Cafè Loti si aggiudica l’onore di essere tra gli spettacoli conclusivi del Marconi Teatro Festival che, dopo un’estate ricca di successi, ci da appuntamento alla prossima edizione.
Il 5 agosto è andato in scena Cafè Loti sul palcoscenico del teatro Marconi. Con Nando Citarella, Stefano Saletti e Pejman Tadayon, lo spettacolo accompagna la fine di questa edizione del Marconi Teatro Festival.
Tre musicisti si incontrano. Uno giunge da oriente, dalle steppe dell’Asia, dalla via della seta, dal profumo dolciastro di civiltà antiche, un altro da occidente, dalle foreste verdi, dai camini fumanti, dalle lotte civili, il terzo infine da sud, dai mercati, dai poeti, dai briganti. Tre musicisti si ritrovano – idealmente – in un cafè di Istanbul, porto di incontri e scambi fra due continenti, forse tre se consideriamo questo incontro sotto l’influsso del Mediterraneo su cui l’Africa, culla dell’uomo, si affaccia. Mare nostrum, mare di viaggi e di razzie, di fughe e di ritorni, di scambi e di naufragi, ieri come oggi.
Tutto questo – pura evocazione – non è sufficiente a rendere pienamente a chi legge l’esperienza di Cafè Loti.
Il caffè Pierre Loti, abbreviato poi a Cafè Loti, esiste davvero. Non è solo un magnifico progetto musicale, uno spettacolo, un racconto in musica e, inoltre, un disco, ma è una vera istituzione a Istanbul: in bella vista sulla collina di Eyüp, vive di un’atmosfera sospesa nel tempo e nello spazio. La sua fama si afferma fra Otto e Novecento, quando – si racconta – lo scrittore e avventuriero Pierre Loti, di ritorno dalla Francia e in cerca della sua amante perduta, passò di qui.
Loti era un avventuriero che ha narrato all’Occidente paesi sconosciuti, così come Nando Citarella, Stefano Saletti e Pejman Tadayon narrano a noi storie lontane.
Lo fanno con i suoni misteriosi di strumenti tradizionali, con percussioni dai ritmi ancestrali, con melodie immortali eppure rinnovate. Sono tre Maestri, della musica e della parola. Cantano in più lingue, con l’impiego di molti registri, piegandosi alle esigenze espressive. Suonano -o meglio, danno vita – a molti strumenti.
Spaziano nei repertori poetici da Santiago a Samarcanda, senza dimenticare Napoli. Non stupisce allora che si canti di Amarilli, sulle note del madrigale di Caccini, stravolto e riscritto con mille registri differenti, come quelli di ogni innamorato; che si mescoli il reng – un ritmo persiano in 6/8 – con la tarantella, che si esprime nel medesimo tempo, ma raccontando le disavventure dovute ai morsi di un cefalo; che ancora si innesti la storia di Ciccio ru brigante, una melodia tradizionale, su un canto in Sabir, l’antica lingua dei navigatori e dei pirati del Mediterraneo.
Tutto ciò non stupisce, ma fa restare ammirati per la bravura, la precisione e l’anima con cui ogni brano è introdotto e poi interpretato (non semplicemente suonato o cantato!).
Non mancano brani più complessi per il pubblico, come Haft, costruito su un ritmo dispari in 7/8, molto lontano dall’orecchio occidentale, oppure Cuncti simus concanentes, della tradizione cristiana, che pure sono molto apprezzati, perché la musica sa parlare laddove ogni pensiero astratto non trova spazio.
Cafè Loti è dove nasce la musica dell’incontro e del dialogo nel Mediterraneo, dove cadono le differenze e, infine, dove chi vuole può toccare, anche solo per un istante, la complessità dei mondi musicali in bilico fra i continenti grazie a tre valenti professionisti che condividono con noi il loro sapere.