Notre Dame de Paris: lo spettacolo record di incassi, pubblico e consensi di critica.

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Abbiamo incontrato MARCO MANCA, uno degli interpreti protagonisti, che non ci ha fatto mancare impressioni e curiosità.

Nel Notre Dame de Paris, tu sei Frollo. Ci parli del personaggio e di quali sono state, se ce ne sono state, le difficoltà maggiori che hai incontrato nell’interpretarlo?

Frollo è un personaggio molto complesso,  molto stimolante e “divertente”, come tutti i cattivi del resto. Ho incontrato molte difficoltà inizialmente, non è stata una costruzione semplice, né musicalmente né attorialmente.

Innanzitutto non era semplice calarsi nei panni di un arcidiacono della fine del ‘400, non solo per la gestualità e tutto il bagaglio “estetico” che un personaggio del genere richiede, ma soprattutto perché Frollo, pur non essendo vecchio nella storia, era pur sempre un uomo adulto, vissuto, corrucciato e chiuso nel suo sapere; trasmettere questo mi richiedeva un grande sforzo ed una grande concentrazione.

Attorialmente il viaggio che si fa con Frollo è molto duro, si parte con un personaggio ieratico, potente, distaccato, quasi disumano per poi procedere verso lo sgretolamento di questa torre di marmo, verso la più profonda e fragile umanità con tutta la sofferenza che questa comporta per poi approdare alla più disperata follia. Anche vocalmente non è stato semplice da affrontare, ho dovuto lavorare molto sulla mia voce, incupirla, trasmettere ciò che Frollo era dentro e partendo da una voce da tenore abbastanza pulita e cristallina, non era semplice trovare il modo di graffiare e indurire la mia voce a tal punto.

Il personaggio mi ha aiutato, non potevo esprimere e provare certe situazioni con una voce diversa da quella di Frollo.

Ci sono state occasioni in cui il tuo modo di vivere il personaggio di Frollo si è trovato in disaccordo con le direttive registiche?

Il primo anno il regista di Notre Dame de Paris, Gilles Maheu, che tornava ad occuparsi di Notre Dame dopo anni, non voleva creare dei cloni negli anni di quei personaggi. Non voleva che i protagonisti di Notre Dame procedessero per imitazione di ciò che già si era visto.

Un po’ come accade con la commedia dell’arte, ogni maschera ha un modo di camminare, di muoversi, una voce particolare, ma ogni attore deve poi fare propria la maschera. La regia dei movimenti, le luci, le scene, ogni cosa era però rimasta invariata ed era difficile in una gabbia così stretta riuscire a trovare la propria identità.

Il lavoro, replica dopo replica ha portato ognuno di noi a comprendere il percorso giusto. Personalmente, all’inizio ho sofferto molto, avevo un feeling con il personaggio molto forte, lo percepivo, carnale, passionale ma il rischio per il regista era che io strabordassi con un fardello troppo carico, io non potevo frenare da solo questa ondata di emozione, devo dire che il braccio di ferro tra me e il regista per trovare l’equilibrio giusto ha fatto si che il personaggio avesse entrambe le componenti, che vivesse della giusta alchimia che desideravamo.

Manca_FRolloCome definiresti questo grande progetto che dopo 10 anni sembra riscuotere lo stesso successo degli esordi ? E qual’è secondo te la formula che si trova dietro a questo rinnovato consenso?

Notre Dame de Paris è uno spettacolo con una sua storia personale molto singolare, unica direi.

E’ stato definito uno degli spettacoli più belli in assoluto del secolo scorso.

Sicuramente alla base c’è la concatenazione dell’alto livello artistico di ogni pezzo del puzzle che compone lo spettacolo, un’alchimia che definirei praticamente perfetta: Musica, Testo, Messa in scena e Coreografia. Personalmente inoltre trovo che la chiave del suo successo sia inoltre quella di avere avuto la forza e il coraggio di prendere una forma d’arte classica come l’opera, e di trattarla in modo talmente contemporaneo e avanguardista da creare un genere nuovo. Una volta che lo si crea qualcuno ne raccoglierà l’esempio e lo porterà avanti, così “il progetto pioniere”, proprio perché tale, diventerà a sua volta un classico. Notre Dame de Paris oggi è un classico!

Ci racconti un episodio divertente accaduto in questi mesi di repliche ? Un momento di backstage o sul palco.

Bhè, cose ne sono successe molte e quelle che ti saltano in mente ovviamente, sono quelle legate ad un piccolo incidente.

L’ultima sera all’Arena di Verona purtroppo mi erano stati modificati alcuni movimenti e luci e così, calcolai male alcuni spazi. Durante la canzone “Mi distruggerai” in cui le torri di pietra stringono Frollo come una morsa, mi ritrovai magicamente tra le torri sbagliate e così notai con la coda dell’occhio che le torri non mi stavano stringendo, bensì si allontanavano da me, la prima cosa che mi venne in mente, non potendo simulare di esserne schiacciato, fu di spingere, come se il mio personaggio le governasse con padronanza, ribaltando completamente il senso metaforico dell’azione, Frollo non era più attanagliato dai suoi pensieri, bensì li spingeva e dirigeva come un super eroe.

Quando uscii in quinta dopo il brano, un tecnico chiuse egregiamente con una battuta l’accaduto: “A’ Manca, a’ prossima vorta che sali sur parco te damo un Tom Tom così nun te perdi”.

Ce ne fu anche un’altra divertente legata ai primi mesi di repliche. Al secondo atto quando Clopin colpisce Frollo per liberare Esmeralda, Frollo cade a terra ed esce di scena dentro la gabbia, trasportata via dai ballerini. Beh, quella volta, arrivato dietro le quinte, mi sono accorto che la porta si poteva aprire soltanto dall’esterno e i macchinisti, che sono notoriamente il reparto più goliardico in assoluto, si sono ben guardati dall’aprirmela e mi hanno lasciato lì dentro fino a poco prima di rientrare in scena. Più che un ”prete innamorato” mi sono sentito un prete incatenato! Devo dire, ma non diciamolo in giro altrimenti contribuisco alla nascita di altri scherzi, non da prete, ma “al prete”, che è stato piuttosto divertente anche per me!

Dopo aver interpretato uno dei personaggi più ambiti del panorama del musical italiano, qual’è il suo prossimo obiettivo? Qual’è l’aspirazione massima?

Quando si sogna la fantasia non ha limiti e questo mestiere è un sogno continuo, talvolta anche un incubo lo ammetto.

Il mio obiettivo più concreto è certamente riuscire a vivere del mio mestiere riuscendo a far valere tutte le mie capacità e peculiarità a 360° dal teatro alla musica fino al cinema. Per chi ci crede la meritocrazia ha ancora un grande valore, nonostante il momento storico che viviamo dimostri spesso il contrario, ecco perché ho sempre cercato di spaziare dal teatro musicale a quello di prosa, dalla macchina da presa al doppiaggio. Più profondo sarà il barile da cui attingere, più probabilità ci saranno che questo non resti mai vuoto, devo ammettere che spesso sono rimasto e resto deluso, ma sempre continuo a crederci anche se con occhi sempre più aperti e vigili.

Per concludere posso aggiungere che il grande esempio avuto sempre sotto gli occhi è Massimo Ranieri, unico esempio vivente in Italia di ciò che significa essere un artista completo. Mi permetto dunque una battuta:” la mia massima aspirazione? ” Calcare il palcoscenico accanto al massimo, anzi accanto a Massimo!

Quanto l’essere “l’eterno insicuro” e timido incide sulla tua attenzione quasi maniacale per il minimo dettaglio, il rigore e la dedizione con i quali prepari i tuoi personaggi?

Non mi definisco in assoluto né timido né tanto meno insicuro, certamente posso talvolta apparire diffidente, ma solo perché sono un grande osservatore.

E’ pur vero che nel mio lavoro ho un approccio molto riflessivo e accurato con i testi, con i personaggi e con coloro con i quali collaboro.

Trovo che la costruzione di uno spettacolo e personalmente di un personaggio siano un grande lavoro fatto da una serie di dettagli, minuzie, ricerche e percorsi mentali che uniti dal grande collante delle emozioni prende la forma che da vita al personaggio così come viene percepito dal pubblico.

Sono travolto da molte emozioni e mille pensieri nel mio lavoro, perché la passione mi governa e questo mi costringe a tentare io stesso di governare questo caos, di avere sotto controllo ogni dettaglio per rassicurarmi, questo mi caratterizza anche nella vita privata.

Il caos interiore trova pace nell’ordine di ciò che mi circonda, mi rafforza affinché io possa essere dritto e saldo sul ponte della nave che solca il mare in tempesta della mia vita privata e artistica.

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