di Sara Tersigni
Cosa accadrebbe se la storica statua parlante venisse spostata dalla celebre Piazza di Roma al Central Park di New York? “Pasquino in America”, di Cinzia Berni e Walter Croce, è una commedia leggera, divertente dai toni romaneschi e dall’accento americano. Un ritorno di voce della statua, che dopo il successo ottenuto con “Te lo do io Pasquino” è coinvolta in uno scambio culturale tra Roma e gli Stati Uniti, in un intreccio di situazioni comiche e in un bilinguismo disinvolto che caratterizza i personaggi strampalati e bizzarri di Piazza Pasquino per poi trasferirsi nella grande mela.
‹‹ Una pennellata d’arcobaleno››, come intonato dalla voce di Francesca Nunzi (Gabriella) e da Riccardo Angelini (Galopeira), è l’espressione che racchiude la bellezza di una storica Piazza e la stravaganza dei personaggi che la caratterizzano e che la vivono quotidianamente. Una percezione immediata che si avverte sin da subito con uno scambio di battute e da un’insolita presentazione dei ruoli in apertura di spettacolo, accompagnata dal ritmo del Rap.
La singolare Gabriella o Signorina Maresti, come spesso ci tiene a sottolineare in scena, ‹‹è una pescivendola e moglie di Galopeira, che confonde i versi di Petrarca con le canzoni di Baglioni, e si ritrova alle prese con un marito che non ha voglia di lavorare ma che parla con Pasquino perché è l’unico in grado di sentirlo››.
Però anche Gabriella parla americano. Nonostante sia impegnata con le orate, si convince per altri motivi a seguire il marito a New York, convinto quest’ultimo da Pasquino ad aiutarlo a sostenere un discorso all’ONU con l’obiettivo di cambiare il mondo.
Un intreccio di situazioni e personaggi che animano la scena, di cui la statua stessa ne rimane coinvolta. Dal famoso bar di Nando (Gabriele Marconi) rinomato per il caffè imbevibile e di sua moglie Lauretta (Sabrina Crocco) una giovinetta con la fissazione per la moda.
Al Dottor Ganci, interpretato da Stefano Ambrogi, personaggio “legato” alla città da affari legali e da un “braccialetto” ,‹‹ un cadeau, che non mi permette di oltrepassare Largo Argentina ›› ma dotato di un lavoro di ingegno che va ben oltre i confini nazionali,e che lo vede impegnato in un doppio ruolo, quello di “Urbano”, in cui sfoggia distintivo e accento americano.
Ed ancora Sergio (Antonello Morroni), il rumeno romano che ha la figlia Ramona, il quale ha una formazione culturale di sei anni a Rebibbia; e il portiere Mariuccio (Massimo di Vincenzo), esasperato dalla moglie (Gianna Carlotta) arpia e ninfomane sessuale; e Frank il fratello gemello di Mariuccio interpretato dallo stesso Massimo di Vincenzo, sordomuto da trauma e divenuto un famoso scienziato.
Divertente la prima parte dello spettacolo, esilarante la seconda con l’arrivo di Pasquino a Central Park. Un cambio di bandiera e una trasformazione dei personaggi e di situazioni, immerse in un clima vivace tra i fondali dei grattacieli in uno stile e un accento americano, mescolato da un inconfondibile romano a cui si aggiunge anche il linguaggio dei segni.
Un viaggio che nonostante la diversità di ambienti e dei ruoli, ritrova sostanzialmente la stessa natura e il carattere dell’essere umano; siano essi “Sister” o suore , “Urbano” o poliziotti, scienziati e non. A cui fa seguito in conclusione, la considerazione e la rassegnazione di Pasquino che nulla può di fronte all’evidenza ‹‹ per cambiare il mondo bisogna prima cambiare se stessi››.
Un‘avventura che si è conclusa la scorsa domenica per poi ripartire prossimamente nel viaggio insieme a Pasquino e ai suoi protagonisti in cui il divertimento è assicurato.
L’unico,quest’ultimo, a mantenere la sua natura di voce e guida della coscienza con l’obiettivo di cambiare il mondo, agendo attraverso colui che è l’unico in grado di sentirlo,Galopeira, (Riccardo Angelini).