È al cinema dal 27 Aprile il terzo film del regista Ari Aster: il protagonista interpretato da Joaquin Phoenix compie in Beau ha paura un viaggio surreale e grottesco che lascia senza parole lo spettatore.
Il film è uno dei titoli più significativi della casa di produzione A24 che negli ultimi tempi sta vivendo un momento di grande popolarità, grazie a film come The Whale e soprattutto Everything Everywhere All At Once, che hanno riscontrato un grandissimo successo agli Oscar.
Ari aster e l’horror di nuova generazione
Beau ha paura è il terzo film del regista Ari Aster, una delle figure più particolari del nuovo panorama cinematografico. I suoi primi due film all’attivo, Hereditary del 2018 e Midsommar del 2019, si inseriscono nel genere horror, ma ne sovvertono in maniera geniale i classici stereotipi. Prendiamo ad esempio il caso di Midsommar, in cui al contrario del buio e dell’oscurità, tipici fomentatori di paura negli horror classici, assistiamo invece ad una storia ambientata tutta all’accecante luce del sole, tra colline verdi e prati fioriti, eppure non per questo la narrazione risulta meno inquietante.
Con Beau ha paura il regista si cimenta invece in qualcosa di diverso, creando un’opera molto ambiziosa: è infatti sia quella con il budget più elevato, che la più lunga con la durata di ben 3 ore. Il film non è un horror come i precedenti di Aster, ma è una dark comedy grottesca e onirica che però non ci risparmia momenti di fortissima inquietudine tipici dell’horror psicologico. La paura, come diventa evidente sin dal titolo, è un’emozione centrale nella pellicola.
La trama
La trama del film in breve vede il nostro protagonista Beau Wassermann (Joaquin Phoenix), un uomo di mezza età insicuro e spaventato dalla vita, che programma di intraprendere un viaggio per andare a trovare sua madre. Le cose però non andranno minimamente come aveva previsto. A partire dal furto delle sue chiavi e della valigia, nel momento in cui Beau è pronto a partire avranno inizio una serie di imprevisti via via più spiazzanti e grotteschi, che renderanno il suo viaggio un’avventura per la sopravvivenza, ma soprattutto, daranno vita ad un’odissea interiore. Tutto il film è infatti un lungo e complesso viaggio introspettivo nella mente di Beau: le cose assurde che succedono possono essere interpretate in molti modi differenti, e si può anche discutere su quanto sia reale e quanto invece sia solo nella testa di Beau, ma è indubbio che tutto concorre a creare un percorso di crescita psicologica nel protagonista.
Un film simbolico e onirico
Gli imprevisti e gli eventi che Beau si trova ad affrontare (spesso passivamente) possono essere interpretati come una serie di allegorie e simboli per parlare di qualcosa di più grande e profondo, la fragile psiche del protagonista. Questo fa sì che la maggior parte degli avvenimenti della storia siano interpretabili e leggibili con diverse chiavi di lettura, contribuendo a creare un senso di straniamento ed un’atmosfera da sogno, o meglio da incubo.
Beau, infatti, come anticipato dal titolo, ha paura. È terrorizzato da qualsiasi cosa, dal mondo esterno, dai suoi stessi pensieri e sentimenti, dal giudizio degli altri. In generale, si trova pietrificato dalla paura ogni volta che la vita lo pone di fronte alla necessità di compiere una scelta.
Questo succede perché Beau non è mai cresciuto del tutto, è rimasto un bambino che va alla ricerca di amore e protezione, nonostante la sua età adulta. Proprio per questo motivo Joaquin Phoenix veste il ruolo del protagonista rendendo infantili e bambinesche le sue reazioni, in un risultato grottesco e a tratti inquietante, ma allo stesso tempo drammatico.
Il rapporto con la madre
Beau è così perché gli è stato impedito di crescere a causa del difficile e disfunzionale rapporto con la madre, una figura ingombrante ed autoritaria che ha segnato l’infanzia e la vita del figlio in maniera indelebile. Proprio questo complesso rapporto con la madre è il fulcro di tutto il film, come ci viene anticipato da una delle prime scene in cui Beau, durante una seduta con lo psichiatra (Stephen McKinley Henderson), confessa il suo timore all’idea di rivedere la madre. Il senso di colpa è ciò che lo smuove in ogni attimo della sua vita, un senso di colpa che la madre gli ha installato fin da bambino per poterlo manipolare, per costringerlo ad un amore totalizzante e per niente sano verso di lei. E così Beau non è potuto diventare un adulto vero è proprio, non è mai stato indipendente a causa di questo amore castrante e manipolatorio.
Beau è castrato sotto ogni punto di vista, psicologicamente, ma anche fisicamente. Una parte centrale del film ruota infatti intorno all’ennesima manipolazione della madre di Beau che, per impedire al figlio di crescere e diventare adulto anche nella sfera sessuale, gli racconta quando è solo un bambino una storia che fa leva sulla paura e sul senso di colpa, riuscendo a convincere Beau che non potrà mai avere rapporti sessuali con altre persone. Questa sessualità repressa collabora in maniera essenziale all’instabilità mentale di Beau, contribuendo al blocco della sua crescita emotiva, e sarà uno dei nodi centrali da sciogliere durante il suo onirico e perturbante viaggio di crescita.
Beau affronta questo viaggio onirico fino ad arrivare al confronto finale (reale e metaforico) con la madre (Zoe Lister-Jones), la figura che lo ha tenuto incatenato per tutta la vita. Riuscirà Beau a tirare fuori la sua versione coraggiosa, quella che non ha paura di affrontare la madre, e che lui tiene da anni rinchiusa in soffitta? Se il viaggio di Beau avrà un finale di crescita e presa di consapevolezza positivo, oppure il senso di colpa avrà la meglio, lo lascio decretare a voi dopo la visione di questo incredibile film. Sicuramente il finale saprà sorprendervi, in un modo o nell’altro.
Le ispirazioni
Beau ha paura è un film caratterizzato da irrazionalità e atmosfere oniriche, e per questo penso possa piacere molto ai fan dei film di David Lynch. Per quanto riguarda l’ambito della letteratura invece, Beau mi ha ricordato il topos della figura dell’inetto, il personaggio che non sa districarsi nella vita di tutti i giorni, come nel classico esempio de Il fu Mattia Pascal di Pirandello, o di molti personaggi della produzione di Italo Svevo. Un altro riferimento inequivocabile è la figura di Dante: anche Beau è perso nella selva oscura e ha perso la via di casa; se riuscirà a ritrovarla questo è tutto da vedere.
La riuscita contrastante del film
Durante tutta la visione del film lo spettatore è disorientato e confuso, ed è molto probabile che al termine delle tre ore di visione venga da domandarsi cosa di preciso abbiamo appena visto. Ci troviamo catapultati in un mondo distorto dalla mente di Beau e questo spesso ci lascia confusi e con la sensazione di star vedendo almeno 3 film differenti tutti insieme.
Il film non parla allo spettatore in maniera chiara e diretta, e da molti è stato criticato in quanto considerato troppo ermeneutico ed inutilmente complicato, senza un filo logico e apparentemente senza una vera trama lineare. Addirittura, si legge in giro di molte persone che si sono alzate a metà della visione ed hanno abbandonato la sala cinematografica.
A mio avviso Beau ha paura è un film nato dall’ambizioso progetto di Ari Aster di creare un’opera di cui, con una sola visione, è impossibile scorgere tutti i significati nascosti. La pellicola è un’opera monumentale che si lascia aperta a numerose interpretazioni, diverse per ciascuno. È un film indubbiamente perturbante che ci lascia addosso una strana sensazione, un misto di confusione ma allo stesso tempo di forte coinvolgimento emotivo.
Sì al cinema, sì ai film che non ci piacciono, sì all’essere travolti e sconvolti dall’arte
Consiglio vivamente la visione di questo particolare film al cinema, perché una pellicola in grado di polarizzare tanto l’opinione degli spettatori, tra chi è indignato e chi invece è esaltato, è già di per sé qualcosa che merita la nostra attenzione. Vi invito ad andare al cinema anche se esiste la forte possibilità che il film non vi piaccia, che vi lasci confusi, arrabbiati, frustrati. Oppure nella meravigliosa possibilità che proviate una forte empatia per Beau, e il film diventi uno dei vostri preferiti.
Perché a mio avviso è questo che deve fare l’arte. scuotere, emozionare, far riflettere; ma non per forza in termini positivi. Che siano piacevoli o spiacevoli, Beau ha paura è un film in grado di far scaturire forti emozioni. L’arte può avere una serie di effetti infiniti e diversi su ciascuno di noi, ma una cosa è certa, non ci può lasciare indifferenti.