Dal 18 al 19 gennaio 2024 va in scena “Sorella con fratello”, l’ultimo dramma dell’ideale trilogia di Alberto Bassetti
Hybris: “trasgressione, violazione del limite e del giusto mezzo, nell’antica Grecia l’errore umano più grave e più gravido di pericolose conseguenze per chi se ne rendesse responsabile” Dizionario italiano De Mauro.
“Sorella con fratello”, l’intreccio
Una semplice croce di legno pende dal soffitto. Più in basso si staglia un microfono, lì accanto un paio di sedie e una tastiera. Non serve molto altro nella sala prove di un istituto correzionale, dove Lea è rinchiusa da dieci anni. E non serve altro per l’incontro di anime lacerate che sta per consumarsi.
Entra in scena Leonardo, il fratello maggiore di Lea e ormai avvocato di successo. Solare e fiducioso, è stato l’unico a rimanere al fianco della sorella per tutti quegli anni. Lei invece appare più timida e incerta, divorata dai suoi stessi demoni. C’è euforia nell’aria per l’imminente scarcerazione di Lea. I fratelli sono affettuosi, giocosi, intimi nella loro bolla che li separa dal resto del mondo. Tra un progetto e l’altro per il futuro, però, si insinua il passato. Striscia, come un serpente velenoso, il dubbio su cosa possa aver portato Lea lì. La suspence cresce man mano che la nebbia si dirada e infine si scopre l’orrore.
Alberto Bassetti, un contemporaneo Sofocle
“Sorella con fratello” è il dramma che corona idealmente la trilogia dell’autore Alberto Bassetti sui rapporti famigliari. Dopo “Le due sorelle” e “I due fratelli”, continuano le riflessioni sulla famiglia come luogo di amore e sostegno, ma anche di ipocrisie, oppressione e zone d’ombra. Nel corso della sua carriera, Bassetti ha lavorato spesso sulle ambiguità dell’essere umano in maniera audace e sempre intelligente. Anche in questo dramma troviamo un testo ardito che si addentra negli abissi della degenerazione umana. Si inizia con una comicità brillante piena di motti di spirito, leggerezza e un ritmo vivace. Tuttavia la tenerezza iniziale si incrina sempre di più grazie ad un sottile gioco di attese e allusioni che rivela poco a poco l’orrore sottostante. Si crea così una suspence agghiacciante degna delle migliori tragedie greche e il pubblico rimane col fiato sospeso fino al colpo di scena, coronato da un monologo incredibilmente pregnante. Senza giri di parole o inutili ipocrisie, l’autore porta in scena temi complessi. Tuttavia non si sfocia mai nel luogo comune, nella facile condanna o nella leggera mitizzazione. Tra ossessione, meschinità e vergogna, i vizi umani vengono messi a nudo e lasciati allo sguardo dello spettatore. Bassetti è riuscito a costruire un testo che esalta le commoventi e terrificanti sfaccettature dell’animo umano, suscitando pietà e orrore come nella famosa catarsi greca.
Una regia che indaga l’animo umano
Allo stesso tempo, la regia di Alessandro Marchìa ha saputo sottolineare con sapienza le sfumature del testo. L’audacia della regia segue quella dell’opera e l’orrore viene suggerito in maniera prima sottile, poi sempre più aggressiva. Il ritmo dell’azione è travolgente e duttile, adattandosi ai momenti più leggeri come a quelli più drammatici senza mai arenarsi. Particolare attenzione è stata posta sulla resa espressiva e psicologica dei personaggi. Nei momenti di confronto e scontro tra Leonardo e Lea le luci sono soffuse e calde. Il palcoscenico si fa più scuro e le luci diventano blu quando Lea canta, restituendo il senso di melanconia e costrizione che prova lei. Marchìa sperimenta con questi momenti musicali che intervallano le altre scene quasi come un coro greco, spiegando in forma melodica il rimescolamento interiore del personaggio. Un cono di luce viene puntato invece su Leonardo durante il suo monologo in cui finalmente confessa l’accaduto, quando effettivamente “porta alla luce” la verità.
Alessandro Averone in un incontro sublime tra pietà e orrore
Alessandro Averone veste i panni di Leonardo. Diplomato all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico, Averone acquisisce una base solida ed eclettica con maestri del calibro di Katy Marchand del Living Theatre e Nicolai Karpov. La sua ricca carriera si estende poi dal palcoscenico al piccolo e grande schermo. Interpretare un personaggio come Leonardo, positivo in apparenza, ma contorto e disperato sotto la superficie, non è facile. Il rischio di sfociare in un estremo o nell’altro è sempre in agguato. Tuttavia, Averone riesce a donare complessità al demone che Leonardo incarna. Vive la sua mostruosità riscoprendone la pietà che accompagna ogni colpa umana. Inoltre, ha saputo donare attimi di leggerezza ad un personaggio canonicamente negativo, mantenendo poi salda e intensa la vena drammatica quando necessario.
Alessandra Fallucchi commovente e solenne come un’eroina greca
Alessandra Fallucchi invece interpreta Lea. Anche lei diplomata all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico, la Fallucchi ha recitato a teatro e sul grande schermo. Inoltre, vanta anche una prolifica produzione da regista e spesso è stata coinvolta in progetti che hanno trattato la complessità della sfera femminile, come nello spettacolo “VOCI DALL’ILIADE: le donne raccontano” scritto e diretto da lei. Docile e schiva all’inizio, non si fa però sommergere dall’esuberanza di Leonardo. Con una sapienza attenta e intuitiva, mostra la forza delle cicatrici di Lea, prima silenziosa, poi sempre più potente. In lei riecheggiano solenni eroine greche del calibro di Antigone o Medea. In maniera credibile e mai patetica, riesce a ritagliare lo spazio per i tormenti interiori del personaggio. Emerge così una donna provata, ma pienamente consapevole, intelligente e forte nel suo dolore.
I temi: la degenerazione umana
ATTENZIONE ZONA SPOILER!
Dove finisce la natura? Dove inizia la cultura? Quando l’amore diventa orrore e il desiderio di controllo divora ogni cosa?
Nel corso dello spettacolo, la tela del ragno inizia a farsi sempre più ingarbugliata, come l’animo umano. Fragile e complessa, nasconde al suo centro una verità terrificante. Bassetti infatti costruisce il dramma attorno al delicato tema dell’incesto. L’antropologo Lévi-Strauss diceva che la proibizione dell’incesto è una delle poche regole sociali ad essere universali. Un divieto, quindi, che unisce l’istinto e la natura alla cultura in tutte le epoche e i paesi. Si tratta quindi di un tabù e come tale solitamente appena accennato, di rado audacemente mostrato sul palcoscenico. Lo spettacolo osa in tal modo, rendendo la morbosità non solo di un fratello che desidera la sorella, ma anche di un uomo che abusa di una donna. Leonardo incarna il veleno del patriarcato, per Lea lui diventa giudice e aguzzino, arrogandosi il diritto di decidere sulla sua vita. Bassetti riesce quindi a trattare temi antichi come l’uomo, inserendosi nella tradizione secolare che parte dalle tragedie greche e arriva alla nostra contemporaneità, e lo fa con uno spirito sublime, intelligente e originale.