Al TEATRO ROMANO DI OSTIA ANTICA
(V.le dei Romagnoli, 717 – Scavi Archeologici di Ostia Antica)
Sabato 18 luglio 2015
(data unica)
La Compagnia CASTALIA
presenta
I MENECMI
Il gioco del doppio
di T.M.Plauto
Adattamento e Regia Vincenzo Zingaro
con Piero Sarpa – Annalena Lombardi – Rocco Militano – Giovanni Ribò – Fabrizio Passerini – Ugo Cardinali – Laura De Angelis
Musiche: Giovanni Zappalorto. Costumi: Emiliana Di Rubbo
Scene: Vincenzo Zingaro Luci: Giovanna Venzi
Nella splendida cornice del TEATRO ROMANO DI OSTIA ANTICA (V.le dei Romagnoli, 717 – Scavi Archeologici di Ostia Antica), sabato 18 luglio 2015 (data unica), la Compagnia CASTALIA porterà in scena il divertentissimo capolavoro della commedia classica I MENECMI (il gioco del doppio), di T. M. Plauto, con l’adattamento e la regia di Vincenzo Zingaro. Prototipo della commedia degli equivoci, provocati dall’identità fra due personaggi, “I MENECMI” hanno ispirato celebri autori come Shakespeare ne “La Commedia degli errori” e Goldoni ne “I due gemelli veneziani”. Due gemelli, con lo stesso nome, separati da bambini, si trovano a loro insaputa nella stessa città: combinazione che scatena situazioni comiche ed esilaranti scambi di persona. Ma questo divertente “gioco del doppio” cela, in realtà, qualcosa di più profondo…
L’originale messinscena di Vincenzo Zingaro esalta lo spirito ludico della commedia plautina e, al tempo stesso, ne proietta il significato in una dimensione metafisica, offrendo l’occasione di addentrarsi in una riflessione sul teatro e la vita, attraverso una rappresentazione onirica e coinvolgente. Si tratta di un evento realizzato da un regista e da una Compagnia tra i più rinomati nell’allestimento di commedie classiche antiche, promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e dall’Università di Roma “La Sapienza”, che lo ha inserito nel progetto internazionale “Il Teatro Classico Oggi”. Lo spettacolo costituisce un’ulteriore tappa nell’importante percorso di rilettura della commedia classica, affrontato da Vincenzo Zingaro, che in 23 anni ha riscontrato uno straordinario successo di pubblico e di critica, coinvolgendo centinaia di migliaia di giovani. Le rappresentazioni sono avvenute al Teatro ARCOBALENO, sede stabile della Compagnia, e nell’ambito di prestigiosi Festival (OSTIA ANTICA, TAORMINA, PAESTUM, POMPEI, TEATRI DI PIETRA, FERENTO, LEUCIANA FESTIVAL e tanti altri – 1800 repliche e oltre 300.000 spettatori). Un’occasione da non perdere, per chi voglia trascorrere una serata coniugando cultura e divertimento, per ritrovare nel teatro un incontro davvero speciale.
NOTE DI REGIA
Artaud, uno dei più autorevoli teorici teatrali del ‘900, nel celebre saggio “Il teatro e il suo doppio” sosteneva il superamento della tirannia del testo sullo spettacolo, in favore di un teatro integrale, che comprendesse e mettesse sullo stesso piano tutte le forme di linguaggio, fondendo gesto, movimento, suono e parola.
Il Teatro Antico è stato il primo esempio di “teatro integrale”. Le commedie greche e latine contengono un universo fatto di gesti, danza, musica e parola. Immergendoci, quindi, nel magico gioco della Commedia Antica, troviamo il germe di una teatralità pura, volta, a trecentosessanta gradi, al coinvolgimento dello spettatore, come elemento attivo della rappresentazione. Da questo input di fantasia e di libertà creativa, la possibilità di rielaborare trame e geometrie del racconto che travalicano i secoli, offrendoci lo stimolo a una creazione scenica autonoma, in grado di dialogare con il presente, consapevole della ricchezza di un percorso che sancisce il suo essere nella contemporaneità. Artaud, inoltre, spiegava il suo concetto del “doppio”, sostenendo che “se il teatro è il doppio della vita, la vita è il doppio del vero teatro”, nel senso che il vero teatro non è la mera riproduzione della realtà quotidiana, ma piuttosto la ricerca di una realtà archetipica e si distingue perciò come un rito, volto a svelare l’essenza più profonda delle cose.
Questa concezione epifanica del teatro e dell’arte la dobbiamo al mondo classico antico che, attraverso il concetto aristotelico di mìmesis definisce la rappresentazione artistica non come una pedissequa imitazione del mondo sensibile, ma come una rivelazione del principio metafisico che sottende l’esistenza.
Nel percorso di studio e di rilettura del teatro antico, che affronto da anni, I MENECMI, al di là della godibile trama elementare, mi offrono, quindi, l’occasione di entrare in profondità in un discorso sul teatro e la vita, giocando e, allo stesso tempo, indagando sul concetto del “doppio”, che offre molteplici ed affascinanti punti di vista.
Di qui l’idea di un Teatro all’interno del palcoscenico, un Teatro replicato, in cui frammenti di scenografia sono disposti in modo da creare uno “specchio metafisico” che avvolge i personaggi e ne dilata l’azione oltre i confini del reale. Essi prendono vita da quel Teatro replicato, come dal “luogo dell’immaginazione” e lo fanno apparendo in forma stilizzata, retaggio di antiche maschere che hanno travalicato secoli, per riversarsi nella concretezza della rappresentazione. In questo gioco di rimandi, si consuma un viaggio, una ricerca.
“E vanno gli uomini ad ammirare le vette dei monti, i grandi flutti del mare, il lungo corso dei fiumi, le profondità dell’oceano, il volgere degli astri… e si dimenticano di se stessi”
Iniziare lo spettacolo con questo pensiero di S. Agostino ha per me il significato di un seme, gettato in un solco che attraversa l’intera rappresentazione, una provocazione a considerare la vicenda in una prospettiva diversa. La prospettiva di un viaggio interiore alla ricerca di se stessi, nel quale l’incapacità di “vedere” si risolve solo nel momento in cui ci si abbandona a un profondo atto di “fede”. Il Teatro, luogo di tutte le arti, può rivelarsi indispensabile. Indossare una maschera diventa così il gesto simbolico di un anima disposta a mettersi in gioco, per affrontare un grande viaggio dello spirito.
Vincenzo Zingaro