Lo scorso mercoledì sera si sono abbassate le luci del soffitto al Rossetti di Trieste, tranne una, che puntava su un’anatra di gomma, neanche a dirlo, arancione.
“L’anatra all’arancia”, titolo di questa sorprendente commedia, è la portata principale preparata dal cameriere Gennaro per i padroni di casa nel mezzo di una crisi matrimoniale, e i loro due rispettivi amanti invitati a cena.
Scenografia essenziale, costumi azzeccati, ottima la regia e traduzione a cura dell’attore protagonista, Luca Barbareschi, che ci ha regalato più di due ore di una piacevole immersione nella vita matrimoniale dei protagonisti.
Peccato però, che lui fosse l’unico attore che mi abbia convinta davvero durante la prima: nei panni di Gilberto Ferrari, infatti, un conduttore televisivo amato e seguito, sfodera un’ironia spietata, che conquista dalla prima all’ultima battuta.
Sua moglie, Lisa Ferrari, (Chiara Noschese) è stata anche lei di grande presenza scenica, ma non fin dalla prima scena. Per quasi tutto il primo tempo, infatti, il suo stare sul palco è sembrato incerto, dal camminare sulla punta dei piedi, al muovere le braccia con troppa foga discutendo col marito.
Ma si è poi ampiamente ripresa e ha sfoggiato le sue doti recitative soprattutto in coppia con l’amante Volodia, (Gianluca Gobbi), altra grande presenza scenica, che replicava un ottimo accento russo e una movenza volutamente e necessariamente impacciata.
Mi hanno lasciata perplessa, però, la segretaria Chanel Pizziconi poiché, nel suo parlare in dialetto, il suo accento era fin troppo marcato, le parole troppo poco scandite, tanto da sentire tra il pubblico chi domandava al vicino cos’avesse detto la ragazza e chi rimaneva con lo sguardo interrogativo; e Gennaro, il cameriere, (Ernesto Mahieux), che sembrava sempre “di passaggio” nella scena, senza mai farne pienamente parte.
Ciononostante, i tempi comici erano buoni, le battute sagaci e, cosa che colpisce non poco, attuali, senza mai scadere nel volgare, a dimostrazione del fatto che per fare ridere davvero, i veri comici non hanno bisogno di essere scurrili.
Uno spettacolo riuscitissimo,
che scorre piacevolmente, tra una gag e l’altra, tanto che in platea ben più di una volta si sono sentite delle risate chiare e squillanti.
Ma al momento degli applausi, non c’è stato il solito entusiasmo, come per molti altri spettacoli riusciti.
Forse, mi permetto di supporre, per la tematica un po’ ostica, il tradimento all’interno di una coppia sposata da 25 anni, trattato con leggerezza da Gilberto, che poteva suscitare ad alcuni un senso di straniamento, finendo per chiedersi quale fosse allora la sostanza dello spettacolo, quale l’insegnamento da trarne, quale la “morale”.
Ma la leggerezza che il protagonista ci propone in “L’anatra all’arancia” non è noncuranza, è amore. Perché, nonostante tutto, sa che loro due non saranno mai la perfezione, “ma /saranno loro/ due”, insieme.
Da vedere e rivedere.
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