GRAN TEATRO ITALIA di Alberto Mattioli

Viaggio sentimentale nel paese del melodramma

I teatri storici hanno rappresentato in passato, e continuano ad essere nel presente, uno dei luoghi più significativi e considerevoli per la cultura, l’arte, e soprattutto per la comunità che li ha voluti, edificati, amati e nei limiti del possibile mantenuti attivi.

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Costituiscono un patrimonio architettonico di assoluto valore sparso sull’intero territorio nazionale, al cui splendore hanno lavorato nel corso del tempo architetti, artigiani e maestranze, dando vita a quell’esempio ampiamente impiegato anche all’estero.

Tutto ciò è definito “teatro all’italiana”, che nell’Ottocento raggiunse la sua massima fioritura. Le singolarità sono da ritrovare nella sala, da rettangolare tipica del teatro di corte a quella a forma di ferro di cavallo, creando così una platea che diverrà col tempo, da spazio destinato al ballo (e non solo) a luogo deputato per una migliore visibilità dello spettacolo.

L’eliminazione delle gradinate a favore della costruzione di palchi tra loro separati e divisi in altezza per ordini, e l’immancabile loggione (quest’ultimo destinato in gran parte ai veri intenditori). I teatri storici raffigurano non solo momenti di armoniosa bellezza ma anche laboriose fatture nelle quali l’uso di particolari materiali, quali legni, intonaci, stucchi, cartapesta, tendaggi, velluti e rivestimenti tessili, è in funzione sia di una ricercata e preziosa eleganza quanto a precisi codici atti a soddisfare le occorrenze fisiche, estetiche, acustiche e visive.

I teatri in generale, e quelli d’opera in particolare, esistono in tutto il mondo. Eppure soltanto in Italia sono qualcosa di più di un semplice luogo di spettacolo. Se in passato tra palchi e gallerie si indugiava per farsi notare, e nei ridotti si discuteva di politica e si giocava d’azzardo, ancora oggi i teatri si confermano il fulcro della vita civile e culturale – oltre che musicale – di ogni città. Proprio per questo, suggerisce Alberto Mattioli, offrono la prospettiva migliore per osservare e cercare di comprendere l’Italia (Garzanti Editore, 181 pagine).

In un ideale “grand tour” con la lettura del presente testo, attraversiamo lo Stivale in tutta la sua lunghezza: dal Regio di Torino al Massimo di Palermo, dai velluti rossi della Scala di Milano alle pietre dell’Arena di Verona, dai palchi dei minuscoli teatri storici marchigiani alle ampie sale del San Carlo di Napoli, per scoprire come le storie si mescolano alle leggende per fondare miti, ma anche come cambiano i gusti e le abitudini del pubblico, che ruolo i loggioni hanno avuto in celebri debutti e in fiaschi clamorosi, quali grandi viaggiatori stranieri hanno amato i palcoscenici nostrani.

Ma soprattutto, accompagnandoci lungo questo originalissimo itinerario fatto di vicende umane e sociali, di mode, vizi e virtù, Mattioli disegna il ritratto di un Paese che forse più di ogni altro ha fatto coincidere, sulla scena e fuori dalla scena, arte e vita, e che, tra mille campanili, nei riti del teatro d’opera ancora riesce a specchiarsi, a riconoscersi, a sentirsi unito.

Il teatro illumina l’umanità, senza confini e senza barriere. Con i suoi riti e le sue curiosità, la mano sapiente di Mattioli, ce lo rivela grazie ad una lettura godibile, di assoluta originalità.

L’autore

L’autore, Alberto Mattioli, giornalista professionista, scrive per “La Stampa”, “Il Foglio”, “Il Secolo XIX” e “Amadeus”. Esperto di teatro musicale, ha scritto saggi o tenuto conferenze per molti teatri e festival italiani e internazionali.

È Dramaturg del Festival Donizetti di Bergamo e ha scritto quattro libretti d’opera. Con Garzanti ha pubblicato “Meno grigi più Verdi”, “Il gattolico praticante”, “Pazzo per l’opera”, “Un italiano a Parigi” e, con Marco Ubezio, “Elisabetta. La regina infinita”.

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