argilla di Possagno; si racconta che, all’età di sei o sette anni, durante una cena di nobili veneziani, in una villa di Asolo, abbia eseguito un leone di burro con tale bravura che tutti gli invitati ne rimasero meravigliati: il padrone di casa, il Senatore Giovanni Falier, intuì la capacità artistica di Antonio Canova e lo volle avviare allo studio e alla formazione professionale.
Nel 1768, Canova cominciò a lavorare nello studio della scultura dei Torretti, a Pagnano d’Asolo, poco distante da Possagno: quell’ambiente fu per il piccolo Antonio (che tutti chiamavo “Tonin”) una vera e propria scuola d’arte. Furono i Torretti ad introdurlo nel mondo veneziano, ricco di tanti fermenti culturali e artistici.
A Venezia, Canova frequentò la scuola di nudo all’Accademia e studiò disegno traendo spunto dai calchi in gesso della Galleria di Filippo Farsetti.
Dopo aver lasciato lo studio dei Torretti, avviò una bottega in proprio: eseguì le prime opere che lo resero famoso a Venezia e nel Veneto: Orfeo e Euridice (1776), Dedalo e Icaro (1779).
Terra Ferma
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