di Rodolfo De Angelis a cura di Stefano De Matteis
La prestigiosa casa editrice bolognese Cue Press ha dato alle stampe, nella collana “I saggi del teatro”, un interessante e appassionante saggio di 268 pagine, riccamente illustrato con immagini storiche dell’epoca (una preziosa memoria fotografica), dedicato al “café-concert”, o più comunemente chiamato café-chantant, italianizzato in caffè-concerto.
Genere di spettacolo nel quale si eseguivano piccole rappresentazioni teatrali e numeri di arte varia (operette, giochi di prestigio, balletti, canzoni e quant’altro) in locali dove si potevano consumare bibite e generi alimentari nel corso dello spettacolo. Il fenomeno dei café-chantant nacque a Parigi nel XVIII secolo, dove sorsero numerosi locali di tale genere. In Italia il “café-chantant” contribuì in maniera decisiva alla successiva nascita del varietà.
L’italianizzazione dei nomi delle professioni francesi e la creazione di nuovi numeri allargò considerevolmente il ventaglio delle professioni artistiche: la sciantosa, derivazione della francese chanteuse, divenne l’antenata dell’odierna soubrette. Ad essa si aggiunsero le caratteriste, i finedicitori, le brillanti e altri personaggi.
La diffusione dei caffè-concerto, e del mercato del lavoro ad esso connesso, favorì la nascita di riviste specializzate nel settore, come “Cafè-Chantant”, strumento di informazione artistica e promozionale.
Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento numerosi caffè ospitano, su una piccola pedana e accompagnati al pianoforte, cantanti e attori. Ben presto caffè grandi e piccoli, ricchi e poveri, adottano quest’uso: si trasformano in caffè-concerto. Seguendo l’esempio francese, a partire dal 1890, nascono i primi cafè-chantant: si tratta di ampi e lussuosi locali con tavolini da caffè dove, senza alcun biglietto d’ingresso ma con consumazione obbligatoria dei migliori liquori internazionali, la sera si tiene spettacolo.
Sono luoghi esotici con attrazioni, vedette e “chanteuses”.
Se il teatro è sempre più la forma di spettacolo privilegiata dalla borghesia, vige il silenzio e le luci si spengono a inizio spettacolo per riaccendersi alla fine, il cafè-chantant ospita una folla chiassosa e rumorosa di spettatori e una varietà di artisti.
Cantanti, attori, imitatori, numeri d’arte varia sono un richiamo per il pubblico, provengono da altri generi e si affermano qui, nei cafè-chantant. È il luogo dove tutto è spettacolo, gli artisti sul palco alla pari degli spettatori in sala.
La scena del cafè-chantant sente e subisce, più di qualsiasi altro teatro, comportamenti, abitudini e mode del tempo, tanto da diventarne fedele specchio.
L’autore
L’autore, Rodolfo De Angelis, nome d’arte di Rodolfo Tonino (Napoli, 27 febbraio 1893 – Milano, 2 aprile 1965), è stato un attore, cantautore, poeta, pianista, compositore e pittore italiano, autore di canzoni ed esponente di rilievo del teatro di varietà.
Gli esordi di Rodolfo De Angelis avvennero nei primi anni del Ventesimo secolo nell’ambiente del caffè-concerto, riscuotendo molti successi.
Avvicinatosi al Futurismo, nel 1921 collaborò con Filippo Tommaso Marinetti alla redazione del manifesto del Teatro della Sorpresa (11 ottobre) e costituì dapprima la Compagnia del Teatro della Sorpresa Rodolfo De Angelis, che debuttò al Teatro Mercadante di Napoli quello stesso anno, poi, l’anno successivo, il Nuovo Teatro Futurista. Con Marinetti, Francesco Cangiullo e altri poeti futuristi scrisse alcune sintesi che la sua compagnia portò sulle scene di varie città italiane destando ovunque reazioni accese.
Lasciate le scene nel 1924, continuò a scrivere canzoni, sia come compositore che come autore dei testi, e nel 1929 fondò la casa editrice “Dea” per pubblicare il suo stesso repertorio. Fra le sue canzoni, la più nota è senz’altro “Ma cos’è questa crisi?” Del 1933.
Come drammaturgo, De Angelis scrisse varie commedie ed è stato anche autore di due importanti opere sul teatro di varietà: “Caffè-concerto. Memorie di un canzonettista” (1940) e “Storia del café-chantant” (1946) e di un brano – “Addio canzoni americane” – rilanciato negli anni 2000 dal gruppo musicale Orchestra Maniscalchi.
Suo è anche il merito di avere ideato e fondato nei primi anni Trenta “La Discoteca di Stato” per la quale girando più volte l’Italia registrò personalmente le voci e i ricordi di importanti personaggi come Guglielmo Marconi, Giuseppe Tomasi da Lampedusa e Gabriele D’Annunzio.
Morì a Milano e venne sepolto al locale Cimitero Maggiore.
Il curatore
Il curatore, Stefano De Matteis, abilitato full professor dal dicembre 2013 si è occupato di rappresentazioni simboliche, pratiche performative e processi rituali. Ha dedicato ricerche alla cultura popolare, alla religiosità e alla devozione: da “Antropologia delle anime in pena” (scritto con Marino Niola) fino alla “Madonna degli esclusi” (2011) e a “Mezzogiorno di fede.
Il rito tra esperienza, memoria e storia” (2013). Su Napoli ha scritto “Lo specchio della vita” edito dal il Mulino 1991 e “Napoli in scena. Antropologia della città del teatro” per Donzelli nel 2012.
Ha diretto la collana di antropologia “Mnemosyne” ed è stato tra i fondatori delle Opere di Ernesto de Martino dove ha curato la nuova edizione di “Naturalismo e storicismo nell’etnologia”.
Dal 1999 direttore editoriale de “l’ancora del mediterraneo” per la saggistica pubblicando antropologia, storia e scienze sociali, memorie e biografie, inchieste e non fiction. Per l’edizione italiana delle opere di Victor Turner ha curato Dal rito al teatro, “Antropologia della performance” e “Antropologia dell’esperienza” (il Mulino 2014).
È autore di “Ernesto de Martino tra magia e civiltà” (in sei puntate per Radio 3, 2015).
Ha diretto il Laboratorio di Antropologia Culturale Annabella Rossi dell’Università di Salerno. Insegna all’Università di Roma Tre.