In un palazzo, grande un intero isolato e quasi prospicente alle rive di Trieste, ha sede il Museo Revoltellala più antica Galleria pubblica in Italia specificamente dedicata all’arte moderna.

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La sua nascita (nel 1872) si deve alla volontà del proprietario dell’elegante edificio, il Barone Pasquale Revoltella, un personaggio fra i più rappresentativi della Trieste imperiale, che nel suo testamento previde che l’edificio venisse “destinato e conservato con carattere di fondazione perpetua […] che porti perennemente il nome Museo Revoltella e che sia giornalmente aperto sotto la disciplina di pubblico accesso” (dal Testamento di Pasquale Revoltella, Archivio del Civico Museo Revoltella). 

La sua volontà è tutt’oggi rispettata e quest’anno si celebra il 150º anno di fondazione.

La scultura nelle raccolte del Museo Revoltella. Da Canova al XXI secolo.

Per onorare questa importante ricorrenza e portare una ventata di novità e cambiamento – che il museo necessitava da tempo! – è stata inaugurata la grande esposizione “La scultura nelle raccolte del Museo Revoltella. Da Canova al XXI secolo”.

Un progetto che è partito non da quest’anno, ma da un’idea di valorizzazione del patrimonio generale del Museo che si protraeva da più anni e che finalmente è stato possibile realizzare” dichiara Susanna Gregorat, Conservatore del Museo Revoltella e curatrice della mostra pensata per “rinnovare la patina del museo, luogo vivo e che deve essere vissuto”.

La conservatrice del Museo Revoltella, Susanna Gregorat

Un ricco e variegato percorso, tra l’area baronale e quella scarpiana, è stato pensato per valorizzare l’importante collezione scultorea custodita dal Museo che conta oltre 200 pezzi. In mostra sono state collocate circa sessanta opere in marmo, pietra, bronzo, terracotta, cera, ceramica, legno e tessuto, rappresentative degli stili artistici preponderanti in Italia ed Europa, dal Primo Ottocento al XXI secolo, alcune delle quali inedite.

Diverse sale dei sei piani del museo hanno subito, in pochissimo tempo, un importante lavoro di riallestimento che valorizza e dà nuova vita alle opere scultoree esposte. Un allestimento che suscita intense emozioni e grande coinvolgimento – come sottolineano Susanna Gregorat e Lorenzo Michelli, curatore del progetto di allestimento – e che lascia il visitatore libero di spaziare con lo sguardo nelle sale, e tra le sale, permettendogli anche di apprezzare la tridimensionalità delle opere, sia negli ambienti tradizionali che in quelli moderni che contraddistinguono il Museo.

Occuparsi della scultura, per l’impegno fisico che comporta, non era così banale. Ma in realtà, al Revoltella si vince facile, con un patrimonio così consistente, una casa museo meravigliosa e il restauro di Carlo Scarpa. Abbiamo quindi lavorato, per l’esposizione delle opere, secondo un principio di relazione di contenuti, tra sé stesse, ma anche di relazione con l’ambiente che le ospitaUn percorso che invade tutti i sei livelli del Museo”, dichiara Michelli.

Una mostra che non sarà temporanea, ma patrimonio culturale della città riportato alla luce e che ha, inoltre, consentito di scoprire e valorizzare nuovamente numerose biografie di diversi artisti.

La collezione scultorea del Revoltella.

Nel progettare la sua dimora, il Barone Revoltella manifestò una netta propensione per la “forza rappresentativa della scultura e attraverso un pensato programma di decorazioni scultoree realizzò già all’epoca un vero e proprio percorso formativo, in grado di raccontare la storia di Trieste ma anche il ruolo della cultura nel progresso della società.

In seguito alla fondazione del Museo, dal 1872 in poi, si è attuata una politica di acquisizioni di opere di produzione locale, italiana e straniera importante, che ha portato l’istituzione a diventare uno fra i più rilevanti riferimenti per l’arte moderna e contemporanea. 

La Dea Roma – finalmente – protagonista.

Accoglie il visitatore – nell’atrio a tutta altezza di forte impronta scarpiana, dinanzi alla scritta di proporzioni gigantesche di Paul Valéry (opera/installazione di Gerhard Merz, 1990) –  la Dea Roma (1950 circa): una colossale scultura in gesso dell’artista triestino Attilio Selva, restaurata per l’occasione e presentata al pubblico per la prima volta, dopo un periodo di oblio passato nel deposito del museo. 

Una storia particolare, quella della Dea Roma. L’opera era stata commissionata all’artista – già noto in città in quanto autore dei pili portabandiera di Piazza Unità, il Monumento ai Caduti del piazzale di S. Giusto e quello a Guglielmo Oberdan presso la Casa del Combattente – per l’inaugurazione della nuova sede universitaria e per essere collocata nel piazzale antistante ma, alla fine, venne preferita la Minerva di Marcello Mascherini.

L’opera di Selva, che richiama la statuaria romana, venne quindi donata al Museo nel 1965 dall’Associazione Laureati dell’Università di Trieste e oggi, dopo un consistente restauro e un trasporto spettacolare dai meandri del Museo, è finalmente visibile al pubblico.

La scultura come programma di vita.

Proseguendo per l’area Baronale, dopo aver passato una sala che mette in luce le interazioni che il Barone aveva con tutta Europa – un europeista ante litteram – e in particolare il connubio tra il lombardo-veneto e Berlino (città da dove proveniva l’architetto della sua residenza, Friedrich Hitzig, allievo del celebre Schinkel) si incontrano le opere di Pietro Magni, uno dei maggiori protagonisti della Scuola di Milano, e degli scultori di palazzo.

Artisti scelti personalmente da Revoltella, che voleva valorizzare le scienze e le arti quali fattori di sviluppo economico, sistemando queste opere profondamente significative nei punti di maggiore visibilità della sua dimora.

Ecco, quindi, che il gruppo allegorico in marmo della Ninfa Aurisina, realizzato per celebrare il nuovo acquedotto di Trieste e l’imponente gruppo allegorico del Taglio dell’Istmo di Suez, rappresentazione del progetto più ambizioso del Barone, fra i primi azionisti di questa grande impresa, che impreziosiscono gli eleganti atri dello scalone. 

L’area baronale: tra passato e contemporaneo.

Inaspettatamente, nella dorata sala da pranzo del piano nobile, si incontrano i busti di Adalberto Cercetti (Tentazione, 1877 circa) la cui didascalia recita: “(…) L’idea è graziosissima. Si guardano e si sorridono. Il sorriso di lui è l’ultimo raggio di un sole che muore, e vorrebbe essere il primo d’un’aurora splendida. In quello di lei, naturale, grazioso, v’è ironia e compassione. È una vera tentazione, perché egli tenta… di ridere (…).”. Due opere spiritose che fanno sorridere anche il più serio dei visitatori e che aprono il percorso di visita tra le stanze della casa del Barone.

Nella vicina sala da ballo, sono state collocate alcune opere di artisti contemporanei che, per le loro caratteristiche e la loro recente realizzazione creano una contrapposizione di notevole impatto visivo nell’ambiente che le accoglie.

Nel salone troviamo le opere Sguardo sul Golfo (1990-1994 circa) di Giorgio CelibertiI Castelli di sabbia di Carlo BachLa piramide interrata (1985) di Livio Schiozzi e Solid-Speech Puzzle. Keyword. Tessitura (1985) di Lydia Predominato.

Le mutevoli forme di Marcello Mascherini.

In mostra anche una sezione dedicata a Marcello Mascherini, scultore carismatico e oggetto di attenzione critica e collezionistica di dimensione internazionale, che ha disseminato di sue opere Trieste. Ebbe anche un ruolo decisivo nella lunga storia del Museo, in qualità di componente attivo e determinante del Curatorio.

In collezione sono presenti una quindicina di sculture di grande valore, entrate a far parte della raccolta grazie ad acquisti e donazioni di rilievo. Dai suggestivi bronzetti (Volo dell’allodola, Estasi, Baccante, Musico e Icaro) al poderoso Beethoven (anni Venti); dal vigoroso Autoritratto al monumentale gruppo della Sirena; da Eva (1939), fra le sculture più significative fino allo straordinario Risveglio di Primavera, opera del 1954 che evidenzia le novità espressive della sua scultura, essenziale e geometrica, attraverso le forme visibilmente allungate.

Nell’atrio al pianterreno, inoltre, è stato sistemato lo splendido Cavallo rampante (1962 circa). 

Il quarto piano piano: una folla di sculture tra otto e novecento.

da sinistra: Fiore d’ombra (1909) e La pensosa (1903) di Ruggero RovanLa straniera (1931) di Mario Ceconi di Montececon

Al quarto piano della galleria è stata del tutto riallestita la Sala bistolfiana: accanto ai due imponenti gruppi scultorei in gesso di Leonardo Bistolfi – Funerale della Vergine e La Croce, per l’occasione sottoposti ad un intervento di pulitura che ha donato loro il candore originario – che da sempre danno a questo ambiente una marcata caratterizzazione e una non comune spettacolarità, sono esposte le opere più importanti degli ultimi decenni del XIX secolo e dei primi decenni del XX.

È stato creato un particolare contesto espositivo che mette a confronto e fa dialogare scultori locali (SpazzapanRovanAscoHollanMarinCeconi di Montececon e altri) e scultori nazionali (CanonicaMalfattiAmbrosiBarcaglia). Qui trovano posto alcune delle opere più importanti della collezione come l’enigmatico volto della Vergine di Adolfo Wildt e il Gavroche di Medardo Rosso.

Salendo al sesto piano, verso il contemporaneo.

La sala del contemporaneo all’ultimo piano

A partire dal 1948, anno in cui la XXIV Biennale di Venezia segnò la ripresa della vita artistica nazionale, si avviò “una delle fasi più fervide e costruttive” della storia del Museo.

Nello specifico, dalla Biennale veneziana del 1960, l’interesse per la scultura si concretizzò grazie all’acquisto di una serie di opere, rappresentative del linguaggio informale di Augusto PerezQuinto Ghermandi e Agenore Fabbri, mentre negli anni immediatamente successivi entrarono a far parte del Museo, fra le altre, la scultura di Dino Basaldella Omaggio, la Sfera n. 4 di Arnaldo Pomodoro e l’opera in bronzo Motivo concentrico di Mirko Basaldella. Sono acquisizioni degli anni Settanta, invece, il gigantesco Gran sacerdote rosso di Mirko Basaldella e l’opera BaroKo dell’artista triestino Bruno Chersicla.

Questi lavori completano, assieme a quelli che vanno dagli anni Ottanta fino ai Duemila, un imponente e diversificato excursus storico e stilistico nell’opera scultorea nazionale ed europea che ora solo al Museo Revoltella è possibile ammirare.

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