Tom Volf è divenuto noto al grande pubblico grazie al docufilm Maria by Callas che, fra i film dedicati a lei, ha il pregio di arricchire la sua biografia di alcuni aspetti sconosciuti a molti appassionati e conoscitori: brani di video personali e mai pubblicati, punti di vista nuovi o, almeno, non usuali. Qualche tempo dopo Volf dà alle stampe Io, Maria, una raccolta, a tratti sorprendente, di lettere e pensieri della Callas che, anche in questo caso, gettano una luce diversa su un personaggio così raccontato, amato e, forse, sempre troppo frainteso.
Fotografo e regista, cofondatore del Fonds de Dotation Maria Callas di Parigi, Volf sembra cercare mezzi e strade per raccontare la Callas oltre la leggenda e il trionfo e, piuttosto, verso la disperazione. Per darne, in ogni caso, una personale interpretazione. Non stupisce, allora, la scelta di portare anche sulla scena teatrale la figura della Diva, dando voce e corpo ai testi del volume da lui curato attraverso uno spettacolo di cui è autore e regista.
La preferenza accordata, in questo caso, a Monica Bellucci, protagonista di questo lungo monologo, è un atto di coraggio. In primis perché Monica Bellucci è principalmente un’attrice di cinema, e poi perché ha al suo attivo personaggi di tutt’altro genere. Però la Bellucci ha un talento, questo è innegabile. Innanzitutto è bella, anche se in maniera completamente diversa dalla Callas. Ma possiede una sua sensibilità artistica, nonostante le possibili riserve.
Le due dive condividono lo stesso sguardo a tratti malinconico e il medesimo atteggiamento ieratico. Forse per alcuni potrà sembrare assurdo, soprattutto per la Bellucci. Ma ieratico nel senso di costruito, irreale, straordinario e, per questo, divino è proprio il modo con cui la Bellucci si presenta in scena. Non è un caso che si dica La Callas, così come La Bellucci. L’aggiunta dell’articolo è una conferma di unicità. In un mondo che è abituato a spiare divi e dive nelle situazioni più quotidiane e imbarazzanti tramite i social, Monica Bellucci è, probabilmente, una delle poche a mantenere ancora un’aura di mistero. Non solo per il suo modo di parlare, per l’attitudine nel gesto, ma anche per l’apparente distacco.
Questo le permette di approcciare credibilmente il personaggio della Callas, almeno nel suo aspetto più iconico. Per capirlo, basterebbe confrontare la foto scelta per la pubblicizzazione dello spettacolo che presenta una chiara citazione di un servizio della Callas. Fin qui tutto va bene. Dove iniziano i dubbi è nella resa drammatica. Se dovessimo confrontare la sua Maria con quella di Rossella Falk in Masterclass Callas, non ci sarebbero dubbi. La Falk – altra diva – vincerebbe per maggiore esperienza di palcoscenico, per una interpretazione più sincera, più profonda. Ma questo non fa altro che mettere in luce la reale crepa dello spettacolo: il testo. Il problema più grande è che le lettere che si susseguono, a tratti belle, a tratti troppo note, non hanno il potere di smuovere sentimenti di partecipazione nel pubblico.
La parabola narrativa è nota, i testi selezionati la accompagnano, senza creare dinamiche sorprendenti, bensì ribadendo le solite informazioni sulla Callas. In più La Bellucci le interpreta, a volte con grande classe e con qualche accento toccante, ma evitando troppe sfumature. Indossa i testi, come fossero abiti: con classe, ma senza emozione. Dal momento che la struttura dello spettacolo si presenta come una ripetizione di “quadri”, date, luoghi e destinatari, alla fine persino il luogo scenico (ridotto a un grande divano di velluto) e il disegno luci arrivano al limite. Annoiano.
Manca un’evoluzione: eppure la protagonista è credibile, affascinante persino. E fa rabbia pensare che se avesse avuto fra le mani un materiale più incandescente, forse, ci avrebbe fatto piangere con la sua malinconica figura, con la sua voce composta e con la tenerezza di alcuni atteggiamenti. A ciò si aggiunga che gli interventi sonori dei brani musicali sembravano “tagliati con l’accetta” e scarsamente integrati al resto: per gli amanti della Callas questo potrebbe essere una sorta di sacrilegio! Peccato! Monica e Maria potevano incontrarsi in una situazione più favorevole. Entrambe ne avrebbero giovato!