Solo per la serata del 4 ottobre al teatro La Contrada è andato in scena l’intenso e toccante monologo “Princesa” con Vladimir Luxuria

“Princesa” significa principessa, una carica grandemente rinomata oppure un affettuoso nomignolo. Ma la Princesa di questa favola è ben lontana dal suo lieto fine. Immediato è il riferimento alla canzone “Princesa” ad opera di Fabrizio De André ed è questa sua ballata che racchiude la storia di Fernanda.

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La favola dolce amara

Fernanda era una persona reale, nata come Fernando Farias De Albuquerque in un paesino rurale del Brasile. Presto Fernando si scopre diverso da come tutti lo vorrebbero. A lui piacciono i trucchi, i vestiti della madre e le sue scarpe, nonostante le derisioni e i rimproveri che continua a subire. Dopo poco, quindi, Fernando lascia il posto a Fernanda e decide di partire alla ricerca di sé stessa, prima in Brasile e poi in Europa, fino ad arrivare in Italia. Attraversa momenti bui, tra elemosina e prostituzione, droga e alcol, finisce in carcere e qui scopre di essere sieropositiva all’HIV, ma trova anche nel carcerato Giovanni un inaspettato compagno di avventura. Una volta libera, Fernanda incontra De André, il quale la incastona per sempre con le sue dolci e malinconiche note nella struggente ballata “Princesa”.

Fabrizio Coniglio scandaglia i fondali dell’animo umano

La favola dolce-amara di Fernanda si dipana nello struggente monologo “Princesa”, scritto e diretto da Fabrizio Coniglio. La variegata carriera di Coniglio comprende televisione, cinema e teatro, dal “Riccardo III” con Flavio Bucci alla fortunata serie “L’allieva” con Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale. Non sono mancate esperienze di regia e scrittura che l’hanno portato fino alla composizione di questo monologo, graffiante e sconvolgente, eppure commovente e tenero insieme. Coniglio è riuscito in ciò che ogni buon narratore dovrebbe fare, raccontare la storia unica di un particolare personaggio svelando in essa la profonda umanità che inevitabilmente vi si nasconde. “Princesa” è stata una sfida audace, una profonda analisi dell’animo umano che si è rivelata incredibilmente intensa e fuori dagli schemi. Il monologo sonda le sofferenze e le speranze di Fernanda con grande attenzione, ma senza mai tirarsi indietro di fronte a scene drammatiche e sconvolgenti. La scena si apre su Fernanda che sogna la maternità, un’immagine tanto tenera eppure tanto potente considerate le circostanze, per poi addentrarsi sempre di più con grande audacia nella sofferenza umana fra prostituzione, insulti, HIV, fino al fortissimo episodio di un suicidio in scena, che sovverte ogni regola del buoncostume tipico della tragedia greca.

Vladimir Luxuria è una Princesa graffiante

Vladimir Luxuria interpreta il monologo nei panni di Fernanda. Donna dai mille talenti, Luxuria è attivista, scrittrice, attrice e personaggio televisivo. Essendo entrata nel mondo del teatro già da tempo, sa come vivere il palcoscenico e come donna transgender conosce da vicino i tormenti e le conquiste di Princesa. Il suo personaggio è potente, graffiante e fragile, ferito eppure illuminato da un lume sempre vivo di speranza. Nella sua voce ritornano echi di un percorso lungo una vita e con saggezza rende credibile e palpabile il dolore di Fernanda. Emerge, poi, anche il carisma di Luxuria, che si lascia andare ai moti più estremi del personaggio, riuscendo ad equilibrarli con uno humor brillante e una grande dolcezza. Navighiamo quindi attraverso reminiscenze di amori perduti, ingenuità, sbandate, avventure e, in questa sua odissea tra continenti, uomini e potenti emozioni, tutti noi riusciamo a scorgere l’inequivocabile umanità che fa da sfondo a ogni cosa.

Princesa siamo tutti noi

Fernanda vede la propria immagine in frantumi, non si riconosce e si cerca in ogni dove tentando di rimettere insieme i pezzi. In fondo è vero che dobbiamo perdere chi eravamo per trovare chi siamo davvero, recidere i legami con vecchie persone, case, città che non ci permettono di trovare la libertà. Una libertà di cui Fernanda è stata privata fin da bambina e non solo in carcere. A questo proposito, mi è sembrato molto significativo usare due paia di fili trasparenti per agganciare le sbarre della cella al pavimento e al soffitto, dando così l’impressione che le sbarre levitassero nel nulla. Attaccate a quelle sbarre non ci sono le mura della prigione perché la prigione non è solo intorno a Fernanda, ma è dentro di lei, è ovunque finché non sarà libera di essere sé stessa. Nel suo sentirsi fuori posto rimbomba un viscerale bisogno di essere riconosciuti e accolti, timori e desideri comuni a tutti gli esseri umani a prescindere da età, nazione, genere eccetera. L’amore platonico che infine lega Fernanda al carcerato Giovanni può anche essere letto come connessione tra anime. È la bellezza del non scoprirsi più soli, del trovare qualcuno che non necessariamente ci assomigli ma che ci accolga in ogni caso, e insieme la bellezza che sta nel riuscire ad accogliere noi stessi per come siamo, in frantumi, imperfetti e vivi. Princesa è la protagonista della famosa ballata di De André e del monologo di Fabrizio Coniglio, ma Princesa siamo un po’ tutti quanti noi.

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