La forza di un classico è tutta nella sua capacità di attraversare i secoli e continuare a parlare a chi lo ascolta. Così “Otello, di precise parole si vive”, sfreccia in scioltezza sui suoi quattrocento anni, per travolgerci tutti e restituirci quella spietata realtà di violenza patriarcale, senza tempo come il capolavoro del Bardo.

Lo spettacolo che Lella Costa e Gabriele Vacis ripropongono con una drammaturgia incisiva è una messa in scena che intreccia tradizione e contemporaneità. Un allestimento che prende in prestito dal linguaggio del del true crime e da certo giornalismo sensazionalistico: ritmo serrato, nomi di luoghi e scorci di una Venezia “oscura”; tutto da’ incipit al vortice della torbida storia shakespeariana nella quale, da lì a poco, lo spettatore si troverà risucchiato.

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Assistendo alla replica al Teatro Verdi di Muggia, si rimane colpiti dalla straordinaria abilità narrativa di Lella Costa, un’autentica affabulatrice. Sul palco, l’attrice non interpreta semplicemente Desdemona o Otello: li fa vivere insieme a Iago, Bramante, Cassio, il Doge, moltiplicando la propria presenza e creando una coralità con la sola forza della voce e della gestualità.

La regia di Gabriele Vacis, fresco vincitore del premio Hystrio 2024, esalta il testo grazie a una sapiente combinazione di minimalismo e intensità. La scena, dominata dalla “scenofonia” di Roberto Tarasco, diventa uno spazio sonoro e visivo che amplifica le parole e le emozioni. Non servono orpelli o grandi apparati scenografici: degli essenziali drappi bianchi bastano perchè l’obiettivo è mettere in risalto la centralità della narrazione. Niente distrazioni.

Il tema del femminicidio e della violenza patriarcale emerge con una forza devastante, attualizzando la tragedia di Otello e trasformandola in una riflessione su questioni che ancora oggi scuotono la società.

La trama shakespeariana è la pagina di cronaca di un qualsiasi quotidiano nel nostro tempo: un marito geloso, un sobillatore che agisce in modo manipolatorio per interessi personali, una giovane donna che riamane comunque accanto all’uomo violento. Un amore che diventa tossico e finisce in modo tragico. Il fatto che poi Otello sia anche “Moro” aggiunge quella plus valenza di odio non casuale.

Questo parallelo tra spettacolo e realtà, non solo rilegge Shakespeare, ma ci inchioda a rispondere del presente. Un presente che ancora oggi (400 anni dopo), al momento in cui scriviamo i dati ci parlano di 87 omicidi di donne dall’inizio dell’anno. In 42 casi l’assassino era il marito, il partner, il convivente. In 12 casi, a compiere il gesto è stato l’ex partner da cui la persona uccisa si era separata o aveva espresso l’intenzione di separarsi. (dati Osservatorio Non Una di Meno)

E i dati sono in costante aggiornamento.

Lella Costa, che già in passato aveva affrontato il tema della violenza di genere in “Ferite a morte” di Serena Dandini, conferma il suo impegno sociale e artistico. Con il suo stile ironico, profondo e mai retorico, riesce a mettere in luce il lato umano dei personaggi e a far risuonare ogni parola con precisione.

“Di precise parole si vive”, come ricorda il titolo, è un invito a riflettere sull’importanza del linguaggio: con le parole si possono costruire dialoghi o distruggere vite.

In questo spettacolo Shakespeare non viene chiamato in causa solo per essere celebrato, ma viene utilizzata la sua opera per affrontare una delle ferite più dolorose della società contemporanea e scavarci dentro, ricordandoci che il teatro è ancora lo specchio necessario della nostra umanità.

Foto Serena Serrani

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