Cresciuto in una famiglia da generazioni legata al mondo del cinema, Aureliano Amadei è un giovane regista appassionato e di talento che suo malgrado è balzato agli onori della cronaca per essere stato coinvolto nell’attentato ai danni della base militare italiana a Nassiriya il 12 Novembre 2003 in cui era arrivato, in qualità di aiuto regista, a seguito della troupe di Stefano Rolla impegnata sul posto a girare un film per la televisione sul processo di  ricostruzione del paese iracheno da parte dei militari italiani e che ha causato la morte ed il ferimento di diverse persone tra civili e militari.

Da questa terribile esperienza che lo ha profondamente segnato nel fisico e nell’animo Aureliano trova il coraggio, due anni dopo, di raccontare la sua storia nel romanzo “20 sigarette a Nassiriya” libro scritto a quattro mani con l’autore Francesco Trento. Cinico e disincantato, a tratti anche ironico “20 sigarette a Nassiriya” racconta l’inutilità della guerra e la cruda verità dietro la presenza militare italiana in Iraq fatta passare per missione umanitaria, un racconto antiretorico e sincero di chi ha vissuto sulla propria pelle una realtà da molti vista solo nei telegiornali. Ispirato al romanzo, cinque anni dopo, Aureliano debutta alla regia del suo primo lungometraggio dal titolo   “20 sigarette ” film autobiografico e toccante che lo ha portato a farsi conoscere al grande pubblico e alla vittoria di diversi premi in festival internazionali di cinema. A tre anni dall’uscita del suo primo film Aureliano porta avanti molti progetti con entusiasmo e professionalità, ci ha raccontato qualcosa di sé nell’intervista che segue.

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Sei cresciuto in una famiglia che da generazioni ha fatto parte del mondo del cinema mi riferisco a tuo nonno prima di tutto e poi anche tuo padre che insieme hanno dato vita ad una casa di produzione cinematografica. Possiamo dire che per te sia stato quasi automatico appassionarti a questo mondo?

Si lo è stato.Mio nonno faceva cinema chiaramente già da prima che io nascessi ed io da piccolissimo sono stato portato sui set cinematografici. A 5 anni, mentre ero in vacanza in Sri Lanka con i miei genitori hippie, una telefonata ha comunicato ai miei genitori l’offerta per un ruolo che mi vedeva attore protagonista di un film per la televisione di due puntate dal titolo “Progetti di allegria” per la regia di Vittorio de Sisti. Negli anni successivi questa passione è cresciuta sempre più fino a che, verso i 16 anni, ho cominciato a lavorare per la “DUEA film” la società di produzione di Pupi e Antonio Avati per la quale collaborava mio nonno.Ho vissuto in questo periodo anni molto intensi e formativi in cui ho avuto la possibilità di approfondire una conoscenza del “set” a tutto tondo avendo lavorato praticamente in tutti i settori. Un apprendistato in tutto e per tutto che in quel momento forse, per la mia giovane età, non mi sono reso conto di fare.

Una esperienza unica che sicuramente non tutti i registi hanno avuto la possibilità di approfondire…

Si infatti è stata una fortuna incredibile ed una esperienza preziosa che ha fondato le basi per quasi tutta la mia conoscenza  in campo cinematografico e tutte quelle che ritengo essere le mie abilità e peculiarità cinematografiche.Sono assolutamente convinto che nel corso degli anni, con il fiorire di accademie di cinema, si sia molto travisato quello che è il concetto di tecnica di un regista che spesso viene confusa con il lavoro del direttore della fotografia. A mio avviso la parte maggiormente importante per quanto riguarda la tecnica di un regista sta proprio nel fatto di conoscere globalmente il lavoro di tutti i reparti di un set, saper prevenire quelle che possono essere le criticità,conoscere le tempistiche per lo svolgimento dei compiti di ogni figura coinvolta e quindi far si che tutti siano messi in condizione di lavorare al proprio meglio.Questa visione globale me l’ hanno insegnata Antonio e Pupi Avati durante gli anni in cui ho lavorato con loro e credo di averne fatto tesoro.

Successivamente a questa esperienza sei partito per Londra per studiare recitazione.Parlami di questa avventura e quanto ha influenzato il tuo attuale lavoro di regista…

Durante l’apprendistato passato con Avati mi sono reso conto che mi era del tutto oscuro il lavoro ed il rapporto tra regista e attore e per approfondirlo ho deciso di partire per Londra e frequentare l’accademia d’arte drammatica.E’ stata un’avventura molto intensa che mi ha insegnato molto e mi ha regalato emozioni che difficilmente potrò dimenticare.Tornato in Italia ho debuttato alla regia per uno spettacolo teatrale molto fortunato che mi ha dato la possibilità di iniziare a capire cosa volesse dire essere creativi nell’ambito della regia.Dopo il teatro ho cominciato a sperimentare anche altre cose come documentari, videoclips fino a quando, tornando da un documentario girato in Brasile, mi ha contattato il regista Stefano Rolla per propormi una collaborazione come aiuto regista per la realizzazione di un film per la televisione ambientato in Iraq di cui Stefano era produttore creativo.

Siamo arrivati così al Novembre 2003, al tuo viaggio a Nassiriya e al tragico attentato che ti ha visto coinvolto, vuoi parlarmene brevemente?

Sono partito per l’Iraq con Stefano Rolla, con cui avevo già collaborato in precedenza,per la prima volta nella veste di aiuto regista.Una opportunità unica per la mia carriera in quel preciso momento che purtroppo non si è mai concretizzata perché  dopo solamente 22 ore passate sul suolo iracheno, siamo rimasti vittime dell’attentato terroristico alla base militare italiana dove eravamo impegnati ad eseguire alcuni sopralluoghi per il film che Stefano stava realizzando.Nella dinamica dei fatti che ha portato la morte di molte persone devo ammettere che la fortuna mi ha assistito permettendomi di riuscire a tornare a casa.

Da questa vicenda spaventosa nel 2005 è nato “20 sigarette a Nassiriya” un romanzo autobiografico che hai scritto a quattro mani con l’autore Francesco Trento e che grazie al grande successo riscosso è diventato un vero caso letterario.Come è nata questa collaborazione?

In effetti è vero, è stato un caso letterario e devo ammettere che la fortuna anche qui mi ha assistito.Ho riallacciato i rapporti con Francesco Trento dopo qualche anno che non vedevo più quasi casualmente e posso dire che sia stato l’incontro giusto al momento giusto. Volevo raccontare quello che avevo vissuto in Iraq e Francesco ha accettato volentieri di cimentarsi con me in questo esperimento narrativo e nonostante il fatto di essere persone molto diverse ci siamo trovati in perfetta armonia confrontandoci con la stesura del libro.

Il tuo romanzo si è successivamente trasformato nel film “20 sigarette” con la partecipazione di Vinicio Marchioni,Giorgio Colangeli e Carolina Crescentini e  che ti vede alla tua prima vera esperienza da regista cinematografico. Come il libro anche il film ha ricevuto numerosi consensi e riconoscimenti tra cui nel 2010 il premio Controcampo alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nel 2011 il premio David giovani ai David di Donatello solo per citarne alcuni.Come debutto non è male direi…

Anche qui posso dire di essere stato molto fortunato.Ho avuto la possibilità di lavorare con una troupe molto coinvolta e partecipe alla storia del film.Un connubio tra fortuna, professionalità e serietà che ha permesso al libro e successivamente al film di arrivare a conquistare i giusti riconoscimenti.

Cambiamo argomento, è stato presentato nel 2012 al Festival del Cinema di Roma il tuo documentario intitolato “Il leone di Orvieto”. Qual è la genesi di questo progetto?

Nel 2008 ho creato una casa di produzione per documentari, cosa che avrei voluto già realizzare da tempo, con la quale ho dato vita, insieme ai miei collaboratori, alla realizzazione di diversi lavori. Si è presentata l’occasione di creare dei documentari sul tema dei grandi crack finanziari e tra questi uno in particolare mi ha molto colpito perché inerente al mondo del cinema ed è appunto la storia di Giancarlo Parretti un uomo ambizioso di umili origini che nel giro di 20 anni scalando la via al potere, matura il desiderio di acquistare la società cinematografica Metro Goldwin Mayer trasformandolo in un fallimento totale.Ho curato la regia di questo documentario che potrei definire un documentario d’autore che, a differenza di quelli del passato molto intimisti e forse un po’ lenti, si presenta come una commedia “pop” e “punk” in una forma stilisticamente nuova in cui  questa particolare storia si presta molto.

Sarà distribuito nelle sale?

Al momento ne stiamo contrattando la distribuzione non solo in Italia ma anche in Francia, che se vogliamo per un regista può rappresentare un piccolo punto d’arrivo quello di essere proiettato con un suo lavoro nelle sale cinematografiche francesi. In Italia, è stato presentato al Bari International Film Festival 2013 che si è appena concluso.

Hai registi preferiti o a cui ti ispiri?

Per quanto riguarda “20 sigarette” essendo una storia assolutamente personale non mi sono ispirato a nessun regista. Ho tratto ispirazione principalmente dalla mia memoria e dalle persone che ho conosciuto.
Sono un grande appassionato dei registi francesi Jean Pierre Jeunet e Marc Caro e alla forte componente estetica che caratterizza la loro cinematografia, amo molto il cinema del regista messicano Alejandro Inarritu, per quanto riguarda il panorama italiano vorrei citare Matteo Garrone e Paolo Virzì.
In generale amo il cinema in cui tutti gli elementi hanno la libertà di esprimersi al loro massimo.

Qual è secondo te la situazione del cinema italiano?

Sono fiducioso sulle condizioni e sul futuro del nostro cinema, mi sembra che il talento sopratutto dei giovani stia emergendo in una fase anche intraprendente e manageriale come ad esempio la casa di produzione creata da Valerio Mastrandrea o a quella di Riccardo Scamarcio e Valeria Golino.

Parlami dei tuoi progetti futuri…

Inizio tra una settimana le prove di uno spettacolo teatrale di cui sono regista che andrà in scena al teatro Vascello di Roma dal 30 Aprile con Giorgio Colangeli come protagonista ed altre due sorprese che non vorrei ancora svelare.Da questo spettacolo nascerà il mio secondo film che spero di realizzare prestissimo.

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