Si “proclama” ufficialmente commedia, alludendo alla finzione, ma sin da subito (la scena aperta, le scarpe dei “partecipanti” allineate per non sporcare i tappeti, gli attori ad accogliere e poi a interpellare subito il pubblico) si rivela una sorta di sessione di coaching di risveglio personale, così finta e così vera insieme, cui al tempo stesso partecipare direttamente e assistere per interposta persona.

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È la nuova produzione di Teatro Out Off con la compagnia Tripee Teatro (in prima nazionale fino al 13 marzo), spiazzante nella sua surrealità: è Basta problemi. Commedia, di Renato Gabrielli, diretta e interpretata da Daniele Gaggianesi (molto convincente dentro e fuori dal palco, premiato sperimentatore del dialetto milanese in chiave contemporanea) con Stella Piccioni (tra le altre cose specialista di teatro per l’infanzia) che firma anche gli ipnotici inserti musicali tra canto e poesia, fondamentali nel viaggio catartico cui la pièce aspira.

Cosa succede – Lo spettatore è subito introdotto in una febbrile seduta esoterica di purificazione, che diventa mezzo e pretesto per raccontare una parabola. Vi partecipa un manager “imbruttito”, cinico, scettico e iperconnesso, guidato da una convintissima sacerdotessa new-age che produce suoni attraverso corpi, oggetti e ortaggi (sono realizzati dal dispositivo elettronico Touch Me Playtronica, “scettro” della visionaria vestale brillantemente interpretata dalla Piccioni), con l’inquietante contributo nell’ombra di un altro guru risvegliato, personaggio muto ma fulcro del meccanismo comico, portatore di sacre verità non immediatamente visibili (Paolo Bufalino, attore noto, tra le altre cose, come l’Andrea della sit-com Camera Café).

Il manager (che partecipa in modo poco convinto alla seduta) è portato a rivedere – tra scontri e incontri con la sacerdotessa e il guru misterioso, resistenze e concessioni al trascendentale – le ferite sopite in un passato dimenticato, a guarirle accorgendosi di ciò che aveva e non vedeva, in una vera epifania. Ne emerge chiaramente un rito di passaggio dal torpore della vita contemporanea – anestetizzata da fatturati, follower e like – all’incanto per la vita stessa; dal cinismo metropolitano, alla libertà di cedere alla meraviglia.

Dove scatta la magia di Basta problemi? Questa la spiegazione, condivisibile seppur di non semplicissima lettura, che ne danno i promotori (la drammaturgia, come anticipato, è di Renato Gabrielli, docente alla “”Paolo Grassi” e alla Scuola di Cinema “Luchino Visconti” di Milano): “La magia esplode quando il ridicolo si ribalta in sacro; quando nel pieno di questo rito di plastica, messo insieme con qualche massima sulla vita facilmente ‘ripostabile’, che la donna ripete come mantra, il manager protagonista avverte improvvisamente il canto della bellezza, la voce salvifica e rigenerante del femminile, da restarne frastornato; quando, in mezzo a una compagine di benestanti depressi, il venditore di ‘macchine rassodanti per lei e stimolanti per lui’ compie un inaspettato viaggio negli inferi delle sue ferite, alla riscoperta dell’amore più puro e genuino. Il tempo si deforma, i fantasmi della sua vita diventano reali, lui torna bambino per uscirne nuovamente uomo”.

Tra suoni anglofoni e dialetto milanese: chi c’è dietro Basta Problemi

La produzione, in prima nazionale, del Teatro Out Off prende vita in collaborazione all’Associazione Culturale Tripee, fondata nel 2019 proprio da Stella Piccioni e Daniele Gaggianesi, parallelamente all’attività di attori scritturati. Nasce per dare una casa ai progetti artistici personali, legati alla poesia e alla canzone dialettale milanese (Daniele Gaggianesi) e al teatro per l’infanzia (Stella Piccioni). Prima degli allevamenti intensivi, nelle stalle, per mungere le mucche, era comodo usare uno sgabello basso, generalmente a tre piedi, in Lombardia chiamato “tripee”. La sera, probabilmente seduto su quello stesso sgabello, chi aveva una storia da raccontare, la raccontava, come poteva. Ad ascoltare, ai piedi di quel palco ancestrale, c’erano tutti: vecchi, giovani, bambini, detti anch’essi, per ironia della lingua lombarda, “tripee”, imbranati dondolanti, tontoloni che ancora non dominavano la postura eretta, ma con una propensione all’incanto, che tutti gli altri si sognavano. Da tutto questo arriva Tripee Teatro: “se qualcuno confondesse lombardismi con anglismi, non ci dispiace comunque pensare che seduti o in piedi su questo magico treppiedi si possano fare viaggi volanti, imprevisti e intrepidi”, confessano i due attori.

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