Ci vuole coraggio a proporre un film del genere e abbandonare la commedia un po’ becera, a volte grossolana, caciarona e troppo spesso scontata a cui siamo abituati da qualche anno a questa parte.
E’ questo quel che più volte è stato ribadito durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo film di Massimo Venier Aspirante vedovo in arrivo nella sale il 10 ottobre prossimo con 400 copie.
Al Cinema Adriano di Roma, il produttore, gli sceneggiatori e il regista varesino, con i due protagonisti Fabio De Luigi e Luciana Littizzetto, hanno rimarcato all’unisono come la scelta del remake del Vedovo di Dino Risi fosse una scelta temeraria.
In effetti cimentarsi con un gigante della commedia all’italiana come il lavoro di Risi, è quanto meno un azzardo.
Il confronto con quella regia e sceneggiatura, per non parlare del paragone con l’Albertone Nazionale, sono prove che farebbero tremare le vene e i polsi a chiunque.
L’idea nasce non solo dalla voglia di omaggiare il film, ma anche dalla volontà di rilanciare un certo tipo di commedia. “Per prendere percorsi nuovi bisogna anche educare lo spettatore” è stato detto.
Ma c’era proprio bisogno di un remake per operare in questa direzione?
S’è parlato di coraggio della scelta e in quel caso mi sarei aspettato si facesse qualcosa di nuovo piuttosto che “adagiarsi” sulla riproposizione in chiave attuale dell’illustre precedente.
Ricordando che si tratta di un soggetto liberamente tratto dal film del 1959, non possiamo non notare comunque la forte impronta della storia originale.
Una operazione un po’ furbetta mi è sembrata, in quanto, dietro il“siamo coraggiosi perché ci cimentiamo col gigante”, c’è anche, il calcolato prevedibile interesse dovuto alla scelta di un film così noto.
Detto questo, mi duole pure constatare come di quello humor nero, dei personaggi ben caratterizzati dall’abile sceneggiatura di Sonego e soci capace di generare anche la risata forte, ci sia poca traccia.
Il tutto malgrado l’interpretazione più che degna della Littizzetto e quella un po’ meno efficace di Fabio De Luigi comunque apprezzabile per la scelta di non provare ad imitare Alberto Sordi.
La fotografia dell’Italia di oggi resta solo in superficie e soprattutto, va detto, si ride davvero poco.
Alberto Nardi, imprenditore che inanella un insuccesso dopo l’altro, è sposato con la potente industriale Susanna Almiraghi.
Ad interpretare questa donna senza scrupoli, spietata, ma anche tanto sola, è l’attrice torinese.
“Una di quelle donne con le palle e con le tette scivolate a terra che non mi piacciono per niente”nota sarcastica Luciana.
Il marito, sempre sotto scacco della moglie, sembra essere finalmente baciato dalla fortuna, almeno dal suo punto di vista.
Partita per un viaggio d’affari in Romania, Susanna rimane vittima d’un incidente aereo.
Così pare per tre giorni, trascorsi i quali, per la disperazione di Alberto, torna a farsi viva.
Orfana del suo amuleto porta fortuna e fiutando per questo la possibile tragedia, all’ultimo non si era imbarcata sul piccolo aereo privato in partenza sotto un fitto temporale, scampando così alla caduta.
Tornato nuovamente ad essere solo il marito della Almiraghi, per Alberto indietro non si può più tornare avendo finalmente assaporato l’indipendenza economica.
Un tipo come lui non ce la può proprio fare relegato al negozietto d’elettrodomestici in cui la moglie l’ha “parcheggiato”.
Sarebbe ora di farla finita, o meglio ancora, perché non liberarsi della moglie così ingombrante?
Malgrado tutte le buone intenzioni e alcune belle interpretazioni come quella di Alessandro Besentini nei panni del fido Stucchi, il film non regala che qualche fugace sorriso e poco altro.
Apprezzando il talento di Massimo Venier che resta lontano parente di quello conosciuto nel sodalizio con Aldo, Giovanni e Giacomo, come pure quello del bravo sceneggiatore Ugo Chiti (Reality e Gomorra), mi è sembrata in fin dei conti una occasione sprecata.
Peccato davvero!