Ancora una volta la violenza e gli abusi sulle donne sono fonte di ispirazione per giovani autori che fanno del teatro sociale una scelta di vita e un rifugio per la speranza che la drammaturgia teatrale torni ad essere un mezzo di comunicazione.
E’ il caso di Susy Suarez con il suo “Cleo”. in scena al Piccolo Teatro Campo d’Arte di Roma, del quale dice: “ E’ uno spettacolo concepito con l’idea che il teatro possa raccontare il nostro tempo, che possa fungere da stimolo a chi è, o è stato, vittima di violenza a parlarne, a difendersi in tempo se ne avverte l’ombra, a chi ha assistito o è a conoscenza del perpetrarsi di simili atti a denunciarli, ma anche più universalmente, convoglia la consapevolezza che anche se la vita ci investe con un grande dolore, si può non abbandonarsi alla rassegnazione ma rialzare la testa e riacquistare la dignità“.
Tre i luoghi deputati per i tre principali momenti della vita di Cleo. L’infanzia, nella quale si susseguono delusioni, traumi e violenze subite dal compagno (ultimo di una lunga serie) della madre che, inetta, lo difende anche dopo l’omicidio della figlia maggiore; l’adolescenza, passata sulla strada in compagnia di clienti fugaci e di ogni genere; l’ora, in un istituto di assistenza sociale. Il tutto converge in un voler cambiare la propria esistenza donandole un po’ di dignità.
Lodevole l’obiettivo e forte la drammaturgia alla quale la Suarez restituisce intensità e una buona emotività, purtroppo non valorizzate dalla regia e dal piano luci che fanno pensare ad un tentativo di una compagnia con poca esperienza.
Partendo dal presupposto che ho scritto le mie impressioni di spettatrice, credo sia superfluo sottolineare il fatto che la scelta di questo mestiere si fa con la consapevolezza di essere sottoposti a giudizi: positivi o negativi, utili o scontati, graditi o meno.
Non ho messo in dubbio il suo lavoro con l’attrice.
Ho parlato di ciò che mi è rimasto dello spettacolo: l’intensità e l’emotività della Suarez. Se dietro c’è stato un ottimo lavoro di actor’s coach me ne compiaccio, ma saper dirigere un attore non è la sola cosa sulla quale si basa la regia di uno spettacolo, né può garantirne la riuscita.
Credo di essere stata delicata nel limitarmi a scrivere le mie impressioni, omettendo tutta una serie di particolari che hanno reso lo spettacolo non di mio gradimento.
Ora, non credo sia questo il luogo adatto per un elenco né tanto meno credo di essere tenuta a fornire delle soluzioni alternative. Magari davanti ad un caffè, ma, dato il tono con il quale si è rivolto, dubito sia interessato ad un confronto.
Qualora ci fosse l’occasione per farmi ricredere, la prego di invitarmi. Mi riservo il dubbio di non aver assistito ad una delle repliche migliori. Lo sappiamo: “il teatro è qui ed ora” e l’unica cosa che non possiamo scegliere è il pubblico.
Spiacente di averla irritata, ma fa parte del gioco.
Giulia Bornacin
Da dove creda che venga l’intensità e la buona emotività Sig.ra Bornacin?
Dalle capacità dell’attrice unite a un’attenta e meticolosa impostazione registica di chi fa questo mestiere da professionista da oltre vent’anni…
Il “piano luci” era composto da quattro faretti e il nostro tecnico Livio Spataro ha fatto davvero un ottimo lavoro, considerando lo spazio e la scarsa attrezzatura a disposizione.
Mi permetto di farle notare inoltre che l’attrice Susy Suarez era in scena con Francesco Primavera, che interpretava il ruolo dell’analista di Cleo.
Sua anche la regia.
Questo per dare completezza a quella che dovrebbe essere una recensione teatrale evidentemente scritta da chi di esperienza ne ha ancora meno di una compagnia che si è appena formata.
Cordialmente
Francesco Primavera