Una lunga ricerca sul suono e sull’identità, è “Stelle Fisse”, il nuovo lavoro degli AUCAN, in concerto ieri al Quirinetta Cafè di Roma. Un concerto che segna anche il ritorno nelle scene del trio Italo-tedesco, dopo il lungo periodo di lavoro in studio.
Nuovo cambio di etichetta ed è la volta della indipendente La Tempesta in collaborazione con la londinese Kowloon che aiutano a recidere l’idea che gli AUCAN avevano contribuito a costruire di se stessi, quella di una band fredda e inossidabile con un suono ricco ed enfatico accompagnato da un estetica estremista e solenne.
Si ricomincia dal minimalismo, “Stelle Fisse” parla una lingua che è quanto di più assimilabile alla bass music UK dell’ultimo decennio.
Suoni più asciutti che si accompagnano ad atmosfere notturne, metropolitane e ritmiche 2-step quadrate, farcite di echi e delay, che incrociano batterie fredde come il carbonio, arpeggi di synth maestosi perfetti per una colonna sonora da sci-fi.
Il titolo del loro ultimo album, portato ieri notte sulle scene romane, rimanda a quelle stelle fisse verso le quali tutti noi puntiamo gli occhi nella speranza di trovare ormeggi nel mare caotico delle nostre vite.
Gli AUCAN ripartono dunque dai loro punti di riferimento, punti fissi per l’appunto, lasciandosi alle spalle il sogno americano del lavoro precedente e legandosi di più ad un suono made in UK.
Batterie in perenne fibrillazione, patterns ritmici e armonici che non lasciano respiro, esplodono e spingono la nostra testa verso un muro di suono, dove feedback di chitarre infittiscono l’atmosfera e synth e bassi tremano fin dentro il nostro stomaco.
Dissonanze elettroniche ed effetti sonori derivanti dal post-rock, dalla techno-rave e dalla scena inglese anni 90 portano alle nostre orecchie citazioni estreme, echi di Aphex Twin, Beastie Boys, Slint e persino Talking Heads fanno degli AUCAN una band alla ricerca di una commistione tra dubstep-elettronica e tipici elementi rock, per un suono dal respiro internazionale molto apprezzato all’estero, a volte più che in patria.
Un live show infuocato che chiude il capitolo math rock della band per aprire ufficialmente ad incursioni in territori elettronici, pescando a piene mani dalla UK bass.
Tuttavia la forza dei pezzi sembra eccessivamente ancorata alla mescolanza e fusione di generi già esistenti piuttosto che ad un nuovo innesto.
Ma gli AUCAN sono decisamente uno di quei progetti musicali destinati a fare molta strada. Aspettiamo un loro ritorno sulle scene della capitale.